È morto a 102 anni il “patriarca del vino”, Livio Felluga, nella sua casa di Brazzano di Cormons, in provincia di Gorizia. A darne notizia sono stati i parenti, ma soltanto dopo le esequie, svoltesi in forma privata. Nato a Isola d’Istria nel 1914, la storia di Livio Felluga è contrassegnata da più trasferimenti, come per tante famiglie di quella zona che hanno vissuto, e sono sopravvissute, ai due conflitti mondiali. Dall’Istria, sotto differenti bandiere, dunque a Grado (Gorizia) per poi stabilirsi nell’entroterra della stessa provincia, sul Collio. Qui, con grande caparbietà risistemò i vecchi vigneti e ne impiantò di nuovi in una collina che, all’epoca, era in totale abbandono. Uno sforzo premiato, non fosse altro che per i meriti unanimemente riconosciutigli di “rifondatore” della tradizione enoica friulana.
Con il tempo Felluga imboccò la strada dell’alta qualità, una intuizione che l’ha portato a sviluppare un suo personalissimo stile produttivo, con risultati come il Terre Alte, il Sossò e l’Illivio, etichette che hanno segnato simbolicamente la rinascita della viticoltura di qualità del Friuli, diventando modello di eccellenza per tanti giovani produttori del territorio, in un’azienda, gestita oggi dai figli Elda, Maurizio, Andrea, che è nota in tutto il mondo, e si estende su un’area di 155 ettari, da cui vengono prodotte ogni anno 800.000 bottiglie.
Una intuizione e una attività sancite da una miriade di riconoscimenti e premi internazionali, dal prestigioso “Wine Award” alla carriera, che gli fu attribuito nel 2008 “come l’uomo che ha iniziato e accompagnato la rinascita della viticoltura di qualità in Italia in modo innovativo” e come “modello di eccellenza per i giovani viticoltori”, alla Laurea honoris causa in Viticoltura, che gli fu conferita dall’Università di Udine nel 2009, passando per il Premio Internazionale Vinitaly, assegnatogli nel 2015.
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