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FRANCO BONI (PARMAFIERE): “IL MADE IN ITALY E’ PRIMO IN SICUREZZA”. DAL 5 ALL’8 MAGGIO, AL CIBUS DI PARMA, E’ DI SCENA L’AGRO-ALIMENTARE ITALIANO … EVENTI & TENDENZE & DATI SUL WINE & FOOD D’ITALIA

“I nostri prodotti alimentari sono ai livelli massimi per la sicurezza”: non ha dubbi Franco Boni, presidente di Parma Fiere, ovvero “Mister Cibus” (www.fiereparma.it), evento a Parma dal 5 all’8 maggio, rassegna specializzata nel settore agroalimentare (2.400 espositori da 20 Paesi, con 90.000 operatori professionali ed acquirenti provenienti da 55 Paesi). Ed aggiunge: “ogni anno investiamo tre miliardi di euro in sicurezza agroalimentare. Noi italiani potremmo finire nel guinness dei primati dell’autolesionismo, dopo le recenti polemiche sull’agroalimentari”.
“Il grande problema della produzione italiana -secondo Boni - è dato dai prodotti contraffatti, poiché negli Stati Uniti ad esportazioni per un controvalore di 3 miliardi di prodotti autentici, corrispondono 6 miliardi di prodotti “italian sounding”, che per il nome si rifanno al nostro Paese. Su scala mondiale, il rapporto tra prodotti autentici e contraffatti è di 18 miliardi contro 50. “Il nostro settore - ha spiegato ancora Franco Boni, presidente di Fiere di Parma - è il secondo contribuente del Pil italiano, mentre l’Italia è al primo posto in Europa per prodotti bio e le vendite di alimenti di qualità sono saliti del 27% negli ultimi 3 anni”. Boni ha anche spiegato che il Cibus 2008 avrà una “forte propensione a favorire l’export”, dato che, a fronte di un rallentamento dell’Italia, “il mercato estero cresce dell’8% all’anno”.
“Il problema del settore - spiega ancora Boni - è dato dal fatto che “l’Italia è carente di catene di grande distribuzione all’estero e quindi dobbiamo portare l’estero da noi. Quest’anno il Paese focus sarà la Germania che da sola vale il 17% del nostro Pil”.

Il termometro delle tendenze - Nielsen: “62% consumatori guardano a salute”
L’aspetto salutistico di un alimento è l’elemento maggiormente preso in considerazione dal consumatore italiano, mentre marca e prezzo sono elementi di secondo piano. Lo afferma la ricerca “What’s hot around the globe. Insight on growte in food & beverage”, realizzata da Nielsen per Cibus 2008.
Secondo la ricerca la “valenza salutistica” di un prodotto alimentare interessa il 62% dei consumatori italiani contro il 46% che ripone la propria fiducia nella marca ed il 44% che guarda al prezzo. Sulla media mondiale, poi, gli italiani considerano meno l’aspetto funzionale dei cibi come i latti speciali o le bevande energetiche e per sportivi, che riguarda solo il 37% nazionale a fronte del 50% globale.
Un italiano su cinque dichiara che la facilità di preparazione è un elemento importante di scelta, mentre gli abitanti del Belpaese mostrano una sensibilità superiore sul tema della sostenibilità ambientale degli alimenti (82% contro 77%) sugli europei. In pratica, il 45% degli italiani è disposto a rinunciare a imballaggi che facilitino il trasporto o lo stoccaggio in casa (49%) e sono disponibili ad acquistare prodotti in confezioni riciclabili (41%) o di produzione locale (52%).
L’attaccamento al territorio è poi dato dal fatto che 1 italiano su 3 dichiara di acquistare almeno una volta all’anno prodotti direttamente da aziende agricole.

L’estratto - Ecco cosa racconta la ricerca della Nielsen, leader mondiale nelle informazioni di marketing: “What’s Hot around the Globe Insights on Growth in Food & Beverage”
Grazie alla presenza in oltre 100 Paesi nel mondo, Nielsen è in grado di misurare i trend macroeconomici, l’evoluzione dei mercati e dei comportamenti del consumatore. Pur con un tasso descrescente, la popolazione mondiale è in continuo aumento - sono previsti oltre 9 milardi di persone nel 2050 - e tutto questo in un contesto di “risorse naturali” (energetiche & alimentari) limitate.
In particolare, stiamo assistendo al ridistribuirsi della popolazione mondiale con esigenze di consumo diverse e domanda di risorse in continua crescita, con relativo aumento dei prezzi degli alimentari di base, all’aumento dell’età media della popolazione di alcuni Paesi (Italia 42,5 vs media mondiale 28 anni) con conseguente aumento della domanda di salute.
In questo contesto, tra i fattori che determinano le scelte alimentari del consumatore italiano assumono particolare importanza la “valenza salutistica” del prodotto (62%), la fiducia nella marca (46%) ed il prezzo (44%). Sulla media mondiale gli italiani risultano più scettici sugli aspetti funzionali (37% degli italiani vs 50% media globale).
1 italiano su 5 dichiara che la facilità di preparazione ed il contenuto di servizio è un elemento di scelta importante.
Altri trend che incidono sui comportamenti di consumo sono, anche per i prodotti alimentari, la difesa dell’ambiente e la sostenibilità; temi per i quali gli italiani dimostrano una maggior sensibilita’ (82% vs 77% media europea).
Queste preoccupazioni si possono tradurre anche nella disponibilità a modificare i comportamenti d’acquisto, ad esempio rinunciando al packaging che facilita il trasporto (45%) e lo staccaggio in casa (49%), o acquistando prodotti in confezioni riciclabili (41%) o prodotti di produzione locale (52%).
1 italiano su 3 dichiara di acquistare, almeno 1 volta all’anno direttamente da aziende agricole.
A dimostrazione di questo, tra i prodotti con crescita a doppia cifra nel mondo troviamo, nelle prime posizioni, prodotti a contenuto salutistico (i.e. probiotici 13%), prodotti con elevato rapporto contenuto nutrizionale/prezzo (i.e. uova 19%), alimenti funzionali (latti speciali +22%, bevande energetiche e per sportivi +22%).
Anche in Italia tra i primi 20 mercati ben 8 sono legati alla salute (probiotici da bere +11,3%) e al contenuto di servizio (i.e. verdura fresca confezionata +13,6%).

La tendenza - Il boom del “fuori casa”
Il costante sviluppo dei consumi alimentari fuori casa nel nostro paese come nelle altre nazione europee, sta facendo assumere alle imprese di pubblico esercizio un ruolo socio economico nuovo e in continua crescita. Il settore conta già 240 mila aziende, dà lavoro a poco meno di un milione di persone e totalizza 47 miliardi di fatturato. Così la Fipe Confcommercio dedica all’eccellenza alimentare nel mondo la “Giornata della Ristorazione Fuoricasa”, interamente organizzata a Cibus dalla federazione dei pubblici esercizi.
Baristi, ristoratori, cuochi, semplici appassionati si ritroveranno per confrontarsi sui problemi del settore in uno scenario di incertezza economica e contrazione dei consumi, ma con la voglia di ricostruire i punti di riferimento di un mercato e di un settore in continua evoluzione. Interverranno esponenti dell’industria alimentare e dei servizi per la ristorazione, studiosi di mercato, membri delle Istituzioni, giornalisti e esercenti di ristoranti e bar provenienti da tutta Italia.
“Il cambiamento nei consumi fuori casa - spiega Edi Sommariva, direttore generale Fipe-Confcommercio - è il risultato di una continua evoluzione che incide pesantemente a livello dell’offerta. Per non abbassare la qualità offerta dai pubblici esercizi è necessario che il tema della ristorazione rientri a pieno titolo nell’agenda politica del Paese e dell’intera filiera agroalimentare”.

Il ritratto - Ecco i dati dei consumi fuori casa, a cura Centro studi Fipe, su dati Istat
I consumi alimentari sono lo specchio dei cambiamenti sociali. I passaggi dall’economia rurale a quella industriale prima e dall’economia industriale a quella terziaria poi hanno lasciato tracce profonde proprio nei consumi e nei modelli alimentari del Paese.
In quarant’anni i consumi alimentari hanno visto ridursi di oltre 10 punti la loro quota percentuale sui consumi complessivi delle famiglie. Oggi ogni famiglia italiana spende in media appena il 14% del proprio budget per prodotti alimentari da consumare in casa. Ma le dimensioni quantitative non spiegano tutto. Dietro di esse si nascondono cambiamenti ben più importanti sotto il profilo degli stili alimentari e più in generale degli stili di vita.
Il modello alimentare italiano fondato essenzialmente su tre occasioni di consumo con il pranzo a farla da protagonista, lascia il passo ad un nuovo modello in cui si moltiplicano i fuori pasto, la cena prende il posto del pranzo come pasto principale per un numero crescente di individui, cresce il numero dei giovani che salta la colazione, alcuni prodotti fondamentali della cosiddetta dieta mediterranea, pasta in primis, perdono appeal. Un’attenta analisi del fenomeno per area territoriale ci dice che non è così dappertutto. Il modello tradizionale resiste al sud, mentre al centro e soprattutto al nord somigliamo sempre di più al resto dei Paesi europei. La globalizzazione si fa strada anche e soprattutto a tavola.
Dall’altra parte cresce esponenzialmente il consumo alimentare fuori casa a testimoniare che la lettura della dinamica delle spese alimentari deve seguire un nuovo approccio che mette insieme il mercato dentro e fuori casa. Ecco allora che in quasi 40 anni questa spesa è cresciuta in termini reali del 70%.
Resta, tuttavia, sottinteso che si tratta di due mercati, quello in casa e quello fuori, che restano fondamentalmente diversi in quanto a catena del valore.
Tra il 1970 al 2006 la spesa delle famiglie in consumi alimentari è cresciuta del 42% passando da 74,7 a 106,4 miliardi di euro.
Contemporaneamente la quota della spesa alimentare sul totale è andata calando stabilizzandosi nel 2006 intorno al 14,3 %. I generi alimentari per i quali le famiglie hanno incrementato maggiormente la spesa negli ultimi 14 anni sono stati pane e cereali (29,8%), acque minerali e bevande gassate (29,8%) e zucchero (25,7%). In dieci anni la percentuale di chi pranza in casa è diminuita di sette punti percentuali passando dall’82% al 74,8%.
E’ diminuita nel corso degli anni la quota di italiani per i quali il pranzo è il pasto principale della giornata: dal 74% del 1996 al 70% del 2006.
A tavola l’Italia non è tutta uguale. Il pranzo in casa resiste soprattutto al sud, mentre è nelle regioni del centro Italia che i nuovi comportamenti di consumo sembrano fare maggiore breccia a cominciare dalla progressiva perdita di ruolo del pranzo come pasto principale della giornata. Alcuni indicatori lasciano trasparire qualche segnale preoccupante riguardo ai pilastri della dieta mediterranea (pasta, verdura e frutta). Il numero di persone che consuma quotidianamente questi tre prodotti va progressivamente calando.
Negli ultimi 26 anni la spesa per i consumi alimentari fuori casa è cresciuta del 154%. Nel 2006 si è attestata intorno ai 53 miliardi di euro e nel 1970 era poco più di 20 miliardi. In costante crescita la quota dei consumi alimentari fuori casa sul totale della spesa delle famiglie: se nel 1970 era solamente il 19% nel 2006 ha raggiunto quota 30,5%. Oggi si spendono fuori casa 30,5 centesimi di euro per ogni cento di consumi alimentari complessivi.

Cosa si dice sul “made in Italy - Il pensiero di Giandomenico Auricchio, presidente di Federalimentare
Il settore alimentare è un patrimonio da difendere. Molto si è cercato di fare per la lotta alla contraffazione per recuperare parte del mercato detenuta dai prodotti cosiddetti italian sounding. Che risultati positivi si sono raggiunti su questo fronte? Per tutelare il patrimonio alimentare italiano, è necessario il coordinamento tra il mondo delle imprese e le istituzioni. Non sono necessarie nuove norme, bisogna solo applicare quelle che già esistono. Il patrimonio alimentare italiano ammonta a 113 miliardi di euro di fatturato, tuttavia l’industria alimentare deve fare i conti con il diffuso problema dell’“italian sounding”, relativo a tutti quei cibi e quelle bevande che nel mondo vengono prodotti e venduti utilizzando in maniera impropria parole, immagini, marchi e ricette che si richiamano all’Italia. E l’“italian sounding”, la contraffazione di prodotti alimentari a marchio “made in Italy”, muove ogni anno un giro d’affari di 55 miliardi di euro.
Venendo poi ai risultati positivi ottenuti in tal senso, cito l’esempio più recente e significativo. In qualità di Presidente del Comitato per la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione di Confindustria, infatti, ho accolto con particolare entusiasmo la vittoria della Ferrero in Cina, e ritengo sia la dimostrazione di come la contraffazione, anche in un paese lontano e difficile, possa essere attaccata e vinta attraversol’applicazione delle norme attualmente in vigore”.

L’alleanza con VeronaFiere - Come la vede ParmaFiere …
Con Verona c’è stato qualche contatto per promuovere all’estero Cibus e Vinitaly insieme… All’esterno i frutti appaiono non troppo evidenti o brillanti. Come vede lo sviluppo di questa alleanza?
“In verità con Verona c’è molto di più di qualche contatto … Con VeronaFiere abbiamo già realizzato due edizioni di una manifestazione congiunta Vinitaly- Cibus in Cina, a Shanghai, e una a Mosca. Per il 2008 sono in programma le relative repliche e stiamo pensando anche ad altri appuntamenti comuni in giro per il mondo con l’intento di promuovere l’Italian Food e Wine. Non so a cosa si riferisca quando parla di “frutti non troppo evidenti o brillanti”: certamente non è stato facile “salire in corsa” su di un treno che già da diversi anni realizzava manifestazioni all’estero e comunque è sempre bene ricordare che con tutte le restrizioni doganali e di natura sanitaria è molto più difficile promuovere in giro per il mondo prodotti alimentari, che portare in giro delle casse di vino. Sono convinto che le buone relazioni sperimentate con queste iniziative congiunte all’estero, siano una buona base per ampliare a medio termine le sinergie tra Cibus e Vinitaly anche in Italia”.

Fuori Cibus - Eventi e curiosità …
Dal 5 all’8 maggio, Cibus è a Parma, rassegna internazionale dell’Italian food. Il cibo diventa veicolo straordinario per comunicare vari ambiti culturali che trovano, nel piacere di vivere, un tema inesauribile dalle molteplici sfaccettature. A Parma certamente è così, il cibo è vita, piacere di vivere, sapore schietto di tradizioni, occasione e contorno. Cibus diventa convivio, il modo più bello per pensare a un banchetto: sedersi a tavola e trovare accanto alla forchetta anche un po’ di sorrisi e pensieri. Tela di ragno per i bei momenti di autentica cultura come Le Cena di Babette, metti una sera a cena con una celebrità dello spettacolo, della letteratura, della musica… per unire il piacere della cultura al piacere del cibo, come Parma vuole.
Il 3 maggio torna “Gnam”, gastronomia nell’arte moderna e, ancora una volta Parma, capitale internazionale del Food, viene coinvolta intorno a intelligenti suggestioni, provocazioni e stimoli sul tema “Gastronomia nell’Arte Moderna”. Il progetto evidenzia la fotografia come mezzo privilegiato per la rappresentazione del cibo e dell’alimentarsi.
Dall’arte si passa al cinema - Cinema Edison d’essai (organizzate in collaborazione con la Cineteca di Bologna e “Slow Food on Film”) per una rassegna di film in cui cibo e gastronomia sono tutt’altro che secondari. Quindi, la divertente serata con Laura Delli Colli che, presentando il suo libro “Il gusto del cinema in 100 ricette”, delizierà il pubblico con suggestioni olfattive e degustazioni. E ancora, presso Academia Barilla, verranno esposte le immagini dei divi de “La dolce vita”, catturati da Marcello Geppetti.

Il bilancio - Ecco il 2007 dell’industria alimentare italiana
Produzione alimentare: 2007 in calo (– 0,6%)
Il 2007 si chiude per l’industria alimentare con un -0,6%. E’ un bilancio decisamente peggiore di quello del 2006, quando la produzione segnò un +0,8%. Il 2007 dell’industria nel suo complesso, d’altra parte, è poco migliore, con un meno 0,2%. Il 2008 si apre perciò con molta prudenza, l’industria infatti dovrà fare i conti con una produzione ancora stagnante.
Vendite: il mercato interno ristagna (+0,9%)
La stagnazione della produzione alimentare si radica nella debolezza del mercato interno. La capacità di acquisto dei consumatori infatti rimane scarsa, mentre i prezzi al consumo salgono, e deprimono ancor più il mercato, sulla spinta dei maggiori costi di produzione legati, in gran parte, all’impennata delle quotazioni dei cereali e del latte. Il settore si trova, perciò, in una “stretta” che promette di permanere almeno per tutta la prima metà del 2008.
La crescita del fatturato delle vendite alimentari del 2007 si ferma così al +0,9%, contro il +1,8% del 2006. Va sottolineato che si tratta di crescite in termini monetari, che significano, per il 2007, un’erosione in termini quantitativi prossima al -2%. Sul fronte dei canali di vendita alimentare, tiene meglio il segmento della grande distribuzione, con un incremento valutario 2007 del +1,0%, contro il +0,3% delle piccole superfici. Nell’ambito della Gdo, mostrano qualche fatica aggiuntiva gli ipermercati (+0,5%), mentre i supermercati mostrano aumenti del +1,1% e gli hard discount crescono del +1,7%. Un altro elemento, questo, che sottolinea come il fattore prezzo costituisca il parametro principale di scelta del consumatore. Non a caso molte catene distributive hanno spesso superato, durante l’anno, la soglia del 20% dei prodotti in promozione, pur di incentivare il mercato. A livello di comparti geografici, “tiene” in qualche modo solo il Nord-Ovest, con un +2,0%. Gli altri comparti oscillano tra il -0,2% del Centro, che emerge così come il comparto più critico, il +0,5% del Sud e Isole e il +0,7% del Nord-Est.
Prezzi alimentari: l’accelerazione del secondo semestre (+4,1%)
I trend dei prezzi alimentari alla produzione, e in misura minore al consumo, registrano da sempre crescite costantemente inferiori all’inflazione. La seconda parte del 2007 ha visto tuttavia accelerazioni improvvise e lo “sforamento” da parte di entrambi del tasso d’inflazione. La pressione dei maggiori costi di produzione, legata all’impennata delle quotazioni esogene di alcune commodity agricole (cereali e latte in primis), è stata incontenibile.
Al consumo i prezzi dell’alimentare trasformato sono saliti così del +4,1% nel confronto dicembre 2007/2006, mentre i prezzi alla produzione hanno registrato, in parallelo, un tasso più che doppio, pari al +9,0%. Gran parte della crescita dei prezzi alla produzione è maturata nel secondo semestre dell’anno. Basta dire che, nel periodo giugno-dicembre, essa è stata pari al +7,2%. In parallelo, l’inflazione ha registrato un aumento del +2,6% sui dodici mesi e del +1,5% negli ultimi sei mesi. La fortissima spinta dei prezzi alimentari alla produzione si lega agli aumenti marcati, nei dodici mesi, del comparto molitorio (+28,8%), dell’alimentazione animale (+19,6%), dei prodotti lattiero-caseari (+12,3%) e degli oli e grassi (+11,7%).
Il peso dell’alimentare sul paniere della spesa degli italiani rimane comunque minoritario e non superiore al 17%, anche dopo gli aumenti attuali. Va anche detto che purtroppo che i fenomeni in corso hanno innescato polemiche gratuite e accuse fuorvianti.
Export: anche nel 2007 rilancia il settore (+8%)
L’export 2007 dell’industria alimentare evidenzia un bilancio confortante. In chiusura d’anno le esportazioni del settore dovrebbero toccare infatti la quota di 18 miliardi, con aumento dell’+8% circa sul 2006, in linea con l’anno precedente, quindi l’incidenza dell’ export sul fatturato del settore ha finalmente raggiunto il 16% avvicinando la media europea del 18%.
Significative le performances all’estero di alcuni comparti. La birra è cresciuta nel periodo del +44,9%, l’alimentazione animale del +29,4%, il caffé del +16,7%, il lattiero-caseario del +15,9%, il riso del +13,6%. Ma sono riusciti a registrare dinamiche significative anche comparti già molto export-oriented (quindi dotati, in teoria, di margini inferiori di ulteriore espansione), come: la pasta (+11,6%), la trasformazione di frutta (+13,6%) e di ortaggi (+12,1%), le acque minerali e gassose (+10,0%), il dolciario (+7,4%). E, soprattutto, come il comparto leader dell’export, quello enologico, che copre oltre 1/5 dell’intero export alimentare e ha segnato un +9,0%.
In frenata gli oli e grassi, in particolare l’olio di oliva. Il comparto risente fortemente del taglio delle quotazioni internazionali, dopo i forti apprezzamenti registrati nel 2006. Ne esce così un calo marcato dell’export in valuta del comparto (-12,5%), a fronte del quale tuttavia, a dimostrazione di quanto appena detto, le quantità “tengono” e segnano anzi un leggero aumento.
A livello di sbocchi-Paese, le esportazioni hanno camminato bene in Germania. Questo mercato rafforza la sua leadership, con una quota pari al 17,8% dell’intero export alimentare di settore. Dopo la stagnazione del 2006, esso registra così un buon recupero, con un +7,1%. Seguono gli Stati Uniti che, malgrado la svalutazione del dollaro, sono risaliti dai segni negativi fra il -5% e il -10% di inizio anno su trend quasi stazionari, con un calo limitato al -1,5% e una quota pari al 12,7% dell’intero export di settore. Infine, merita una segnalazione il Regno Unito: un mercato che cammina da anni con dinamiche significative. Anche il 2007 è stato premiante oltre Manica, con un tasso di crescita dell’export a due cifre (+10,1%).
Formaggi, vini e dolci: un terzo del “made in Italy”

Formaggi, vini e dolci sono sempre al top dell’industria alimentare italiana. L’Ufficio Studi di Federalimentare presentando i primi dati relativi al fatturato 2007 dei singoli comparti alimentari, ricorda che l’industria alimentare si conferma come il secondo settore produttivo del Paese (dopo il metalmeccanico) con 113 miliardi di euro di turn over (+2,7% sul 2006), 6.500 aziende e oltre 400.000 lavoratori dipendenti.
Nella particolare classifica dell’alimentare “made in Italy”, risultano invariate le prime 5 posizioni dei settori che maggiormente incidono sul fatturato totale: Latte e Formaggi con 14,350 miliardi di euro di fatturato (12,7% del totale); Vini con 10,900 miliardi di euro di fatturato (9,6% del totale); Dolci con 10, 552 miliardi di euro di fatturato (9,4% del totale); Salumi con 7,554 miliardi di euro di fatturato (6,8% del totale); Carni bovine con 5,920 miliardi di euro di fatturato (5,2% del totale).
Da segnalare inoltre, da un lato la forte ripresa del settore avicolo che ha raggiunto i 5,300 miliardi di euro di fatturato dopo la crisi del 2006 legata al “fenomeno mediatico” aviaria e, dall’altro, il ridimensionamento dello zucchero causato dalle decisioni dell’Unione Europea in materia di Ocm zucchero.

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