02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

“FERRAN ADRIÁ È UN CIARLATANO, GUALTIERO MARCHESI NON LASCIA NESSUN EREDE, VINI BIODINAMICI SOLO PER SNOB E INTELLETTUALI”: SFOGO, A RUOTA LIBERA, PER FRANCESCO BATTUELLO, DEFINITO DAL “WALL STREET JOURNAL”, “IL MIGLIOR GOURMET DEL MONDO”

Riceviamo e pubblichiamo. E’ uno sfogo a ruota libera quello di Francesco Battuello, scrittore e giornalista, gourmand cosmopolita avvezzo a frequentare ristoranti stellati ai quattro angoli del globo, definito dal “Wall Street Journal” niente meno che il “miglior gourmet del mondo”, amico intimo da oltre vent’anni di chef-mito come Fredy Girardet e Joel Robuchon. Ma Francesco Battuello non ama la scena pubblica. Anzi, cerca costantemente di sfuggire, pur avendo firmato progetti, iniziative e manifestazioni di grande importanza, in Italia e all’estero. Lo spiega con grande tranquillità ed un “understatement” molto sabaudo, tipico di ogni buon torinese: “Ogni qualvolta si è scritto di me, non ho mai vissuto l’evento come un successo; al contrario, non è stato altro che un grave aumento della mia responsabilità etica/gastrosofica nei confronti della Natura (ci tiene alla N maiuscola, ndr) - e dei suoi prodotti agroalimentari, della cucina, dei consumatori”.
Oggi Battuello, autore del sito www.gastrosophia.it, firma un intervento dirompente, in cui giudica a 360 gradi cuochi, giornalisti, vignaioli e in generale il mondo dell’enogastronomia.

Ecco l’articolo integrale:
“Metilcellulosa e agar agar sintetico. Il primo semestre enogastronomico mondiale si è chiuso purtroppo con la disfatta delle cose vere e buone. Il fatto storico, è l’ultima pubblicazione di Santi Santamaria, famoso cuoco catalano (non spagnolo), il quale dopo approfondita ricerca scientifica ha dichiarato di utilizzare lui stesso prodotti chimico-industriali in cucina, prima di denunciare altrettanto pubblicamente il famoso “cuoco” molecolare Ferran Adrià. Tale “corrida dei cocineros” ha avuto eco internazionale minuto per minuto. Spaccature tra club e lobby. La realtà è che il tanto chiacchierato “cuoco” del XXI° secolo non è altro che un ciarlatano matricolabile. L’inaccettabile tragedia gourmande italiota è che sia proprio stata l’università braidese e legittimare l’Adrià. “Buono, straordinario, fantastico, commovente raccontavano gli apprendisti enogastronomi, mentre non si accorgevano di essere avvelenati. Fortunatamente per loro, non hanno mai avuto modo di visitare il pronto soccorso. Ferran Adrià è il più grande demolitore e farabutto della storia della cucina. Standing ovation: grazie a Santi Santamaria, il mondo adesso lo sa (il sottoscritto lo dichiarava dalle colonne del Wall Street Journal già nel 2001). La cricca Slow Food, Grigliatti e Noto, si aggiudica così un girone infernale. Così pure Joel Robuchon il quale aveva dato un “la” stonato.

Non da meno il compare di Adrià Heston Blumenthal, che “Lo mejor de la gastronomia” (meno male che sono spagnoli e non catalani) celebra come il cervello nucleare della “cucina”. “The fat (fuck) duck” è un risto-show per ricchi stupidi ricchi. Il divertente è che lo stesso Blumenthal ammette di non fare cucina ma operetta. Meno divertente il fatto che la coppia del secolo Adrià - Blumenthal abbia approfittato di un finanziamento di 1.800.000 euro comunitari, per una ricerca sulla “cucina” molecolare; in cinque anni hanno presentato 5 ricette, il che significa 360.000 euro ciascuna. È in corso indagine della commissione europea.
I pennaioli, quando smetteranno di dare credito ai cialtroni? Che siano necessari tre anni per avere il tavolo da El Bulli, è la truffa delle truffe professionali. Come si confà ad un ristorante degno di tale qualifica, tenga aperto 11 mesi l’anno (non 6), pranzo e cena. No?! D’altronde non si trova sulla banchisa, da non poter lavorare in inverno. Se poi non capace di interpretare tutte le materie della sua terra, è un altro discorso.

Rincuorante che l’Unesco abbia per il momento bocciato la richiesta della Francia, di inserire la cucina nel patrimonio dell’umanità. Per il momento, non verranno offesi quanti muoiono di fame. Nessun altro paese del mondo avrà la faccia tosta di presentare identica richiesta (si incrocino le dita).

La “classifica” dei migliori 50 risto del mondo, è un'altra ego-masturbazione. Tali 50 potrebbero essere piazzati in modo inverso e non cambierebbe nulla; un cliente “comune”, non si accorgerebbe di eventuali differenze. Come un mazzo di carte, potrebbero addirittura essere mischiati e tirati a caso. Per il cliente comune, colui che paga il conto, idem come sopra.
Giungendo ai vini, lo snobismo italiota è ai vertici assoluti. Sì, perché guidaioli e produttori gongolano si commuovono davanti alle etichette, che poi non beve nessuno; che vengono al massimo degustate, che chi beve solitamente non paga, ma fa pagare all’ospite.

Michelin: debutta in Giappone suscitando incredulità e scalpore. Lo storico fatto non è casuale, il governo nipponico avrà investito con Michelin qualche miliardo di yen per promuovere la Tokyo a tavola.

La personalissima classifica mondiale dei cialtroni in cucina, tutti pari merito: Gianfranco Vissani, Marc Veyrat, Ferran Adrià, Martin Berasategui, Heston Blumenthal, Deny Martin. Non sarebbe male, fossero prima o poi ispirati da Bernard Loiseau.

La sudditanza Nestlé non ha limiti, né confini. È però una buona “livella”. Mette sullo stesso piano industriali, “chef” di grido, trattori, baristi e altri.

Gli States, continuano celebrare Tommy Keller. Non classificabile a New York, ottima tavola a Younthville; salvo rimanere 4 ore seduti. Un girone infernale per l’utilizzo di olio all’aroma di tartufo.

Ratatouille: capolavoro Disney, morale da Esopo: pochi Gusteau, troppi Skinner, troppi Anton Ego, magari esistessero i Remy, i Linguini corrispondono ai molecolari …

Dopo aver acquistato l’università di “scienze gastronomiche”, il padrone di Eataly si appresta ad inaugurare adesso il “slow luxury food shop” di Tokyo. È inconfutabile, il supermercato di lusso Eataly sarebbe degno dei marchi Pinault o Arnaux. Il tema non è “business is business”. Il tema è la totale mancanza di etica in cui è precipitata l’enogastronomia, senza pudore. Tutti idioti quelli che non possono concedersi latte e formaggi dei monaci tibetani, il kobe, anche solo made in Italy, l’acqua minerale griffata; vini da vigneti dopati, sedicenti biodinamici, quando non atomici. Pare comunque che la boutique Eataly di Tokyo sarà di taglia giapponese: un loculo.

La levata di scudi accademica presso l’università di Torino, con l’intero corpo cattedratico a sfavore della laurea honoris causa a Carlin Petrini, può indiscutibilmente incontrare il pubblico favore. Rispettando la teoria dei paralleli, se l’ha avuta Valentino Rossi, la merita senz’altro Carlin. Se abbiamo infine riconosciuto Mike Buongiorno cavaliere della “repubblica” (di banane e fichi d’india), si conceda la laurea a Carlin Petrini. Forse, sarebbe più idonea quella in economia e commercio. Purtroppo, anche un navigato saggio come Carlin non ha saputo resistere al portafoglio dei magnati globali. Il mal celato patrocinio Slow Food a Eataly è a dir poco immorale!

Laurea per laurea, si propone ne venga assegnata una a Franco Martinetti. Il vate che ha ha formato e traghettato i contemporanei “gourmet” langhetti, dal pane e salame al ficatum, al galateo. Senza i pranzi gourmand offerti da Franco Martinetti, una certa intellighenzia non sarebbe mai nata.

Templi, accademie, università e marciapiedi devono esistere, quali depositari di culture e tradizioni; però non diventare snobistici, prestigiomanie, ego-lobby. Sarà mica prerogativa dei furbetti del mercatino e del vignetino, rendersi conto del valore naturale della terra, dell’agricoltura e della vitivinicoltura? Con il XXI secolo si è però smarrito il senso della misura, del minimo rispetto per “chi non può”, e per chi paga il conto. Per chi è obbligato, suo malgrado, ma deve accontentarsi di mangiare ogni giorno quanto può. Si intende nella civile società occidentale. I poveri del mondo sono un altro discorso. Eataly sarà mica un supermercato per famiglie?! È una vetrina snobistica per consumatori idioti. Applaudita dai politici italioti perché loro non pagano mai il conto, e se lo pagano è sempre con danaro pubblico. Gauche-caviar, Droite-saucisson o Centre-bigné, la fame è identica. Come si direbbe in Francia “les pouvoirdivores, les argentdivores”, fanno parte della stessa famiglia.

Gualtiero Marchesi, compiendo 78 anni, è infine giunto alla saggezza dei maestri. “Infine”. Sì, perché il tirarsi fuori dalla bagarre del mercato avrebbe dovuto meditarlo almeno 10 anni fa. Nonostante la storica militanza con Paul Bocuse - super partes al momento giusto - non lo ha compreso per tempo, con la conseguenza di continuare a lasciarsi impallinare da guidaioli e pennaioli, colleghi ipocriti e giovani tanto irrispettosi quanto arroganti. Qualcuno glielo aveva consigliato. Il triste è che Gualtiero Marchesi non lascia proprio alcun erede. Il considerare Carlo Cracco un depositario è una bufala. Il fenomeno Cracco viene annoverato tra i massimi discepoli di Ferran Adrià; continua infatti a proporre con orgoglio le “tagliatelle di gelatina” (alla metilcellulosa, o agar agar sintetizzato?). Davide Oldani, non classificabile, ha “appreso” tutto da un certo Ducasse, gallico cialtrone anche in quel di Toscana. Pietro Leemann, non classificabile. Paolo Lopriore, non classificabile. Enrico Crippa, non classificabile. Paola Budel, professionalmente scomparsa. Non come offesa a Gualtiero Marchesi, come coincidenza, il decadimento della cucina italiana è iniziato con la fine della sua epoca. Eventuale nota professionale negativa per Marchesi, è non aver mai amato il vino. Il che gli ha pregiudicato i grandi clienti gourmet che girano il mondo per bere certe bottiglie a tavola, quindi una buon parte di quello che è il profitto di un ristorante.

È auspicabile che le voci circa il lapidario licenziamento di Enzo Vizzari, da parte di La Repubblica/L’Espresso, siano infondate. Ad oggi 2008, Enzo Vizzari rimane l’unico autentico gourmet italiano a cavallo tra XX e XXI secolo. Non si intende meglio “di”. Unico come unico. Gli infedeli, provino a metterlo alla stufa. Non con l’uovo al tegamino, magari con i piccioni arrosto e salsa di Pinot Nero. Se poi il patrimonio umano con cui deve comporre la guida ristoranti è quello che è, non gliene si voglia.

Rilancio proposta nuova guida ristoranti d’Italia.
Parametri per i “primi della classe”:
- chi vorrebbe non pagare i fornitori;
- non paga i fornitori;
- vorrebbe assolutamente non pagare i vini;
- non paga i vini;
- non paga i collaboratori;
- fa almeno 20 coperti gourmand al giorno;
- gestisce in modo civile la spazzatura (spesso interessante dare un’occhiata dietro il ristorante).

Il simpatico Carlo Cambi è, infine, riuscito a debuttare con la sua rivista personale. Il titolo non è purtroppo idoneo alla realtà: “Wine business”, il corretto. I disciplinari ne sono una conferma. Il movimento biodinamico italiota ha addirittura redatto un proprio disciplinare dove tutto è permesso. Nessuno si è mai domandato e risposto, quale sia l’autentica ragione (tecnica) del successo dei vini di Bordeaux?

I sedicenti vini biodinamici volano ancora sull’onda della pubblica ignoranza in materia; geologica, viticola, enologica e vinicola. Assegnato chissà come ad una azienda italiana il marchio Demeter. La società antroposofica internazionale ha temi ben più importanti da affrontare e sviluppare. I membri si limiteranno a non bere vino. Da un certo Joly in giù, vini snobistici, solo per ricchi ed intellettuali. Pazienza, accontentarsi delle bevande a base uva, l’importante è non chiamarle vino

Veramente disprezzato 15 anni fa, alle spalle, Franco Ziliani è maturato (nessuno nasce imparato), e rappresenta oggi un opinionista di valore. Con gli adeguati attributi sotto; per raccontare, illustrare e denunciare le vergogne enogastronomiche italiote.

Jancis Robinson è senza dubbio la massima autorità vinicola internazionale, legittima erede di Hugh Johnson. La sua english-simpatia femminile non è il massimo. Non ama (il che non significa che non apprezza) più di tanto i vini italiani, probabilmente per la mancanza di verticalità degli stessi; indispensabile per la credibilità storica. Ma la sua preparazione culturale non teme confronti. Masters of Wine docet.

Pare che dopo una vita da separati in casa, cioè fin dal giorno del matrimonio, il divorzio Slow Food - Gambero Rosso sia alla risoluzione finale. Meno male che non ci sono figli ogm in comune. Quanti ascoltano e leggono cercando l’autentico, non dovrebbero sentire la mancanza di Stefano Bonilli. Quanti bevono con il loro portafoglio, non temere di essere soggiogati da Daniele Cernilli. Quanti riconosco il buono, tollerare Marco Bolasco. Ci si è infine accorti che un già noto pennaiolo del quotidiano La Stampa si è investito del rango di gourmet internazionale stellato. Lo avevamo lasciato con le mani nella non-cioccolata albese. Delizia anoressica, ma orrore anche per l’ultimo dei gourmet. Da lui celebrata. Lo si ritrova oggi in missioni gourmande estere. Chissà se i conti da 300 euro li paga Ferrero o La Stampa?”.

Chi è Francesco Battuello: il suo autoritratto
Mea culpa: essere un dinosauro gourmand, l’ultimo dei dinosauri gourmand. Adorare l’identità delle materie prime e l’autentica cucina. Rispettare i valori ancestrali (non incestuosi) e primordiali della cucina. Rispettare il valore totale di un ristorante, di qualsiasi livello, dalla lavandaia al casserolier. Mettere spesso e volentieri le mani nella terra dell’orto e delle vigne, per capire qualcosa. Bere qualche bottiglia e non degustarne migliaia. Non sentirmi più bello e più furbo quando posso mangiare in un certo ristorante o bere una certa bottiglia. Aver rinunciato a foie gras e caviale per l’esaurita esigenza bestiale (gavage e sventramento dal vivo degli storioni). Aver rinunciato almeno all’acqua minerale (griffata), quale minimo segno di rispetto per i 300 milioni di bambini che muoiono di sete. Stanco di trascorrere le notti sul wc ogni qualvolta frequento un ristorante molecolare. Considerarmi il contemporaneo presuntuoso arrogante depositario e tramandatore della Cucina. L’imputato si dichiara colpevole. La difesa: un conto abbuffare, ubriacare, avvelenare se stessi, al prezzo di cirrosi e affini. Un altro, avvelenare gli altri, la gente comune; sostenere gli avvelenatori.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024