Internazionalizzazione: ecco, ormai e in tempi difficili e di crisi soprattutto, la “parola magica” per superare il momento storico. E il vino italiano, settore più volte in controtendenza, in salute, secondo quanto emerso dalla tavola rotonda “Mondo vitivinicolo scenari futuri” al Forum Montepaschi sul Vino italiano n. 3, oggi a Siena, affronta i mercati con competitività e quel suo fattore wine experience, che lo rende unico, capace di affascinare anche il consumatore più lontano. Perché, se l’Europa è il mercato principale, con gli Usa già affermati (dove l’Italia è leader in volumi e valore) e Russia e Cina emergenti “consolidati”, il futuro si gioca anche in mercati come quelli sudamericani (Argentina, Brasile, Messico), dell’Estremo Oriente (Corea del Sud, Thailandia, India) e dell’Est Europa (Ungheria, Romania, Polonia, Repubblica Ceca, Paesi ex Jugoslavia), considerati secondari, ma in cui il Belpaese è ben posizionato. In tutti, però, da soli non si va: perché il supporto di banche, enti, associazioni e fiere è sempre più fondamentale, ognuno con i propri strumenti, economici, ma anche e soprattutto culturali, di comunicazione, di marketing.
Lo scenario da affrontare è quello fotografato dall’Osservatorio di Banca Mps, basato su interviste ad aziende produttrici in proprio di vino, il 90% delle quali esportatrice, dal quale emerge come, dopo il ruolo da prima pagina che ha avuto l’export nel 2011 - 45% degli incassi totali delle cantine italiane, ed il record 4,4 miliardi di euro - l’orientamento vocato alle esportazioni prosegue anche nel 2012. “E anche se molto dipenderà dalle dinamiche del commercio internazionale - ha detto Nicola Zambli del Servizio Pianificazione Strategica Research e Business Banca Mps - il vino italiano affronta i mercati in salute, con le previsioni di un’ulteriore crescita delle esportazioni in valore, a fronte di un calo dei volumi, che sembrano testimoniare un ritorno alla qualità sulla quantità, su cui si è puntato di più negli ultimi anni”. Il tutto, secondo Fabio Del Bravo, responsabile Area Mercati Ismea, a fronte anche “dei consumi interni che continuano a calare (tra i 37 e i 35 litri procapite), ma anche di good news, come il calo della produzione mondiale di vino nel 2012 (sotto i 250 milioni di ettolitri, e un minimo storico per l’Italia inferiore ai 40 milioni di ettolitri), per una serie di motivazioni, da quelle climatiche agli espianti dei vigneti, a fronte della quale si registra un aumento dei consumi e di richiesta di vino a livello internazionale”.
Dinamiche che si riscontrano andando a guardare i singoli mercati, come la Cina dove sta crescendo l’imbottigliato, ma la posizione dell’Italia è ancora marginale, rispetto ad altri Paesi come la Francia e la Spagna che sono stati capaci di crescere di più. In Russia l’Italia è cresciuta in volumi e meno nei prezzi, mentre ad esempio la Francia si è spostata soprattutto su questi ultimi. E, tra i mercati, oggi secondari, ma del futuro, il Belpaese è molto presente nell’Est Europa, più di Spagna, Francia e Germania, mentre in Sudamerica viene subito dopo il Cile.
Per affrontarli, però, e a fronte anche di una geografia dei consumi in continuo mutamento - i Paesi del Sud Europa, maggiori consumatori di vino, stanno arretrando, mentre in Paesi come la Cina i consumi sono aumentati di 60 volte in 10 anni, di pari passo con l’aumento in Usa - gli handicap che l’Italia deve ancora superare non sono pochi: “la dimensione, prima di tutto - spiega Beniamino Quintieri, professore ordinario in Economia Politica dell’Università Tor Vergata di Roma e Commissario governativo Expo di Shanghai - freno ad un’organizzazione adeguata soprattutto sui nuovi mercati, con poche aziende singole che possono andare da sole; ma anche la gdo in cui ci presentiamo con un’offerta troppo frammentaria che crea confusione nei consumatori. Creare reti per il marketing è fondamentale. Il nostro vantaggio? La cucina italiana, apripista per i nostri vini, sempre più amata”. Per Federico Castellucci, direttore generale Oiv-Organisation Intenationale de la Vigne e du Vin, due sono su tutti gli aspetti fondamentali da tenere in considerazione, uno economico ed uno culturale: “siamo contenti perché abbiamo esportato più degli altri, ma i francesi hanno un valore di esportazioni doppio del nostro. L’Italia esporta molto sfuso, soprattutto in Nord Europa, che viene riconfezionato e quindi rivenduto a prezzi più alti. Dobbiamo smettere di fare i fornitori di materia prima, su cui a guadagnare è l’ultimo anello della catena. Poi c’è l’aspetto della formazione, da fare soprattutto nei nuovi mercati, sul posto, ma anche facendo venire gli stranieri ad innamorarsi del Belpaese direttamente in Italia”.
Tutte criticità che è sempre più difficile affrontare da soli. “Il settore vino, rispetto ad altri, esprime una leadership che sta difendendo in un contesto competitivo internazionale molto alto - ha detto Fabrizio Viola, ad Banca Mps - puntando sull’internazionalizzazione e sull’export per uscire dalla crisi, e sulla qualità con cui vince la sfida nei mercati del mondo, accanto al continuo controllo del rapporto con il prezzo. Per stare al fianco delle aziende nella conquista dei nuovi mercati sono tre le linee con cui muoversi per il mondo bancario: bagaglio di competenze nel settore agroindustriale in linea con l’evolversi delle problematiche degli imprenditori; servizi, pur nelle difficoltà del momento, che gli imprenditori richiedono a supporto delle esportazioni; la presenza sui mercati esteri”. Ma non solo le banche, a mettere a disposizione il loro know how in termini di comunicaione e markeTing, sono anche enti come Enoteca Italiana, “per innovare la presenza dell’Italia del vino nei mercati consolidati - ha sottolineato Claudio Galletti, presidente Enoteca Italiana - e conquistare i nuovi (siamo presenti con i nostri export manager in Giappone, in Russia, in Cina) avvicinandosi alla loro cultura con iniziative ed eventi ad hoc. E supportando soprattutto quelle aziende che sono meno orientate all’export”.
Ma, soprattutto, una cosa è fondamentale, proprio per chi, viaggiando in tutto il mondo per accompagnare le nostre aziende, tocca con mano i mercati: dagli Usa all’Asia, ha detto Stevie Kim, general coordinator Vinitaly Tour, “abbiamo promosso soprattutto eventi di grande impatto mediatico e di pubblico, accostandoli ad altri settori da utilizzare come “leva”, dalla moda alla cucina italiana, parlando con consumatori, giornalisti, sommelier e così via, e cercando di capire quello a cui sono interessati - per poi continuare a mantenere i contatti via web e social media, pronti a lanciare “Vinitaly Wine Club” con l’e-commerce e l’asta più grande del vino italiano nel 2013 - aiutando le aziende a farsi conoscere attraverso la comunicazione, avere più visibilità, con il solo scopo di vendere i loro vini, anche una sola bottiglia in più. All’estero sì, ma anche in Italia, con “Wine Spectator” ed “Opera Wine”, la prima degustazione della rivista americana in Italia con le 100 cantine italiane al top, prestigiosa anteprima di Vinitaly a Verona, esempio di successo di “wine esperience” all’italiana”. Che tanto piace ed affascina, tutti ed ovunque.
Del resto, ha detto Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini, in partenza per la Cina con il Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ed Enoteca Italiana per presentare un progetto di incoming, “se ci sono grandi aziende e grandi vini capaci di aprire i mercati e fare da traino a realtà più piccole e meno conosciute, anche un piccolo produttore, facendo cose uniche ed originali, può farsi conoscere. Il vantaggio del nostro settore è che le imprese credono ancora nel suo sviluppo e lo dimostra il fatto che continuano ad investire, e fanno del vino un settore, appunto e soprattutto di questi tempi, in salute”. Anche per questo, per tutti, il mondo del vino può guardare al 2013 con ottimismo, grazie al suo bicchiere sempre “mezzo pieno”.
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