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GDO & AGRICOLTURA: DALLA CIA UNA PROPOSTA DI LEGGE PER REGOLAMENTARNE LA RELATIONSHIP. 11 ARTICOLI PER USCIRE DA UNO SCENARIO FATTO DI “TROPPA CONCENTRAZIONE, ABUSO DI POTERE, RESTRIZIONI ALLA CONCORRENZA E PREZZI POCO TRASPARENTI”. FOCUS: LA LEGGE

Gdo & agricoltura: la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori lancia una proposta di legge d’inziativa popolare per regolare i rapporti tra il mondo della grande distribuzione e quello degli agricoltori, con una raccolta firme che parte oggi dal convegno di scena a Roma per illustrare l’iniziativa, che nasce sulla base di quanto avvenuto in molti Paesi Ue, come ad esempio in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, dove si è attivata da tempo una regolamentazione per organizzare al meglio la filiera agroalimentare, rendere più chiari i meccanismi di formazione del prezzo, evitare speculazioni ed eccesso di posizioni di “monopolio. Undici articoli per regolamentare la difficile relationship fra grande distribuzione e agricoltura, in uno scenario che per la confederazione è fatto di “troppa concentrazione, abuso di potere, restrizioni alla concorrenza, prezzi poco trasparenti”.
“Obiettivo della nostra iniziativa - sottolinea il presidente della Cia, Giuseppe Politi - è quello di riequilibrare, migliorare e regolamentare questi rapporti. Oggi esistono diffusi e gravi problemi che penalizzano soprattutto il mondo agricolo: le pratiche contrattuali sleali come i pagamenti tardivi, le modifiche unilaterali dei contratti, il versamento di anticipi per accedere alle trattative, le restrizioni dell’accesso al mercato, l’assenza di informazioni sulla formazione dei prezzi e la distribuzione dei margini di profitto lungo la filiera alimentare, le vendite promozionali e sottocosto”. Nelle transazioni commerciali tra agricoltori e imprese della Gdo, molti pagamenti, è stato evidenziato durante il convegno della Cia, sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto, se esistente, o stabilito nelle condizioni generali e nelle buone prassi che regolano gli scambi. Questi ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese agricole, compromettendo anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere a un finanziamento esterno a causa dei ritardi dei pagamenti. Il rischio aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile.
“Il processo di forte concentrazione delle catene della grande distribuzione - spiega Politi - accompagnato dall’emergere di un numero molto esiguo di centrali d’acquisto e, dall’altro, dal permanere di una moltitudine di fornitori, costituiti da piccole e medie imprese, ha determinato - rileva Politi - una situazione di profondo squilibrio nelle relazioni commerciali tra fornitori e distributori”. La globalizzazione e i processi di concentrazione, soprattutto a livello di commercio al dettaglio, hanno condotto a una situazione di squilibrio tra i diversi soggetti operanti nella catena di distribuzione alimentare. La realtà odierna, è stato detto nel corso dell’incontro della Cia, è caratterizzata da una forte concentrazione delle imprese della distribuzione commerciale. Gli squilibri contrattuali e il diverso potere negoziale hanno ripercussioni negative sulla competitività della filiera alimentare, giacché operatori piccoli ma efficienti possono trovarsi costretti a operare con margini di profitto ridotti, il che ne limita la capacità e l’incentivazione a investire per migliorare la qualità del prodotto e innovare i processi di produzione. “Da qui nasce la nostra iniziativa legislativa, che si svilupperà, fin dai prossimi giorni, con la raccolta di firme su tutto il territorio nazionale. Vogliamo - sottolinea il presidente della Cia- coinvolgere la società, i cittadini su una questione di grande importanza che non interessa soltanto gli agricoltori, ma anche i consumatori”.
L’attuale situazione, sottolinea la Cia, è emblematica di uno scenario che vede proprio nell’agricoltore l’anello più debole della filiera agroalimentare. Nell’Ue la quota del valore aggiunto agricolo della filiera alimentare è scesa dal 31% nel 1995 all’attuale 24%. E i dati per i prossimi anni mostrano una nuova diminuzione dei guadagni degli agricoltori a fronte di un aumento costante dei margini dei trasformatori, dei commercianti all’ingrosso e dei dettaglianti, nonché degli operatori economici esterni alla filiera alimentare. Il reddito medio degli agricoltori europei è diminuito di oltre il 12% nel 2009. In Italia il quadro è nettamente peggiore. Negli ultimi tre anni si è avuto un calo superiore al 25%. Pertanto, le imprese agricole non traggono più un’entrata remunerativa dal loro lavoro e, ciononostante, proprio i produttori agricoli e il settore agroalimentare continuano a dover produrre alimenti nel rispetto di rigorosi standard qualitativi e a prezzi accessibili per i consumatori, in conformità con gli obiettivi stabiliti dalla Pac. Negli ultimi anni, è stato ricordato nell’incontro Cia, la catena alimentare è stata al centro dell’attenzione delle istituzioni nazionali e comunitarie. In particolare, l’indagine conoscitiva sul settore della grande distribuzione organizzata, avviata dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), le raccomandazioni del Gruppo di alto livello sulla competitività dell’industria alimentare, le comunicazioni della Commissione Ue e del Parlamento europeo sul funzionamento della filiera alimentare in Europa hanno avanzato proposte di iniziativa legislativa. Da ultimo, la legge 11 novembre 2011 n. 180, “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”, delega il governo ad adottare entro il 2012 un decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2011/7/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
“Il malfunzionamento della catena alimentare - aggiunge Politi - può essere efficacemente affrontato mediante interventi legislativi che, tuttavia, non sono esaustivi: per questo puntiamo principalmente su tre aspetti: il primo è la trasparenza delle relazioni contrattuali e dei meccanismi di formazione dei prezzi; il secondo è il rafforzamento delle organizzazioni economiche degli agricoltori e degli strumenti di governo dell’offerta e di gestione dei rischi di mercato (aspetto non trattato nella proposta di legge); il terzo è un quadro normativo che permetta il funzionamento di accordi di autoregolamentazione volontari. È, comunque, nell’interesse di tutti migliorare i rapporti tra mondo produttivo agricolo e grande distribuzione. La Cia, sulla base di quanto è avvenuto, in molti paesi Ue, come per esempio in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, si è attivata da tempo - afferma il presidente Politi - per cercare di organizzare al meglio la filiera agroalimentare, rendere più trasparenti i meccanismi di formazione del prezzo, evitare speculazioni ed eccesso di posizione dominante. I principi guida della nostra iniziativa riguardano la centralità del produttore agricolo e del consumatore, la libertà contrattuale, la correttezza nelle relazioni, la legalità e la responsabilità sociale; l’equa ripartizione del valore lungo l’intera filiera agroalimentare. Con la proposta di legge, insomma, vogliamo dare risposte serie e puntuali - conclude Politi - rafforzando il ruolo dell’agricoltura e venendo incontro alle nuove esigenze dei cittadini italiani”.

Focus - La proposta di legge della Cia: 11 articoli per un rapporto regolato ed equilibrato tra Gdo e agricoltori
La proposta di legge di iniziativa popolare della Cia per regolare i rapporti tra agricoltura e Grande distribuzione organizzata si compone di 11 articoli:
Articolo 1: indica come finalità della proposta la fissazione di regole per le relazioni commerciali tra imprese agricole e Gdo allo scopo di assicurare il corretto funzionamento del mercato e favorire la competitività delle aziende.
Articolo 2: contiene le definizioni di prodotti agricoli deperibili oggetto della legge, inserendo nella lista redatta dal ministero delle Attività produttive anche gli oli extravergine di oliva; le definizione di Gdo secondo il D.Lgs. n.114/1998 e di imprenditore agricolo secondo l’articolo 2135 c.c.
Articolo 3: prevede l’istituzione di una Commissione per la trasparenza con il compito di monitorare le pratiche commerciali e formulare raccomandazioni e proposte sulle questioni che riguardano i rapporti contrattuali tra agricoltori e imprese della grande distribuzione. La Commissione è composta da rappresentanti delle organizzazioni della filiera, dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole, dell’Atitrust. In caso di segnalazioni di ripetute violazioni delle norme, la Commissione si rivolge all’Autorità competente.
Articolo 4: insediamento dell’Osservatorio dei prezzi dei prodotti alimentari. L’Osservatorio è sia strumento di conoscenza dell’andamento dei prezzi lungo la catena alimentare, sia supporto alla Commissione per la trasparenza per la segnalazione di andamenti anomali dei prezzi.
Articolo 5: l’obbligatorietà del contratto scritto nelle operazioni di vendita tra agricoltori e imprese della grande distribuzione. L’obbligo può discendere o da un accordo interprofessionale o, in assenza, da decisione congiunta dei ministeri delle Politiche agricole, agroalimentari e forestali e dello Sviluppo economico. Gli stessi ministeri, su proposta della Commissione per la trasparenza, definiscono la lista dei prodotti oggetto di contratto e lo schema di contratto tipo. Sempre l’articolo 5 stabilisce i contenuti dei contratti, che debbono essere adattati alle caratteristiche dei prodotti, la durata minima, da 1 a 5 anni, 3 per gli ortofrutticoli, e le sanzioni in caso di violazione dell’obbligo. È previsto, inoltre, che i contratti individuali debbano obbligatoriamente essere sostituiti da un contratto collettivo quando 2/3 dei produttori agricoli cedono con contratto individuale il proprio prodotto alla medesima impresa della distribuzione commerciale.
Articolo 6: stabilisce il divieto di abuso di dipendenza economica, secondo la legge n. 192/1998, e la nullità delle clausole inique inserite nei contratti di vendita. Il ministero dello Sviluppo economico redige il catalogo delle pratiche di mercato sleali che configurano abuso di dipendenza economica e delle clausole inique e ne prevede l’espresso divieto o nullità se inserite nei contratti; lo stesso ministero elabora codici di buone prassi commerciali per la filiera alimentare, comprendenti meccanismi di denuncia e sanzioni per le prassi sleali, al fine di riequilibrare le relazioni nella filiera alimentare.
Articolo 7: prevede che il contratto pluriennale stipulato tra organizzazioni di produttori agricoli e imprese della grande distribuzione sia assimilato a un contratto di rete con il quale più imprenditori stipulano un accordo obbligandosi, sulla base di un programma comune, a collaborare in forma predeterminata nell’esercizio delle rispettive attività d’impresa. Nella proposta di legge, infatti, il contratto non prevede solo un impegno di vendita/acquisto, ma si estende a funzioni d’impresa: caratteristiche qualitative, servizi, condizionamento e modalità di consegna, ecc. Alle imprese che sottoscrivono il contratto pluriennale si estendono, dunque, i vantaggi previsti per le reti d’impresa.
Articolo 8: regola la composizione delle controversie insorte nell’esecuzione dei contratti rinviando alle Commissioni arbitrali istituite presso le Camere di commercio. Riprendendo quanto previsto dalla legge n. 180/2011, l’articolo riconosce alle Associazioni di categoria degli imprenditori il diritto di proporre azioni in giudizio richiedendo al giudice competente di accertare se sussistano le condizioni di abuso di posizione dominante e se le clausole contrattuali o le prassi siano gravemente inique; di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate e per impedire il ricorso continuo a clausole contrattuali e prassi gravemente inique.
Articolo 9: stabilisce, infatti, il divieto delle vendite sottocosto in assenza di un codice di autoregolamentazione delle stesse tra le organizzazioni delle imprese agricole e della grande distribuzione, peraltro previsto dal D.Lgs n. 114/1998.
Articolo 10: stabilisce che, in presenza o in previsione di crisi congiunturale dei mercati o situazioni chiaramente anomale in un determinato settore, possono essere adottate misure temporanee di disciplina dei prezzi, della durata non superiore a tre mesi: la fissazione di un coefficiente moltiplicatore tra prezzi all’origine e prezzi di vendita al dettaglio dei prodotti agricoli; in alternativa, la stipula di un accordo che preveda misure di contenimento dei margini di distribuzione intesi come differenza, al netto delle imposte, dei prezzi all’origine e dei prezzi di vendita al dettaglio.
Articolo 11: contiene la norma finanziaria con la quale si precisa che la legge non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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