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“FORUM SPUMANTI D’ITALIA”: INNOVAZIONI E RICERCA, MA ANCHE NUOVA IMMAGINE PER LA SPUMANTISTICA ITALIANA. DA VALDOBBIADENE INDICAZIONI SUL FUTURO: “L’ALTO LIVELLO DEGLI STUDI E TECNICHE DEVE COMBINARSI CON NUOVE STRATEGIE DI MERCATO E DI IMMAGINE”

Dall’analisi dei vitigni da incrocio all’importanza delle strategie di mercato nella percezione del prodotto finale, passando per la misurazione della schiuma dello spumante versato nella flute e per l’influenza determinante dei microclima sull’aroma delle uve: questo, e molto altro ancora, in un ipotetico fil-rouge che ha consentito, a Valdobbiadene, il 23 e 24 giugno, di realizzare una fotografia aggiornata del mondo spumantistico nazionale ed un confronto tecnico sul tema “progettare e realizzare spumanti”.

Il seminario, organizzato dal Forum Spumanti d’Italia, evento che è destinato a diventare un appuntamento annuale rivolto soltanto a produttori, studenti universitari, tecnici di cantina, ha presentato quanto di meglio in tecnologia, ricerca ed immagine sta offrendo il mondo delle bollicine.

Nella prima giornata sono state affrontate tematiche della ricerca in vigneto e in cantina (con Antonio Calò, direttore dell’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Conegliano, Aureliano Amati, docente dell’Università di Bologna e Teramo) e Alberto Vercesi, Università di Piacenza, ha parlato di vitigni tradizionali e recenti da incrocio per la produzione di spumanti. Fabio Pezzi dell’Università di Bologna, ha presentata, invece, i progressi tecnologici delle macchine utilizzate nella vendemmia meccanica, e Giorgio Nicolini (Istituto agrario San Michele all’Adige), ha relazionato sulla variabilità dei contenuti di composti azotati e di aromi in vini base-spumante. Quindi l’analisi condotta da Diego Tomasi, Istituto Sperimentale di Conegliano, sulla determinante influenza del microclima sulle componenti aromatiche delle uve. L’enologia emergente ed in grande crescita del sud Italia era rappresentata da Raffaele Lovino, direttore dell’Istituto Sperimentale di Barletta, che ha confermato come nell’Italia meridionale siano presenti vitigni ed uve dai grandi requisiti tecnici proprio per l’elaborazione di vini spumanti. Dal vigneto ai nuovissimi campi della ricerca con Andrea Curioni, Biotecnologie Agrarie dell’Università di Padova, autore di un’analisi strumentale innovativa sulle caratteristiche della schiuma degli spumanti, a conferma dell’alto livello di specializzazione e raffinatezza raggiunta dall’enologia italiana che, per un altro verso, è in grado di proporre, come ha spiegato Claudio Riponi, Università di Bologna, “l’impiego del ghiaccio secco per una ottimale conservazione dell’uva nel tragitto dalla pianta alla cantina”.

Nella seconda giornata, moderata da Mario Ubigli, direttore Istituto Sperimentale di Asti, si è sviluppata sui temi riconducibili a “Territorio, metodo e mercato”. Luigi Galletto, Università di Padova, ad esempio, ha sottolineato e dimostrato l’importanza ed il valore aggiunto che attribuisce il marchio Doc sui canali di vendita, e Enrico Dalla Bernardina e Roberta Capitello, Università di Verona, hanno appuntato l’attenzione su come la percezione finale del prodotto da parte del consumatore dipenda anche dalle strategie di vendita e di marketing messe in atto dalle singole aziende (etichetta, packaging, prezzo ...).

Da Nichi Stefi, condirettore della Veronelli Editore e curatore della degli Guida Spumanti d’Italia”, un forte monito “ad una strategia comune per la spumantistica italiana che tenda a imporre l’identità dello spumante come un vino tout-court e non un prodotto speciale, immagine che lo confina ad un consumo o di nicchia di alto livello, o più spesso solo utile al botto in occasione delle festività, periodo in cui ancora oggi si concentrano metà dei consumi totali del prodotto”.

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