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ECCELLENZA ENOICA E UNICITÀ ARTISTICHE E CULTURALI. DUE PILASTRI DEL MIGLIOR MADE IN ITALY, CHE FANNO DELL’ITALIAN STYLE UNO DEI BRAND PIÙ FORTI AL MONDO. PERCHÉ NON UNIRLE IN MANIERA VIRTUOSA SUI MERCATI? AD ESEMPIO CON IL “LICENSING” ...

Italia
I vini del Teatro La Fenice di Venezia by Viticoltori Ponte

Eccellenza enoica da un lato, unicità artistiche e culturali dall’altro. Due pilastri del miglior made in Italy, che fanno dell’italian style uno dei brand più forti al mondo. Ma, quasi sempre, ognuno cammina per la sua strada. Perché, allora non unirli in una sinergia virtuosa sul mercato che può giovare sia alle cantine, che trovano un altro driver per vendere il loro prodotto, che per tanti monumenti o spazi culturali che, soprattutto di questi tempi, faticano a trovare risorse? Si può fare con il “licensing”, ovvero la concessione dell’utilizzo di un marchio, ad una parte terza. Nel vino, per esempio, è il caso dei “Vini de La Fenice”, prodotti da Viticoltori Ponte, in un’operazione da 150.000 bottiglie che, al celeberrimo teatro di Venezia (che, tra l’altro, ha 10 volte in meno i trasferimenti economici dallo stato, rispetto all’Operà di Parigi, per esempio), potrebbe far arrivare 100.000 euro, semplicemente con le royalty e il minimo assicurato comunque dall’operazione, e alla cantina potrebbe fruttare sui 750.000 euro.
“Ma ci sono molte altre possibilità del genere - spiega a WineNews Alessandro Ragazzi, alla guida della società specializzata Licensing Vision, www.licensingvision.com - è un’area in cui si potrebbe fare tantissimo: ci sono posti spettacolari, da Pompei alla Scala di Milano, fino al Colosseo e a luoghi bellissimi di Firenze o della Sicilia, per esempio, che rappresentano una sintesi perfetta dei valori della nostra cultura e del nostro territorio che potrebbero trovare abbinamenti molto importanti con tantissimi prodotti. Soprattutto per il mercato internazionale e per gli stranieri”. Insomma, una sorta di co-branding che, se calibrato bene (in linea generale, non deve “svendere” i valori di chi mette in concessione il marchio, banalizzarlo o massificarlo, ma neanche renderlo troppo esclusivo o di nicchia), può servire non solo a vendere prodotto, ma anche a far circolare il marchio stesso, e ha creare ancora di più il desiderio di andare a visitare i luoghi legati ai vini (ma non solo), di cui magari il prodotto brandizzato può diventare a sua volta souvenir e ricordo.
“Quella relativa al mondo del wine & food è una variabile strategica molto importante - spiega ancora Ragazzi - perché permette anche alle aziende del food di segmentare nella comunicazione e nella distribuzione dei propri prodotti. Perché determinate operazioni di comunicazione e distribuzione che non si possono fare soltanto con il proprio marchio (private label) perché meno noto, si possono invece fare con il marchio che viene preso in licenza e quindi guardare non solo ad un mercato domestico ma ad un mercato mondiale, internazionale, cosa che tutte le aziende sono costrette a fare al giorno d’oggi. Ci sono tantissimi casi di successo, del licensing, come l’esempio degli spinaci di Braccio di Ferro: un’azienda americana che fatturava 2-3 milioni di euro, con la consulenza di un importante gruppo ha preso l’icona di Braccio di Ferro ed ha prodotto, distribuito e comunicato uno spinacio che prima era un brand e poi l’icona positiva, perché il “licensing” va ad acquisire i valori , lo spirito e la notorietà di un brand e li metti su un prodotto che altrimenti avrebbe avuto difficoltà a trovare notorietà e percezione da parte del mercato. Del resto, ci sono tantissimi “characters” del mondo dell’entertainment: i grandi gruppi internazionali utilizzano le loro icone, i loro personaggi, per rendere o la merendina, o il biscotto, o lo yogurt, o quant’altro, più appetibile agli occhi del consumatore. Viticoltori Ponte ha immediatamente colto la meraviglia del salotto del Teatro La Fenice di Venezia, in assoluto la cosa più bella dal punto di vista delle emozioni, della raffinatezza, della qualità, dell’immagine, del prestigio, e li ha tradotti in una linea di vini di posizionamento medio e medio-alto. Quindi ha unito la sua grande sensibilità per la tradizione e per la qualità della materia prima con la notorietà mondiale, internazionale ed esclusiva di questo teatro meraviglioso”.
Eppure ancora questo è un terreno tutto da esplorare, in Italia. “Sono meccanismi che in Italia si fa fatica a sfruttare, forse per una questione culturale, ma anche di background e di know how. Siamo molto legati a meccanismi tradizionali, nei media e nella comunicazione si parla di media tradizionali: televisione, stampa, affissioni, radio, e a volte non si guarda ad un mercato mondiale e ad un meccanismo che in fin dei conti è persino banale. È un ambito che genera, fuori dal settore del wine & food, decine di miliardi di business su tantissime merceologie. Forse c’è poco desiderio di fare ricerca ed innovazione, perché in questo settore, per trovare percorsi di successo ci vogliono coraggio, generosità e voglia di innovare da parte degli imprenditori, che per ora rappresentano un’eccezione”. Ma perché non provarci ?

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