L’e-commerce, in Italia, per il vino, muove numeri ancora relativamente piccoli, con il nettare di Bacco che è solo una parte degli 849 milioni di euro “fatturati” da tutto il comparto enogastronomico nel 2017 secondo l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm - School of Management Politecnico di Milano. Ma è un canale che cresce, e crescerà ancora, grazie ai giovani, ma non solo, e sempre più nei segmenti premium (sopra i 12 euro a bottiglia) e ultra-premium (oltre i 25 euro). E se questo vale per il panorama del Belpaese, l’e-commerce può essere anche uno strumento decisivo per l’affermazione del vino italiano in Cina, dove passa dal web il 30% delle vendite di vino del Paese. A sostenerlo, ancora una volta, alcune di player più importanti della scena Italia, come Tannico e Vino75, e del mercato Asiatico, come Alibaba, sullo stesso palco a Montalcino, nei giorni di Benvenuto Brunello 2018 (16-19 febbraio), moderati dal giornalista del “Corriere della Sera” Luciano Ferraro.
“Siamo nati 5 anni, ed ora pesiamo per un terzo su tutto il vino venduto on line in Italia - ha detto Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico - muoviamo 1 milione di bottiglie, abbiamo toccato 11 milioni di fatturato nel 2017, e arriveremo a 18 nel 2018, perchè il mercato sta crescendo a ritmo sostenuto anche in Italia, con anni di ritardo rispetto ad altri Paesi. Ma non siamo più solo un’enoteca on line: abbiamo “Tannico Intelligence”, strumento che consente alle cantine di analizzare i dati puntuali sui consumatori, la “Wine Platform”, che consente ai produttori di sfruttare la nostra struttura per le spedizioni al consumatore finale, e a marzo partiremo anche con un servizio ad hoc per l’Horeca”.
Intanto, dai dati di Tannico, che conta su 13.000 referenze da più di 3.000 cantine, emerge che la Toscana è la Regione più “venduta” on line, con il 30% del totale, seguita da Piemonte (15%) e Veneto (10%). Tendenza che si riverbera sulle tipologie più vendute: nella fascia premium, spiega Magnocavallo, nell’ordine i più venduti sono Bolgheri, Brunello di Montalcino, Igt Toscana, Amarone della Valpolicella e Chianti, mentre in quella ultra-premium il “re” è il Brunello. Sintomo del fatto che chi compra vino via web in Italia, oggi, guarda alla qualità: “il cliente tipo da noi spede 5-600 euro all’anno, ed ha un reddito medio di 40.000 euro”.
Un quadro, a grandi linee, confermato anche da Andrea Nardi Dei di Vino75: “noi siamo nati 3 anni fa, e abbiamo avuto una grande crescita, il fatturato 2017 è stato di 3 milioni di euro, +82% sul 2016. Abbiamo in catalogo 3.000 referenze da 800 cantine, l’80% italiane, il 30% dalla Toscana. E per crescere anche all’estero abbiamo puntato sulla Cina, in partnership con Alibaba, perchè è vero che quello asiatico è un mercato difficile, ma meno affollato di player rispetto a quello europeo.
E abbiamo visto che ci sono differenze importanti, per esempio, tra chi compra vino on line in Italia e in Cina. Da noi, per esempio, la fascia di età più importante è quella tra i 36 ed i 55 anni, e le donne sono appena il 13%, mentre in Cina dominano i consumatori tra 18 e 30 anni, e le donne sono il 37%. Nel Belpaese, ancora, l’ordine medio è di 10,5 bottiglie, per una spesa tra i 120 ed i 140 euro, in Cina di 2,3 bottiglie, con un carrello tra i 40 ed i 50 euro”. Segno che, in entrambi i mercati, comunque, non si punta su vini di primo prezzo.
“Per la Cina, però, sono fondamentali le informazioni: i cinesi conoscono ancora molto poco il vino italiano, e voglio sapere tutto, però, prima di comprare. E le piattaforme di commercio elettronico sono molto utilizzate anche per questo, e funzionano tantissimo le schede di prodotto che devono essere molto più dettagliate di quelle che siamo abituati ad utilizzare in mercati più maturi”.
Cina che, come noto, è meta dei sogni di tanti produttori italiani, e che proprio via web, forse è più vicina e accessibile di quanto si pensi, come spiega Manfredi Minutelli di Alibaba.
“In Cina ci sono 260 città di oltre 1 milioni di abitanti, ma non ci sono molte enoteche e supermercati con un assortimento di qualità. Con l’e-commerce, invece, sono raggiungibili dal vino in poche ore. Quando si parla di cibo non occidentale, il vino è tra categorie che crescono di più, ed è vero che i numeri oggi sono ancora piccoli. Ma la Cina è destinata a diventare da “fabbrica” del mondo a “mercato” del mondo, nel 2030 si dice che 2 consumatori su 3 saranno lì. L’Italia del vino è molto indietro, non esiste in nessun altro mercato un divario 1-7 con Francia. Anche per questo è importante investire sul web. Ma si deve tenere conto che i cinesi, oggi, comprano in base soprattutto a marchio e prezzo. E il vino italiano per loro è complicato: la grande diversità che abbiamo, che in mercati maturi è un valore aggiunto, in Cina ancora rischia di essere un ostacolo. Come lo è il gusto, dato che i nostri vini sono considerati ancora un po’ “bitter”, amari, come dicono spesso. Tant’è che quelli italiani che vendono di più, in realtà, sono il Moscato, anche in versione spumante, e il Lambrusco. Ma non è raro vedere cinesi che mescolano nel bicchiere la coca-cola ed il vino. Insomma, c’è da lavorare tanto, ma di certo il mercato crescerà e, chiaramente, chi sarà arrivato prima ne trarrà i benefici maggiori”.
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