
La tradizione enologica toscana rappresenta l’avanguardia dell’imprenditoria “made in Italy”: la famiglia Antinori, la griffes fiorentina che proprio oggi festeggia i 500 anni del suo palazzo rinascimentale di Firenze, e la casa vinicola senese Barone Ricasoli, conquistano infatti le prime posizioni della classifica delle family business più antiche del mondo. La singolare classifica, stilata annualmente dalla rivista americana “Family Business”, misura il successo aziendale di lunghissima durata di società o imprese a carattere familiare.
L’Italia è in graduatoria con altri 16 paesi, tra cui Francia, Gran Bretagna e Germania, patria di solidi e antichi brand familiari, e vanta ben 15 aziende tutte posizionate piuttosto in alto. Una simile classifica è la conferma che le aziende di famiglia, quando hanno una cultura d’impresa radicata sono in grado resistere al tempo, anche se non necessariamente raggiungono dimensioni da multinazionale.
La famiglia Antinori vanta l’ingresso nell’Arte Fiorentina dei Vinattieri nel 1385 e da allora è rimasta a capo per 26 generazioni di quella che oggi si può definire una tra le aziende vinicole più prestigiose e famose del mondo.
L’azienda senese di proprietà del Barone Ricasoli guadagna il sesto posto grazie alla sua antica fondazione risalente al 1141: l’azienda, con un fatturato di 11 milioni di euro e 2 milioni di bottiglie vendute è tornata nelle mani della famiglia Ricasoli nel 1993, dopo una breve parentesi di gestione esterna.
La classifica, che fino allo scorso anno era guidata dalla giapponese Kongo Gumi di Osama, fondata nel 578 è ancora capitanata da un’azienda del Sol Levante, la Hoshi Ryokan di Komatsu.
L’evento - Lo spirito rinascimentale della famiglia Antinori rivive tra le mura dello storico palazzo di Firenze, che festeggia mezzo millennio di storia. Una concezione estetica che ha generato un nuovo “Rinascimento”: quello dell’enologia italiana
500 anni di storia e 26 generazioni di Antinori hanno vissuto nelle stanze del palazzo di Via Tornabuoni a Firenze che festeggia oggi questo significativo anniversario con una “doppia” celebrazione: una mostra d’arte contemporanea in corte (11 maggio/13 luglio) dal titolo “Per Bacco” ed un volume scritto da Piero Antinori (edito da Alinari), intitolato “Futuro antico - Storia della famiglia Antinori e del suo Palazzo”.
Una celebrazione nel segno di uno spirito Rinascimentale mai sopito, diviso fra amore per l’arte e amore per la terra, che pervade gli Antinori non solo per chiare ascendenze storiche, ma anche per una particolare capacità della famiglia di riscoprire gloriose radici e di trarne linfa vitale per produrre nuova bellezza. Prima di tutto in bottiglia. Etichette come Solaia, Cervaro della Sala, Guado al Tasso, solo per fare alcuni esempi, hanno fatto e fanno la storia del vino italiano, ma è forse il “Tignanello” il vino che meglio simboleggia questa peculiare capacità degli Antinori, rappresentando da un lato un “continuum” (il vino come protagonista assoluto delle vicenda di famiglia) e dall’altro un vero e proprio ”novum” (è stato il vino che ha avviato, accanto a pochissime altre etichette, quel “Rinascimento” dell’enologia italiana, vera e propria spinta propulsiva del rilancio del “made in Italy” in bottiglia).
Un’etichetta anticipatrice della contemporaneità enoica, dunque, ma anche capace di riavvicinarsi alla storia più autentica del suo territorio d’origine, il Chianti Classico e di ridare smalto allo stesso vino Chianti Classico, in anni in cui (le prime bottiglie del Tignanello sono del 1971) il vino toscano (ma in generale quello italiano) non occupava certo il posto di rilievo attuale. Un vino capace di innovare solo dove era necessario, mantenendosi ben saldo nel solco della migliore tradizione enologica toscana: uve bianche bandite in favore di un sangiovese quasi in purezza (se si eccettuano le piccole aggiunte di canaiolo e malvasia delle primissime versioni, poi sostituite con cabernet sauvignon), a ricollocare il vitigno principe del territorio nel suo ruolo di unica varietà in grado di interpretare al meglio quel territorio; svolgimento della fermentazione malolattica, pratica quasi del tutto sconosciuta in Italia, sostituzione delle botti grandi con barriques.
Una notevole spinta innovativa, ma ben piantata nella tradizione come annunciato dalla stessa etichetta del Tignanello: pressoché invariata da sempre, rappresenta essenzialità e determinazione, facendosi anch’essa modello di stile e sobrietà. Ideata dal grafico e designer Silvio Coppola, è diventata la firma inconfondibile degli Antinori e si basa solo su quattro elementi: il nome Tignanello, lo stemma dei Marchesi Antinori, la sfera rossa ad evocare il sole che scalda la Toscana e un testo descrittivo degli elementi più importanti di questo vino: il terreno, la sua composizione, l’esposizione, l’altitudine del vigneto, il tipo di invecchiamento e di affinamento. Alla fine, le cose che contano davvero.
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