Gli italiani sono sempre più attenti al valore del prodotto, ma non ad ogni costo: il 73% dichiara che vi porrà maggior attenzione, anche considerando il prezzo, mentre il 56% afferma di comprare prodotti a marchio solo quando sono in saldo o promozione. Al carovita, quindi, si risponde con un’attenzione più marcata verso scelte maggiormente economiche e dall’elevata qualità percepita. Non stupisce perciò che, in questo contesto, le marche del distributore (Mdd) stiano acquistando terreno con oltre la metà dei consumatori che le considera un’alternativa valida, grazie a una migliore visibilità sugli scaffali e una percezione di qualità comparabile. Sono alcune delle evidenze venute fuori dal Future Consumer Index 2025 di Ernst & Young, nell’edizione 2025 del “Food Retail Show”, organizzato da Gruppo Food, ed ormai un appuntamento di riferimento per l’intera community del food & beverage, che riunisce allo stesso tavolo le due anime del comparto, l’industria e la distribuzione, di scena ieri a Milano.
Sempre stando alle rilevazioni Ernst & Young, il 41% dei consumatori cambia marchio se quello preferito non è disponibile, il 21% lo fa se il prezzo diventa troppo alto e il 75% se non percepisce differenze di qualità. Solo il 29%, pertanto, si può considerare un vero e proprio brand loyalist.
“Come l’entropia in un sistema fisico, anche nel grocery italiano la mancanza di loyalty aumenta se non viene contrastata - ha sottolineato Marco Pellicci di L-founders of Loyalty Italia - è qui che entrano in gioco le campagne di fidelizzazione: dove c’è strategia, c’è ritorno. Basti pensare che, stando alle rilevazioni effettuate con NielsenIq, le 16 campagne di loyalty condotte da 8 gruppi della Gdo italiana dall’inizio del 2024 ad oggi hanno generato un valore di 630 milioni di euro di revenue incrementale. E quando questi programmi si legano alle comunità di riferimento, l’impatto cresce ulteriormente. La fedeltà, quindi, non si eredita: si costruisce e si alimenta, per ottenere risultati misurabili e di valore sia nel breve che nel lungo termine”.
Ma l’edizione 2025 ha messo in luce anche un cambio di paradigma ormai irreversibile: industria e distribuzione non sono più attori contrapposti, ma partner chiamati a condividere dati, obiettivi e responsabilità. In un contesto segnato da inflazione, instabilità e cambiamenti nei comportamenti d’acquisto, la collaborazione è la chiave per costruire valore lungo l’intera filiera. Come per esempio l’iniziativa “Value for Food”, nata tre anni fa e che rappresenta un esempio concreto di partnership virtuosa attraverso un ecosistema che unisce oltre 70 realtà del comparto di diversa natura operanti nel settore (da aziende di marca a distributori, operatori agribusiness, logistici, start up ed enti di ricerca) per generare benefici condivisi: “un modello collaborativo più integrato che potrebbe liberare fino a 520 milioni di euro di efficienze economiche attraverso logistica ottimizzata, riduzione degli sprechi e maggiore disponibilità dei prodotti a scaffale - ha spiegato Riccardo Passerini di Ernst & Young Italia - “ Value For Food” si conferma come iniziativa di riferimento per la filiera agroalimentare italiana, capace di generare valore attraverso innovazione, collaborazione e sostenibilità. I risultati concreti ottenuti e le prospettive di crescita testimoniano l’impatto positivo di un approccio integrato e condiviso, che mette al centro il consumatore, la qualità e il futuro del settore”. A tal proposito sono stati ideati ed eseguiti tre progetti pilota, per ottimizzare la catena del valore di filiera complessiva, con risultati incoraggianti come raccontato da Eugenio Pieretti di Number 1 Logistics Group: “-24% riduzione delle ore di scarico, -21% riduzione dei costi medi di ri-consegna ogni mese, +2% il miglioramento nella puntualità delle consegne e un +3% di incremento della saturazione dei viaggi”.
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