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Export in crescita anche in quantità, mercato interno in ripresa, indice di fiducia positivo: sta bene il vino italiano, ma tante sfide da affrontare. Dalla stabilità dei prezzi alla redditività. Così Unione Italiana Vini, Ismea e Politiche Agricole

Forte di un export che continua a crescere in valore (+3,7% nei primi 5 mesi dell’anno) e, nel 2016, dopo un po’ di tempo, anche in valore (+1,3%), e di un mercato interno che dice di una sostanziale tenuta in volume e di un leggere crescita in valore, e che mostra segnali importanti di ripresa nell’horeca, il settore del vino italiano può guardare con fiducia alla vendemmia 2016 (stimata sui 48,5 milioni ettolitri secondo le previsioni Uiv-Ismea presentate oggi a Roma, e anche secondo il monitoraggio di Assoenologi divulgato oggi, ndr) ma, soprattutto, alla sua evoluzione, ovvero al vino che arriva sui mercati. Con fiducia certo, ma non con rilassatezza, “perchè la competizione internazionale è sempre più forte - ha ricordato il presidente di Unione Italiana Vini - e al di là dei primati produttivi in volume, quello che conta è vendere a prezzi capaci di redistribuire bene il reddito lungo tutta la filiera. Dobbiamo ricordarci che in 15 anni in Italia perso il 40% dei consumi, 1,6 miliardi di bottiglie bevute in meno nel nostro Paese, e con la forza delle aziende siamo riusciti a sostenerci con l’export. Ma per continuare su questa strada è fondamentale una stabilità dei prezzi, e su questo aspetto serve più dialogo nella filiera. È fondamentale - aggiunge Rallo - per pianificare e riorganizzare l’offerta nei mercati. Come in Usa, per esempio in questo senso le “doc ombrello” come Doc Sicilia o come sarà la Doc Pinot Grigio delle Venezie aiutano a creare delle categorie. E per questo cresce l’importanza della promozione, e servirà sempre più attenzione ai fondi promozione dell’Ocm, che per la promozione vanno spessi e non dirottati in altre misure come investimenti di cantina e di vigna, che sono fondamentali, ma hanno già i loro budget. Anche perchè i fondi per la promozione sono 100 milioni di euro. Poco rispetto ai 5,5 miliardi che fattura l’export. E dobbiamo ancora lavorare sulla qualità e l’identità dei nostri vini: l’Italia non può produrre vini-commodities, abbiamo caratteristiche diverse ma anche prezzi di produzioni più alti rispetto a tanti altri Paesi. Ma ancora oggi oltre la metà del vino italiano è vino generico, né Dop né Igp, e per noi è fondamentale vendere identità e vini di territorio per distinguerci dagli altri nel mondo. Poi c’è il mercato interno che non possiamo tralasciare, vale ancora la metà del totale, e se qualche segno positivo c’è non dobbiamo rilassarci, perchè nei giovani e nelle future generazioni c’è meno cultura e attenzione al vino che in quelle passate. In Italia c’è una grande tradizione, c’è la dieta mediterranea e il modo di bere vino ad essa collegato che arginano problemi come quelli dell’alcolismo, molto forte nel Nord Europa. Perdere questa cultura, questa tradizione legata anche al consumo di vino ci porterebbe anche grossi costi sociali e di salute”.

Insomma, tanti nodi da sciogliere, per il vino italiano, ma anche solide certezze, come quelle raccontate dai numeri Ismea, come ha spiegato Fabio del Bravo: “l’indice dei prezzi Ismea per il vino segnala un trend in legfera decrescita ma comunque a 138,7 punti, molto di più dell’agricoltura in generale, a118. E tra i vari settori agricoli, quello del vino è l’unico a registrare un clima di fiducia positivo, intono ai 14 punti (su una scala che va tra -100 e 100), a fronte del -5,5% dell’agricoltura”. Segno che le cose non vanno così male anzi: “dalle nostre simulazioni - ha aggiunto il direttore generale di Ismea Raffaele Borriello - il 2016 segnerà l’ennesimo record dell’export”.

Eppure, bisogna guardare al domani pensando più in grande e guardando tra le pieghe dei dati aggregati del settore. Perchè “il vino ha una responsabilità importante: dove va bene l’export enoico, dopo qualche va bene quello dell’agroalimentare e del sistema Italia in genere - ha detto Luca Bianchi, capo di gabinetto del Ministero Politiche Agricole - è un settore maturo anche dal punto di vista delle competenze e delle professionalità, più di altri dell’agricoltura.
Ma ci sono due temi importanti. Uno è il tasso di innovazione nelle imprese, che deve crescere. L’altro è il dato della redditività, che il molte aree è premiante, mentre in altre la redditività per ettaro non garantisce la permanenza nel territorio della viticoltura, e su questo dobbiamo darci una strategia importante per la sostenibilità e per lo sviluppo del sistema vino nel suo complesso.

Puntare sulla diversità e biodiversità del nostro vino, valorizzarlo e raccontarlo bene è l’unica alternativa per il futuro, perche nel mondo si cercano cose distintive e questa è la base per far emergere territori, vini, e produttori ancora non conosciuti. E questo passa anche dalla tutela della nostre tradizioni, dei nostri vitigni e delle nostre denominazioni, in cui il Ministero è in prima linea in Europa. Come lo è per il Testo Unico del vino: spingiamo affinchè la Camera lo approvi definitivamente in autunno, poi confidiamo in un rapido passaggio al Senato”.

E sulla questione Ocm promozione, Bianchi non usa giri di parole: “basta litigi, ci vuole troppo tempo per arrivare ai bandi Ocm, per trovare accordo tra Regioni, filiera e Ministero. Dobbiamo essere più bravi, tutti, a partire dal Ministero stesso, e trovare un modo più semplice di stare insieme. Tenendo conto che, piaccia o meno, l’Ocm ha regole di carattere europeo: il criterio di premiare nuovi beneficiari e nuovi mercati non è aggirabile, e neanche vogliamo farlo, perchè dobbiamo far crescere i mercati in cui siamo presenti e il numero di imprese che vanno all’estero, non ci sono diritti acquisti per nessuno. L’Ocm vino è un buon modello, ma siamo sempre disposti a migliorarlo.
E poi, tra le risorse a disposizione per il settore, c’è anche un piano per il made in Italy che vedrà l’agroalimentare ed il vino sempre più protagonisti, come dimostra anche l’accordo di tutela e promozione stipulato dal Governo in Cina con il colosso dell’ecommerce Alibaba. Su alcuni mercati dobbiamo ancora crescere tanto, e comunicare il Sistema Italia prima, ed i prodotti poi, perché in molti luoghi del mondo ancora non sanno che in Italia si producono grandi vini e prodotti tipici”.

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