Ci occupiamo spesso di come cambi il mercato secondario dei fine wines, e lo facciamo sempre dal punto di vista del mercato, raccontando l’andamento delle quotazioni delle etichette più scambiate e i trend dei diversi indici. Dall’altra parte, però, c’è l’investitore, con la sua visione e le sue necessità, specie quando si parla di rivendere le proprie bottiglie, come racconta l’indagine “Liquidating Assets: How today’s collectors want to sell fine wine” firmata dal Liv-ex, il marketplace globale per il wine trade dedicato esclusivamente ai professionisti del business del vino, che ha coinvolto 232 collezionisti da 36 Paesi diversi, con una cantina che conta mediamente 2.631 bottiglie per un valore di 305.000 sterline (ma il 7% delle collezioni supera le 10.000 bottiglie ed il 9% vale oltre 1 milione di sterline).
Il primo aspetto interessante riguarda il canale scelto dagli investitori per vendere le proprie bottiglie: il 40% sceglie le piattaforme online, capaci di mettere in contatto facilmente collezionisti di tutto il mondo, poco meno del 30% si affida ai wine merchant, il 26% ai broker, il 24% al mondo delle aste ed il 13% ad altri canali. Nel complesso, il 75% degli intervistati si affida ad uno solo di questi canali, ritenendo il livello del servizio soddisfacente. Del resto, sono tre gli aspetti principali che guidano il giudizio del collezionista: convenienza, relazioni e accesso al mercato. Molti collezionisti, perciò, vendono i loro vini tramite il broker o il wine merchant da cui sono stoccati (o attraverso piattaforme online ad essi collegati), perché spostare le bottiglie da un luogo - o da un commerciante - all’altro è spesso dispendioso e complicato. Al contempo, è fondamentale il rapporto di fiducia che lega il collezionista al borker o al wine merchant: conoscenza e qualità del servizio giocano un ruolo cruciale in questo. Infine, l’accesso al mercato: chi vende vuole assicurarsi che il loro vino venga venduto in modo efficiente e al prezzo più alto possibile. Nella realtà, i collezionisti non sanno quasi mai a chi stanno vendendo, e la maggior parte di loro (61%) non riesce a vendere le proprie bottiglie quando vuole ed al prezzo che si era prefissato.
Per le tempistiche di vendita, c’è una grossa discrepanza, perché se è vero che, in media, ci vogliono 1-3 mesi, per alcune etichette di nicchia l’attesa dell’investitore giusto può facilmente superare i 6 mesi, mentre i cru di Bordeaux si riescono a piazzare sul mercato anche nel giro di pochi giorni o al massimo settimane. In generale, comunque, le tempistiche di vendita soddisfano il 67% dei collezionisti. Più bassa la percentuale di chi è soddisfatto del prezzo di vendita raggiunto: il 55,6%, mentre quasi l’80% ammette che vorrebbe avere un controllo maggiore su tempi e prezzi di vendita dei propri vini. La maggior parte dei wine merchant e dei broker, del resto, non consentono ai collezionisti di fissare il prezzo, o offrono una flessibilità assai limitata, un aspetto che spinge molti investitori a scegliere le piattaforme online, dove c’è maggiore libertà, e spesso si riesce a vendere a prezzi superiori alle quotazioni di mercato.
Altro tasto assai delicato è quello che riguarda le commissioni, abitualmente intorno al 10% su ogni vendita, un po’ più basse sulle piattaforme online. Solo il 37% degli investitori ritiene che sia un prezzo equo, con una percentuale particolarmente alta tra chi si interfaccia con un wine merchant, e decisamente più bassa tra chi invece si affida al mercato delle aste, dove le commissioni sono sensibilmente più alte. Tornando al rapporto di fiducia che lega collezionisti, broker e wine merchant, un servizio fondamentale riguarda la condivisione di informazioni e dati di mercato indipendenti, messe a disposizione di due terzi degli investitori. Poco più della metà degli intervistati concorda, inoltre, sul fatto che i consigli che ricevono sono validi e imparziali, segno della bontà del lavoro di molti consulenti. C’è, ovviamente, chi continua a fidarsi poco, e considera il mercato dei fine wine alla stregua di qualsiasi altro mercato speculativo: un Far West.
Al momento, i collezionisti di vino sono divisi sul fatto che vendere le proprie bottiglie sul mercato secondario sia facile e conveniente, da un lato c’è chi elogia il lavoro di mercanti, broker e case d’asta, dall’altro chi vorrebbe una logistica più snella, una comunicazione più semplice ed un maggiore accesso alle informazioni e ai dati di mercato. Quasi tutti, però, convergono su una necessità: vendere vino online o tramite un app, ambizione condivisa dal 90% dei collezionisti.
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