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EUGENIO POMARICI (UNIVERSITÀ DI NAPOLI) - LA FILIERA VALPOLICELLA AI RAGGI X: E’ UNA DELLE DENOMINAZIONI PIÙ IMPORTANTE DEL NOSTRO PAESE E SI È FATTA ANALIZZARE IN PROFONDITÀ COME NESSUN ALTRA FINO AD OGGI

La filiera del vino Valpolicella è una delle più interessanti realtà vitivinicole italiane i cui elementi peculiari sono la dinamicità e la complessità.
Il primo elemento di dinamicità da prendere in considerazione è quello dell’evoluzione della composizione dell’offerta. In un arco di tempo sostanzialmente breve alla produzione tradizionale di vini Valpolicella di pregio medio si sono affiancati con quote significative dei volumi venduti prima l’Amarone e poi i vini «tipo Ripasso», dando vita ad un processo di innovazione di prodotto quasi unico nel mondo del vino. Le bottiglie di Amarone prodotte, che all’inizio degli anni 90 erano intorno a 2 milioni, sono arrivate alla metà del nuovo decennio a più di 6 milioni, moltiplicando il valore aggiunto generato dalla filiera. La produzione dell’Amarone ha raggiunto, quindi, un volume pari a più dell’80% di quello del Barolo e del Brunello di Montalcino. La produzione complessiva di vino Valpolicella non da uve appassite eguaglia, invece, quella del Chianti Classico e del Barbera d’Asti.
Questo notevolissimo risultato è frutto di un’evoluzione della filiera produttiva che è mutata nel tempo diventando più complessa in termini di tipologie di operatori presenti e di sistema di relazioni tra gli operatori. Nel sistema Valpolicella si riconoscono innanzitutto due principali sottosistemi: quello delle imprese private e quello della cooperazione.
Il sistema delle imprese private, in passato polarizzato tra produttori di uva, trasformatori e imbottigliatori, si è evoluto facendo crescere il numero delle imprese vitivinicole integrate sia piccole che grandi, con processi di integrazione che hanno visto estendere l’ambito operativo di tutte le tipologie di impresa. Molti produttori di uva hanno esteso la loro attività alla trasformazione e all’imbottigliamento, e molti operatori dell’imbottigliamento e della trasformazione hanno esteso le loro attività a monte nella filiera.
Il settore della cooperazione, attore storico nell’area, ha dato vita a importanti processi di fusione e di estensione dell’attività verso valle, attivando l’imbottigliamento con marchi propri e anche con processi di diversificazione di gamma abbastanza sofisticati.
Il sistema privato e quello cooperativo sono comunque legati da importanti relazioni di scambio attraverso cessioni di uve e vini in ambedue le direzioni. Sotto il profilo spaziale il sistema Valpolicella può essere però scomposto in altri due sottosistemi, che si possono definire sottosistema interno e sottosistema esterno.
Il sottosistema interno è quello costituito dagli operatori localizzati nel perimetro della denominazione e nelle aree immediatamente adiacenti, che provvede alla produzione dell’uva, trasformazione e imbottigliamento parziale; questo sottosistema genera un flusso di vino sfuso (tra il 40 e il 50% del totale) che alimenta il sottosistema esterno costituito da imbottigliatori puri localizzati in diverse regioni d’Italia e anche all’estero.
Oggi il sistema Valpolicella può quindi essere letto attraverso queste cifre: circa 1.150 produttori di uva conferenti a privati; circa 1.350 produttori di uva soci di cooperative; circa 130 aziende vitivinicole integrate di cui solo 10 non effettuano l’imbottigliamento; 6 stabilimenti enologici privati che trasformano solo uva acquistata; 7 imprese cooperative di cui 5 con una presenza radicata nel mercato con un marchio proprio; 225 imbottigliatori puri, di cui 188 in Italia fuori dall’area Valpolicella e 37 all’estero.
Un altro elemento della complessità strutturale è la presenza nel sistema di imprese con un diverso grado di specializzazione nella produzione di vini Valpolicella. Infatti, oltre ad un nucleo di imprese specializzate nella produzione di vino Valpolicella, ne esistono numerose con un’offerta che include tutti i vini veronesi, oppure anche vini di altre province venete o regioni italiane e paesi esteri. Tutto ciò porta nel sistema Valpolicella un’esperienza di mercato ricca e diversificata che costituisce un valore importante.
Alla complessità strutturale si affianca la complessità tecnologica. Le imprese della Valpolicella lavorano vini che sono il risultato di uvaggi complessi e questo richiede grande equilibrio nella gestione dei tempi di vendemmia; i singoli vigneti devono in molti casi produrre sia le uve da appassire per l’Amarone e il Recioto, sia quelle per gli altri vini, complicando di conseguenza la gestione complessiva del vigneto; infine, la fase post raccolta si arricchisce, rispetto a quanto avviene in altre aree, della fase dell’appassimento dell’uva per l’Amarone e il Recioto, con le sue problematiche logistiche e tecnologiche, e, per i sempre più numerosi produttori di vini Ripasso, con l’esecuzione e gestione del passaggio del vino sulle vinacce di Amarone.
Infine, il terzo dei principali elementi di complessità è quello territoriale. L’area della Valpolicella è un insieme orografico nel quale si individuano almeno quattro valli principali (Valpolicella, Valpantena, Val di Mezzane, Valle di Illasi), dalle quali si dipartono strette valli laterali (i vai), che determinano un insieme ricco e complesso di contesti microclimatici - di terroir quindi - che si qualificano come una grande potenzialità per l’ulteriore sviluppo dell’offerta e che per il loro valore paesaggistico determinano un formidabile fulcro per le attività di comunicazione.
La filiera della Valpolicella oltre che per la sua dinamicità nell’offerta e alla sua complessità strutturale, tecnologica e ambientale si caratterizza anche per una altro elemento di dinamicità che è quello degli accordi strategici tra imprese che coinvolgono imprese private e cooperative al fine di perseguire scopi direttamente commerciali, in alcuni casi, e di analisi delle problematiche di mercato e tecnologiche, in altri.
Oggi, dunque, la filiera della Valpolicella si presenta come un organismo robusto e maturo per articolazione e qualità dell’offerta, radicamento nei mercati nazionali e internazionali, capitale umano imprenditoriale e tecnico operativo. Il mercato presenta certamente delle opportunità importanti per la filiera Valpolicella, ma la crescita della competizione internazionale impone di raggiungere livelli maggiori di coesione tra gli operatori finalizzata alla costruzione di una visione strategica comune e al raggiungimento di una maggiore efficienza nell’utilizzazione del potenziale produttivo e dei valori del territorio. Emerge, quindi, la necessità di raggiungere forme interprofessionali di organizzazione degli operatori che consentano di coordinare l’azione dei diversi operatori. Appare urgente condividere all’interno della filiera una maggiore comprensione del mercato e attivare le necessarie sinergie con l’esterno. In primo luogo occorre attivare un più intenso rapporto con la ricerca al fine di potenziare e accelerare le necessarie ricerche per la razionalizzazione della viticoltura, passaggio che può determinare un aumento significativo della competitività della filiera, per l’ottimizzazione dei processi enologici, per lo sviluppo di nuovi approcci alla logistica e alle relazioni con il mercato. Parallelamente allo sviluppo della ricerca appare urgente intensificare i rapporti con il territorio. La filiera della Valpolicella compete sul territorio nell’utilizzazione delle risorse con attività alternative che possono avere una forte attrattività soprattutto nel breve periodo; l’intensa urbanizzazione delle zone di piano e bassa collina determina un’esigenza di infrastrutture e servizi che possono essere conflittuali con l’integrità del paesaggio viticolo e la stabilità quantitativa del potenziale produttivo. La filiera dovrà farsi carico quindi di avviare una negoziazione efficace per l’uso lungimirante delle risorse con un’azione strutturata che dimostri il vantaggio sociale dell’attività viticola di qualità.
L’analisi complessiva della filiera della Valpolicella mette in evidenza un sistema di produzione che ha potenzialità interne ed esterne di notevole importanza, in grado di mantenere e consolidare la sua posizione tra le prime aree vitivinicole in Italia.

Staff di Ricerca
Eugenio Pomarici (responsabile), Silvia Raia, Letizia Rocco
Dipartimento di Economia e Politica Agraria
Università degli Studi di Napoli Federico II

Ricerca - Vino & Valpolicella a cura di Astra Ricerche
Gli italiani ed il vino della Valpolicella … In un breve estratto l’indagine demoscopica (nel gennaio 2006) di Astra Ricerche, diretta dal professor Enrico Finzi, commissionata dal Consorzio dei vini della Valpolicella.
Il rapporto con i vini rossi veronesi
Il 43% dei consumatori adulti di vino conosce almeno un po’ i vini rossi veronesi (tra gli amanti dei rossi questa percentuale cresce di due punti): tale ignoranza è maggiore tra le donne, i 18-24enni, al sud, nella media provincia, nella classe media, tra coloro che hanno un livello d’istruzione basso o addirittura nullo. All’opposto, la conoscenza dei vini rossi veronesi è maggiore tra gli uomini, gli ultra24enni, i residenti nel Triveneto e nel Lazio oltre che nelle città medie e grandi, tra i soggetti con reddito e cultura da medi in su.
Poco meno della metà dei conoscitori dei vini rossi veronesi li consuma più o meno spesso: sono 6.3 milioni gli adulti che bevono, più o meno frequentemente, vini rossi veronesi, con nettissima prevalenza dei consumatori saltuari oltre che non esclusivi. Nell’insieme, coloro che bevono vini rossi veronesi sono soprammedia uomini, 25-64enni, residenti nel Triveneto e in Lazio così come nei comuni piccolissimi o in quelli urbano-metropolitani (dai 100mila abitanti in su), diplomati e laureati, con redditi e consumi medio-alti e alti, imprenditori/dirigenti/profes-sionisti e commercianti/esercenti/artigiani o impiega-ti/quadri/docenti, con bambini o pre-adolescenti in casa, accedenti ad Internet, con forte capacità d’influenzare gli altri (grazie alle proprie caratteristiche di estroversione, leadership e orientamento all’innovazione): un ottimo target, senza dubbio.
Il profilo d’immagine dei vini rossi veronesi
Se i vini rossi veronesi hanno, com’è evidente e come dimostrano questi e altri dati, perso posizioni negli anni ’80 e ‘90, si nota ora che il loro vissuto è molto buono oltre che in netta ripresa dai primi anni di questo decennio/secolo/millennio. Infatti, essi paiono rispon-dere alle nuove domande dei consumatori di vino dopo il periodo della super-moda del vino e - per così dire - della ‘ubriacatura del vino’ (non da vino...).
Da un lato, infatti, solo un quarto dei conoscitori dei rossi veronesi li considera trendy e di moda, mentre una quota superiore (pari a 4.3 milioni di consumatori) li giudica “di nuovo apprezzati dopo le follie degli ultimi anni nel mondo del vino” (un terzo dei conoscitori). Dall’altro lato, giocano a favore di questi prodotti la grande tradizione riconosciuta (quasi 60%), l’abbinabilità a molti cibi e piatti della grande tradizione italiana (idem), la presenza connotante di Doc o Igt. (55%) oltre che di marche note e qualificate (49%), la facile reperibilità garantita dall’ottima distribuzione molecolare (53%), la con-notazione riconosciuta di vini leggeri e digeribili (50%) oltre che morbidi, rotondi, piacevoli da bere (48%), di carattere senza essere troppo forti (42%).
Il rilancio dei rossi veronesi è percepito dal 40% dei suoi conoscitori, mentre il 33% li reputa apprezzati pure dai giovani. In generale, il posizionamento tra medio (Valpolicella e Reciòto) e medio-alto/alto (Amarone), con prezzi diversi tra loro ma in ogni caso onesti e non esagerati a confronto con i concorrenti, oltre che le connotazioni di gusto, aiutano e aiuteranno i vini rossi della provincia di Verona (in sostanza della Valpolicella) a ritrovare un grande successo, seppur in un’Italia profondamente cambiata rispetto a quella pre-anni ’80.
Sono opportune tre integrazioni. La prima, negativa, ha a che fare con il minor apprezzamento dei vini rossi veronesi da parte dei residenti nel Triveneto, almeno per quel che riguarda la connotazione Doc e Igt, la leggerezza/digeribilità, la presenza di marche famose e qualificate, la personalità non iper-corposa, il riconoscimento dei prezzi onesti e del successo nuovamente crescente. La seconda, del tutto positiva, consiste nell’apprezzamento maggiore da parte di coloro che amano i vini rossi. La terza, infine, si collega alla ricchezza e cioè all’articolazione del favore per i vini rossi veronesi, massimo tra i giovani e gli adulti, nelle classi media e medio-alta/alta, tra gli internauti e gli ‘opinion leaders diffusi’.
Il consumo del Valpolicella
Se sono 6.3 i milioni di consumatori di vini rossi veronesi, più della metà di costoro (per l’esattezza 3.6 milioni) consumano il Valpolicella, il che avviene più della media nella ricca provincia e nelle aree urbane ma non metropolitane, da Isernia a Piacenza, nelle classi media e superiore, tra i 25-44enni e anche i 55-64enni, tra gli internauti, tra gli influenzatori forti e medi.
Se gli amanti dei vini rossi bevono di più il Valpolicella, ciò non è vero per gli abitanti nel Triveneto, insolitamente sottomedia.
Le occasioni di consumo di Valpolicella vedono prevalere i pasti: a casa propria nel 60% dei casi e a casa di familiari/amici/conoscenti nel 50% dei casi. Vanno aggiunti i pranzi o le cene nei ristoranti, nelle trattorie e nelle pizzerie (38%). Il consumo nei wine bar e nelle enoteche (9%) e quello come aperitivo o dopo-cena in casa (3%) chiudono questa particolare classifica, la quale in sostanza mostra - al netto delle duplicazioni - l’esatta equipollenza tra a casa (62%) e fuori casa (62%). Nel Triveneto i consumi domestici, specie ai pasti, prevalgono nettamente, mentre tra gli amanti dei rossi pesano un po’ di più anche le occasioni minoritarie (wine bar, enoteca, a casa al di fuori dei pasti).
Conclusioni
I vini rossi veronesi, a partire dal Valpolicella, risentono tuttora del precedente, prolungato calo d’immagine e di ‘appeal’. Inoltre soffrono di un insolito scarso ‘patriottismo’ locale (sul doppio terreno dei consumi e dell’orgoglio). Nel contempo, sono due i loro principali punti di forza: le grandi opportunità connesse a strategie di marketing e comunicazione che ne incrementino la notorietà e la capacità attrattiva (a partire dal proprio territorio e dalle zone circonvicine); e specialmente dal mutamento socio-culturale, che ora - dopo gli anni delle ‘follie’ in questo mercato - torna a valorizzare proprio vini di questo tipo: rossi, con una netta personalità ma non troppo corposi, leggeri e digeribili, con un’immensa tradizione alle spalle ma contemporaneamente non élitari o addirittura castali in quanto di prezzo sostenibile, con un’ottima distribuzione ramificata, con certificazioni adeguate, con forti controlli di qualità e sicurezza dei prodotti, un po’ al di fuori (salvo l’eccezionale Amarone) dalle mode degli ultimi lustri ed invece pienamente coerenti con i mega-trend evolutivi della società italiana ed in particolare della sua classe media.
E’ richiesto ai produttori e alla popolazione della zona un rinnovato orgoglio, un ‘Valpolicella pride’, tenendo conto che solo un quarto dei conoscitori dei vini rossi veronesi è composto da persone semplici e gran bevitrici ma né abbienti né colte: la maggioranza è data da cittadini medi consumatori di vino ma attenti alla qualità e al rapporto qualità/prezzo, responsabili e attenti, buoni consumatori di questi prodotti della provincia di Verona; con una minoranza inedita, quella dei super-consumatori ad un tempo ‘top’ (per classe sociale e competenza enologica) e ‘wine maniacs’, per la loro straordinaria passione - ora un po’ controtendenza - nei confronti dei vini (e dei vini rossi in particolare).
In definitiva, mentre il Paese passa dall’‘ubriacatura del vino’ al consumo realistico e non eccitato di vini sostenibili e di qualità, dalla Valpolicella sta partendo una riscossa, che anzitutto trae beneficio dal fatto che l’Italia si sposta, - consapevolmente o no - verso il modello ben rappresentato dai vini rossi veronesi, con il loro mix di tradizione e innovazione, attenzione al prezzo e alla distribuzione, prodotti con un loro carattere ma non troppo robusti, piacevoli e ‘democratici’.

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