
Il carrello della spesa alimentare nel 2024 è rimasto sotto pressione: tra rincari e rinunce, le famiglie italiane hanno fatto i conti con scelte sempre più misurate. Nonostante una sostanziale stabilità nella spesa media mensile complessiva, che si è attestata a 2.755 euro - rispetto ai 2.738 euro del 2023 (+0,6%) - il comparto alimentare ha continuato a rappresentare un terreno delicato per il bilancio familiare. L’aumento dei prezzi +2,5%, seppur più contenuto del 2023 (+10,2%), ha inciso sulle abitudini di consumo: una famiglia su tre (31,1%) ha dichiarato di aver ridotto quantità o qualità dei prodotti alimentari acquistati, dato pressoché invariato sul 2023 (31,5%). Il carrello si è riempito meno, ma è costato di più, e le differenze territoriali hanno accentuato il divario tra chi può permettersi una dieta varia e chi è stato costretto a fare economia anche sul cibo. A dirlo sono i dati Istat, diffusi in questi giorni, e che rappresentano un segnale chiaro di come il comparto alimentare resti centrale, ma fragile, nei bilanci familiari.
In particolare, sono cresciute le spese per alcune voci specifiche: gli oli e i grassi hanno registrato un aumento del +11,7%, raggiungendo i 18 euro mensili, mentre la frutta, inclusa quella a guscio, sale a 45 euro al mese (+2,7%).
La quota di spesa destinata agli alimentari si è attestata al 19,3% a livello nazionale, ma con forti differenze territoriali: nel Sud ha raggiunto il 25,4%, nelle Isole il 23,5%, mentre nel Nord-Est si è fermata al 17,4%. La Calabria è la regione con la quota più alta (28,2%), mentre il Trentino-Alto Adige ha registrato il valore minimo (14,6%), secondo i dati Istat.
Le famiglie composte esclusivamente da italiani hanno continuato a spendere di più: il 31,8% in più di quelle con almeno uno straniero.
I livelli di spesa più elevati si sono registrati nel Nord-Est (3.032 euro), nel Centro (2.999 euro) e nel Nord-Ovest (2.973 euro), mentre sono rimasti inferiori alla media nazionale nelle Isole (2.321 euro) e nel Sud (2.199 euro). Il divario tra Nord-Est e Sud è del 37,9%, pari a 834 euro mensili, mentre rispetto alle Isole la differenza è stata del 30,6% (711 euro). Il gap tra Nord-Est e Sud, che nel 2023 era al 34,8%, è tornato così ai livelli pre-pandemici (37,7% nel 2019). Nelle Isole, invece, il divario rispetto al Nord-Est, pur in aumento sul 2023 (27,9%), è rimasto ancora inferiore ai livelli 2019 (36,2%).
A livello regionale, la Puglia ha registrato una spesa media mensile di 2.000 euro, quasi la metà dei 3.584 euro del Trentino-Alto Adige, che si è confermato la regione con la spesa più elevata.
Infine, l’analisi per dimensione dei comuni ha mostrato che le famiglie residenti nei centri delle aree metropolitane hanno speso di più (2.999 euro), seguite da quelle nei comuni periferici e in quelli con almeno 50.000 abitanti (2.822 euro). Nei comuni più piccoli (fino a 50.000 abitanti), la spesa media è scesa a 2.638 euro, circa il 12% in meno delle aree metropolitane.
La spesa non alimentare, che rappresenta l’80,7% del totale, ammontava in media a 2.222 euro mensili, ma anche in questo caso le differenze geografiche sono state marcate: si va dai 3.032 euro del Nord-Est ai 2.199 euro del Sud. È cresciuta la spesa per servizi di ristorazione e alloggio (+4,1%, pari a 162 euro mensili), con incrementi più consistenti nel Centro (+7,2%, 175 euro) e nel Nord-Est (209 euro). In particolare, le quote per le spese destinate a servizi di ristorazione e di alloggio ammontavano a 6,9% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est contro il 5,9% osservato a livello Italia. In Lombardia, la quota destinata a questi servizi è stata la più elevata (7,5%), mentre in Trentino-Alto Adige si è speso di più per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili (42% contro il 35,7% della media nazionale), soprattutto a causa degli affitti figurativi, particolarmente rilevanti nella Provincia Autonoma di Bolzano. Nel Nord si sono registrate anche quote più alte per trasporti (11,5% nel Nord-Est e 11,4% nel Nord-Ovest, contro il 10,8% nazionale) e per ricreazione, sport e cultura (4,4% nel Nord-Est e 4,1% nel Nord-Ovest, rispetto al 3,8% medio). Sono diminuite, infine, le spese per informazione e comunicazione (-2,3%), mentre sono aumentate quelle per l’istruzione nel Nord-Est (+16,9% sul 2023), passando da 18 a 21 euro mensili, concludono i dati Istat.
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