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Economia, ambiente, arte, politica: il 2017 del vino italiano è stato un anno ricco di fatti e novità. Da ripercorrere insieme a WineNews, a spasso tra acquisizioni, export, classifiche e tendenze che hanno dato un volto nuovo all’Italia enoica

Italia
Tante le compravendite tra i vigneti nel 2017

Un altro anno è passato, di bilanci ne sono già stati fatti tanti, ed altrettanti, via via che i dati economici saranno ufficiali, ne verranno fatti, ma il 2017, per il vino italiano, è stato anche e soprattutto un anno di fatti, tendenze e notizie, più o meno positive, capaci però, in una certa misura, di stravolgere il volto del panorama enoico del Belpaese, tra un andamento commerciale all’estero altalenante, un rapporto con la burocrazia a volte proficuo ed altre burrascoso, ed un ruolo, del mondo del vino in generale, sempre più intrecciato alle tematiche che muovono il mondo, dall’ambiente all’arte, dall’economia alla finanza.
A fare da termometro allo stato di salute degli ultimi 12 mesi, come succede ormai da anni, la numerosissime compravendite tra i filari. Se il 2016 si era chiuso con il passaggio in via ufficiale della storica griffe del Brunello Biondi Santi ai francesi di Epi Group, nel 2017 un’altra grande azienda di Montalcino è passata di mano, Poggio Antico, 32,5 ettari complessivi, di cui 28 a Brunello, 2 a Rosso di Montalcino e 2,5 a Cabernet Sauvignon, acquistata dalla compagnia belga Atlas Invest. Importanti, inoltre, le acquisizioni del Gruppo Santa Margherita, che nel 2017 ha messo radici in Sardegna, con l’acquisto di Cantina Mesa, dal grafico e pubblicitario sardo Gavino Sanna, 70 ettari di vigneto nel Sulcis Iglesiente, e nel terroir del Lugana, dove ha comprato i 140 ettari di vigneto di Ca’ Majol. Non si è fermata la corsa all’investimento a Bolgheri, dove negli ultimi 12 mesi vanno registrati gli “arrivi” del magnate russo Konstantin Nikolaev, tra gli uomini più ricchi del mondo secondo Forbes, e di Agricola San Felice, del gruppo Allianz. E a Bolgheri c’è anche uno dei gruppi più importanti dell’Italia del Sud, Feudi San Gregorio, che ha deciso di investire sul Cilento. Per tanti investimenti stranieri, va in controtendenza la storia delle Tenute dei Vallarino di Gancia: l’azienda, passata nel 2011 in mani russe (Roustam Tariko), ha deciso di puntare solo ed esclusivamente sulla produzione spumantistica, cedendo la Tenuta Bricco Asinari di San Marzano Oliveto a Oscar Farinetti e La Tenuta Ragazzi di Casorzo a Paolo Damilano.
Restando in Piemonte, continua l’ascesa vertiginosa dei prezzi nelle Langhe, spinti anche dagli ultimi affari: la Angelo Negro e Figli ha acquistato la cantina storica della Giovani Rosso, Poderi Einaudi ha comprato, per 3 milioni di euro, 1,5 ettari a Monvigliero, e sul mercato adesso un ettaro vitato nei cru più prestigiosi (Serralunga, La Morra, Castiglione Falletto, Monforte) ha superato i 2,5 milioni di euro, tanto che il 2017 “rischia” di diventare l’anno in cui, in silenzio, i big del vino piemontese (da Marchesi di Barolo a Farinetti, da Prunotto a Vietti e Damilano) hanno deciso di virare sul Monferrato. C’è poi chi guarda all’Etna, come Gaja (in partnership con Geraci), chi al lontano Cile, come Zonin e Antinori, chi esce definitivamente dal settore, come Campari, e chi, come Frescobaldi, mette finalmente radici nel Chianti Classico, che ha anche rivoluzionato il proprio asset societario e commerciale, con la fine della partnership con Mondavi. Crescono le quotazioni anche a Montalcino, dove l’ultimo investimento di Casanova di Neri, unico italiano nella Top 10 di Wine Spectator, parla di 7 ettari vitati acquistati per 5 milioni di euro.

Restando in tema di critica, un altro Brunello, il 2012 di Conti Costanti ha conquistato la vetta della “Top 100 Cellar Selections 2017” del magazine Usa Wine Enthusiast, ma la vera novità dal mondo dell’editoria gastronomica è l’acquisto, da parte del gruppo Michelin (lo stesso della guida...) del 40% di Wine Advocate di Robert Parker. In Italia, invece, il mondo delle guide è sempre più popoloso ed il consueto incrocio di WineNews per incoronare il miglior vino del 2017 non è stato facile: alla fine, un ex aequo tra quattro grandi etichette, San Leonardo 2013, Amarone 2009 Bertani Domains, Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2006 e Sassicaia 2014. Etichette top del Belpaese che si confermano come un investimento sicuro, e lo dimostrano la crescita e la vivacità sia nel mondo delle aste (con la collezione privata di Giacomo Tachis battuta da Bolaffi e Pandolfini, che ha sfiorato i 700.000 euro d’incasso) che sull’indice Liv-ex, con Masseto e Sassicaia sugli scudi ed un nuovo protagonista dalle terre del Brunello: Casanova di Neri.
Ma il 2017 è stato anche un anno turbolento, almeno nel rapporto tra mondo del vino, burocrazia e politica, con novità importanti e positive, altre da “pesare” sul lungo periodo, ed altre ancora decisamente migliorabili. A livello legislativo, dopo un lungo iter è entrato in vigore ad inizio anno la “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”, colonna vertebrale normativa del vino italiano, la cui completa attuazione è, però, ancora in corso. In coda, invece, è arrivata l’approvazione definitiva della legge che norma le attività legate all’enoturismo, primo quadro normativo per il settore. In mezzo, la dematerializzazione dei registri di carico e scarico, con l’accantonamento della documentazione cartacea in favore del registro digitale, che ha creato non pochi problemi alle piccole cantine dello Stivale. Ad aver creato più di una difficoltà all’intera filiera del vino, è stata invece la querelle sui fondi destinati alla Promozione dell’Ocm Vino, che WineNews ha seguito da vicino, tra ritardi e possibilità perse, con i progetti finanziati per il biennio 2017/2018 ufficializzati solo a fine anno.
Un ritardo, rispetto a competitor come Spagna e Francia, decisamente più reattivi ed organizzati in questo senso, che ha in qualche modo influito sull’andamento dell’export. Se è vero, ma di dati ufficiali ancora non ce ne sono, che il 2017 si chiuderà con una crescita dei fatturati all’estero del 7%, a quota 6 miliardi di euro, i segnali che arrivano dai mercati principali sono tutt’altro che incoraggianti. A partire dagli Usa, dove l’Italia continua a crescere, ma di percentuali assai risicate (+1,4%), legate ancora al fenomeno Prosecco (che ha chiuso il 2017 con un valore della filiera di 2,2 miliardi di euro), e comunque assai distanti dal boom della Francia (+16%), capace in pochi mesi di riprendersi dopo anni ed anni, lo scettro di primo esportatore enoico Oltreoceano in valore, con il Belpaese che resta primo solo in volumi. A frenare la crescita italiana, specie in termini di prezzo medio nel 2017, sono però principalmente i tre mercati di riferimento europei: Regno Unito, Germania e Svezia, che insieme valgono la metà dell’export di vino italiano, che negli ultimi 12 mesi ha perso il 2,4%. In ripresa, invece, due mercati potenzialmente fondamentali per la crescita del Belpaese enoico: la Russia, che dopo anni difficili fa segnare un +44,3% delle importazioni di vino italiano, e la Cina (+19,3%), dove la strada, però, è ancora lunga.
Numeri, prezzi e dati che, ovviamente, sono figli di ottime vendemmie (da un punto di vista meramente statistico e quantitativo), la 2015 e la 2016, ma la stessa cosa non si può certo dire della raccolta 2017, già passata alla storia come la peggiore degli ultimi 60 anni, con un calo, sul 2016, del -28%, a quota 38,9 milioni di ettolitri, dopo le gelate primaverili, che hanno colpito soprattutto il Centro Nord del Paese, ed il caldo torrido di un’estate mai così siccitosa. Dinamiche che, inevitabilmente, negli ultimi mesi dell’anno, hanno creato qualche tensione sulle quotazioni degli sfusi, e che si rifletteranno anche sul commercio mondiale del vino nei prossimi mesi. Gli effetti dei cambiamenti climatici, infatti, non riguardano solo l’Italia, ma il mondo intero, e le conseguenze, in termini di viticoltura, in un modo o nell’altro, colpiscono tutti. Se il Vecchio Continente, comprese Francia e Spagna, deve fare i conti con gli eccessi del clima (gelate e siccità), la California, ad esempio, è costantemente minacciata dagli incendi, che ad ottobre hanno distrutto diverse aziende tra Napa, Sonoma ed altre contee.

E se ben poco si può fare per fermare il global warming, qualche risposta, alla viticoltura, la darà la scienza: forse il 2017 non sarà ricordato da tutti come l’anno della ricerca sulla vite resistente, ma la sperimentazione in vigna ha visto un’accelerazione importante, ed il tema è sempre più al centro del dibattito, tra ricerca genetica e portainnesti, per combattere sia il riscaldamento globale che le malattie della vite, nel rispetto dell’ambiente. Certo non è una novità, ma il 2017 è stato un anno di conferme importanti anche nel rapporto tra viticoltura ed ambiente, con intere denominazioni, Nobile di Montepulciano e Franciacorta su tutte, che hanno deciso di puntare forte sulla sostenibilità, ma anche il distretto del Prosecco ha fatto passi avanti importanti, e l’Italia enoica, nel suo complesso, si conferma come primo produttore biologico in Europa e nel mondo, con 83.000 ettari vitati green, pari all’11,9% del totale.
Due novità importanti, invece, sono arrivate dal fonte produttivo: da una parte la nascita di una nuova denominazione, il Pinot Grigio delle Venezie, con un giro d’affari complessivo stimato attorno ai 750 milioni di euro, dall’altra la svolta dell’Asti, che dopo un confronto serrato e non sempre sereno con il Prosecco, ha deciso di puntare forte su una nuova tipologia, l’Asti Secco appunto, con una massiccia campagna di marketing ed obiettivi ambiziosi. Due modi diversi per rispondere alle esigenze del mercato, giudice ultimo di qualsiasi successo o insuccesso.
Un aspetto decisamente positivo che ci lascia il 2017, è il ritrovato rapporto tra le grandi griffe del vino italiano ed i gioielli dell’arte, uniti da un fil rouge tanto semplice quanto forte, il territorio. Così, ad esempio, la famiglia Antinori ha finanziato il restauro della bellissima lunetta commissionato dalla storica famiglia fiorentina del vino all’inizio del Cinquecento a Giovanni della Robbia, di proprietà del Museo di Brooklyn a New York ma in mostra in Italia fino ad aprile. Caprai, attraverso i fondi raccolti con il progetto #Caprai4love, restaurerà parte degli affreschi dell’abside della Chiesa Museo di San Francesco a Montefalco, capolavoro del Rinascimento di Benozzo Gozzoli. Fedele al suo storico rapporto con l’arte contemporaneo, la famiglia Ceretto a settembre ha portato nelle Langhe la “sacerdotessa” della “performing art”, Marina Abramovic.
Insomma, il 2017 è stato un anno denso di fatti da ricordare, più o meno positivi, e se alcuni segnano vere e proprie tendenze, altri vale comunque la pena ricordarli.
Come i 50 anni di tante Doc storiche, nate nel 1967, o la copertina del numero di aprile di Wine Spectator dedicata a Marilisa Allegrini, prima donna del vino sulla prima pagina del magazine Usa. E ancora, la premiazione di Sandro Boscaini al Quirinale, nominato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ambasciatore nel mondo per il made in Italy del vino. E a proposito di Presidenti, come non ricordare i giorni della visita in Italia dell’ex Presidente Usa Barack Obama dello scorso maggio, coronato dal dream tasting “The Amazing Italian Wine Journey”, a due passi da Montalcino a dai vigneti di Brunello, raccontato in anteprima da WineNews: nel calice Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2005 e Col d’Orcia Brunello di Montalcino 1964, Caprai Sagrantino di Montefalco 25 anni 2010 e Tasca d’Almerita Tascante Buonora 2016, Tenuta San Guido Sassicaia 2009 e Castello di Ama Chianti Classico Riserva 2008.

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