Contro i tagli alla Pac, conto il Fondo Unico, contro un accordo con il Mercorsur senza garanzie e clausole di reciprocità (e su cui nella tarda serata di ieri Consiglio e Parlamento Ue hanno trovato un accordo rispetto al testo della Commissione, ndr), e per chiedere politiche chiare, forti, ben finanziate e che consentano alle imprese agricole italiane ed europee di affrontare le sfide del futuro a livello economico, sociale, geopolitico, ambientale, climatico e non solo: per questo, oggi, oltre 40 organizzazioni agricole di tutta l’Unione Europea, con la regia del Copa-Cogeca, e tra cui le italiane Confagricoltura, Coldiretti, Fedagripesca-Confcooperative, Cia-Agricoltori Italiani e Legacoop Agroalimentare, sono scese in piazza a Bruxelles, in occasione del Consiglio Ue, per manifestare il proprio dissenso per le prospettive per il settore presentate, nei giorni scorsi, dalla Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen. Mentre diverse organizzazioni ambientaliste, Wwf in testa, protestano perché la sia la Pac, attuale e futura, sia la protesta delle organizzazioni agricole non tiene conto, secondo loro, della questione ambientale (vedi focus).
“Oggi abbiamo rimarcato alla presidente von der Leyen perché siamo in piazza. Da tempo - ha detto il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - diciamo che l’agricoltura è asset strategico per l’Europa, e allora come tale va gestito, sia in termini di budget sia come visione generale. Noi agricoltori oggi garantiamo la sicurezza alimentare, il mercato Europeo è il più grande al mondo, e non possiamo aprirlo a chiunque voglia arrivare senza avere i nostri stessi standard di produzione. Abbiamo investito molto in questi anni, e oggi vogliamo reciprocità in tutti gli accordi commerciali. E chiediamo migliori leggi, non deregolamentazioni, che ci consentano di fare gli imprenditori agricoli. Oggi la situazione geopolitica, il cambiamento climatico e le sfide che ci attendono, in generale, chiedono politiche forti e ben finanziate, ma soprattutto politiche che guardino a tenere l’Europa unita. Quello che chiediamo è di riunirci intorno ai valori del padri fondatori, che intorno all’agricoltura fecero nascere l’Unione Europea”.
“Per salvare l’agricoltura europea e la sicurezza alimentare di 400 milioni di cittadini occorre mandare via i tecnocrati che condizionano un’Unione Europea sempre più lontana dai cittadini e pericolosamente vicina alla sua implosione”, dicono gli agricoltori di Coldiretti, al grido di “Non è questa l’Europa che vogliamo”, “per denunciare la deriva autocratica imposta da von der Leyen, che vuole togliere risorse alle imprese agricole e al cibo sano per finanziare i carri armati, minando, così, anche la salute dei cittadini consumatori. Un piano che appare come un attacco alle fondamenta della sovranità alimentare dell’intero continente, in un momento in cui tutte le altre potenze investono sempre di più nell’agricoltura, ritenuta da tutti - tranne che dall’Europa - una risorsa strategica”. Per Coldiretti, “von der Leyen non è assolutamente in grado di gestire il ruolo istituzionale che ricopre, e oggi c’è un grande bisogno di Europa, ma di un’Europa diversa, più coraggiosa, meno ideologica e più vicina ai problemi reali”. Tra i punti fondamentali della protesta, come detto, la riduzione del 25% dei fondi della Politica Agricola Comune (Pac) dal 2028, e della sua “diluizione” in un Fondo Unico. “Per l’Italia si tratta di un taglio netto di 9 miliardi di euro, che salgono a 90 se si considera l’intera Ue. Una decisione irresponsabile di von der Leyen - dice Coldiretti - che provocherà il tracollo della produzione agroalimentare europea, favorendo un boom di importazioni da Paesi come quelli del Mercosur, privi degli stessi standard su utilizzo di pesticidi, protezione ambientale e diritti dei lavoratori. Quello del Mercosur, infatti, è un accordo ancora denso di lacune che non vengono sanate neppure dagli emendamenti recentemente approvati dal Parlamento Europeo e che - secondo Coldiretti - potrà essere approvato solo dopo l’introduzione reale e vincolante dei principi di salvaguardia e di piena reciprocità, e non di clausole formali o strumentali”. “Von der Leyen go home”, “Contro i contadini non si governa”, “Affamate chi vi sfama”, “Fuori gli autocrati dall’Europa”, “A Bruxelles si taglia, nei campi si chiude”, alcuni degli slogan della manifestazione. “Le guerre e i conflitti commerciali di questi ultimi anni hanno fatto emergere la centralità del cibo e la necessità di sviluppare filiere agroalimentari quasi autonome. La Cina, nell’ultimo vertice esteso a Russia, India e Brasile, ha posto la filiera alimentare al top delle priorità. Gli Usa, con il Farm Bill, destinano all’agricoltura risorse quadruple rispetto all’Europa - ha sottolineato il presidente Coldiretti Ettore Prandini - e l’Ue? Taglia i fondi in maniera folle: 90 miliardi di euro in meno, 9 miliardi solo per l’Italia. Von der Leyen, così, impedisce di produrre cibo di qualità per la salute degli europei e di potenziare le esportazioni. Gli altri Paesi agiscono per salvaguardare le proprie produzioni, mentre l’Europa è oggi incapace di proteggere i suoi settori chiave. Senza investimenti perderemo competitività, innovazione e slancio vitale. Da un lato l’Ue favorisce l’ingresso di prodotti coltivati con pesticidi e sfruttamento del lavoro, dall’altro massacra le nostre aziende con la burocrazia, accanendosi spesso su chi è più debole. Non siamo contro gli accordi commerciali, ma servono reciprocità e regole uguali per tutti”. “Noi siamo europeisti per vocazione, non esiste un altro settore produttivo, in Italia, che abbia avuto più dell’agricoltura e dell’agroalimentare un rapporto così profondo e continuativo con il meccanismo europeo - ha ricordato il segretario generale Coldiretti Vincenzo Gesmundo - ma questa Europa ha bisogno di uscire dal coma in cui la stanno gettando i tecnocrati. Possiamo essere felici di un’Europa che sottrae 90 miliardi di euro ai contadini per darli alla Germania, per costruire nuovi carri armati e per finanziare la riconversione industriale? Diciamo no al furto dei fondi degli agricoltori per pagare bombe e carri armati. Ci battiamo contro la deriva autocratica di una Commissione che ha completamente marginalizzato il Parlamento, eletto dai cittadini, e ostracizza corpi intermedi, rappresentanze e sindacati, reputati ancoraggi democratici che ne intralciano il percorso. Serve un’Europa diversa”. Per l’occasione Coldiretti ha diffuso un manifesto programmatico che inizia con un netto no al Fondo Unico Agricolo: “servono risorse certe e regole distinte per la Pac, per garantire sicurezza agli agricoltori e cibo di qualità ai cittadini consumatori. Serve anche l’abrogazione della regola dell’origine del codice doganale e l’etichettatura obbligatoria con indicazione del Paese di provenienza, per fermare l’inganno sul cibo ai danni dei consumatori”. Coldiretti denuncia anche la burocrazia Ue che schiaccia le aziende agricole. L’associazione richiede maggiori risorse per sostenere il reddito agricolo, garantendo cibo buono e distintivo contro l’aumento degli ultra-processati, causa di malattie croniche. Propone progetti territoriali con mercati contadini, scuole e mense per promuovere stili alimentari sani basati su prodotti naturali e locali. E, considerato che gli agricoltori sono i custodi dell’ambiente, servono risorse dedicate alle aree interne e montane per conservare il territorio.
Ma “non c’è solo il grave problema del taglio di oltre il 20% di risorse al comparto, che resta inaccettabile. Ci preoccupa allo stesso modo la totale assenza di una visione strategica da parte della Commissione che di fatto sceglie di delegare a 27 singoli Stati la politica agricola, l’unica vera politica comune che è stata realizzata da quando esiste l’Europa unita. Una totale assenza di visione, che si riflette anche nella scelta di non prevedere più un sostegno specifico agli investimenti in innovazione, vera leva della competitività e del futuro del comparto”, dice, dal canto suo, il presidente Fedagripesca Confcooperative, Raffaele Drei sui temi al centro della partecipazione della Federazione alla manifestazione di protesta in corso oggi a Bruxelles in occasione della riunione del Consiglio Agricolo. “Siamo qui - prosegue Drei - per denunciare una proposta di riforma della Pac che non ci convince, caratterizzata da una grave mancanza di chiarezza sulle risorse destinate agli investimenti strategici per la competitività e l’innovazione delle imprese agricole. Se da un lato restano, seppur ridimensionate, le misure di sostegno al reddito, dall’altro non emerge alcuna reale volontà della Commissione di continuare a sostenere in modo strutturato la competitività delle filiere produttive - sottolinea il presidente delle Cooperative - una criticità che colpisce in modo particolare i comparti a forte vocazione organizzata e di mercato, come ortofrutta, vino e olio, oggi messi seriamente a rischio. Non vi è alcuna garanzia di budget né un quadro regolatorio chiaro per gli interventi settoriali, strumenti che hanno dimostrato negli anni di essere essenziali per rafforzare l’organizzazione dell’offerta, sostenere gli investimenti e affrontare le crisi di mercato. In una fase di forte turbativa dei mercati internazionali, di crescente instabilità geopolitica e di pressione competitiva, le imprese agricole e le filiere cooperative hanno bisogno di certezze, non di incertezze. Senza regole chiare e risorse garantite, diventa impossibile programmare investimenti, innovare e competere efficacemente sia sui mercati nazionali che su quelli esteri”. Drei evidenzia, inoltre, come “il secondo pilastro dell’attuale Pac, dedicato in particolare al sostegno agli investimenti, all’innovazione e alla competitività, che ha visto risorse dedicate di oltre 9 miliardi, non trovi una reale corrispondenza nella nuova proposta della Commissione. Le misure a sostegno delle filiere, dell’innovazione e degli investimenti non hanno alcuna garanzia di continuità, compromettendo la capacità delle imprese di guardare al futuro”. Ma criticità ci sono anche sulla nuova proposta della Commissione per quanto riguarda la pesca e l’acquacoltura. “La drastica riduzione delle risorse nel nuovo bilancio Ue conferma l’assenza di una strategia per le filiere agroalimentari - dichiara Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative Fedagripesca - per il periodo 2028-2034 i fondi per la pesca professionale scendono da circa 6,1 miliardi di euro a poco più di 2 miliardi, con un taglio del 67%. Una scelta incomprensibile - prosegue Tiozzo - per un comparto che garantisce circa 350.000 occupati diretti e 37 miliardi di euro di fatturato annuo, già colpito negli ultimi anni da calo produttivo, aumento dei costi e impatti climatici. Senza risorse dedicate a investimenti e innovazione, cresce il rischio di perdere competitività e di aumentare ulteriormente la dipendenza dalle importazioni, che in Italia coprono già circa tre quarti dei consumi. La confluenza delle misure in un Fondo Unico rischia infine di diluire gli strumenti specifici per pesca e acquacoltura, compromettendo competitività, innovazione e resilienza delle imprese. Chiediamo con urgenza alle istituzioni comunitarie di rivedere questa proposta, ripristinando risorse dedicate e adeguate, per garantire un futuro sostenibile e competitivo al settore”, conclude Tiozzo.
“Siamo in piazza per dire no a un’Europa che svende l’agricoltura, mette le armi davanti al cibo, compromette la sicurezza alimentare dell’Unione e rischia di far chiudere, solo in Italia, oltre 270.000 aziende del settore. È inaccettabile: o arriva una scossa politica forte e un cambio di rotta deciso o si condanna il nostro futuro”, sostiene anche il presidente Cia-Agricoltori Italiani Cristiano Fini, con la delegazione Cia, riunita sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, con cartelli che parlano chiaro: “Pac post 2027: non è una riforma, è la fine dell’agricoltura”, “Agricoltori senza Pac, Europa senza cibo” e “Terra chiama Ursula, la sicurezza siamo noi”. Per un allarme che, sottolinea la Cia, non è solo politico, ma supportato da dati concreti. “Secondo le stime Cia, infatti, se confermata, la proposta di riforma della Pac post 2027 con meno risorse e un Fondo Unico potrebbe avere effetti devastanti per l’agricoltura italiana, mettendo a rischio la sopravvivenza di 270.000 aziende del settore, pari a quasi un terzo del totale (31,65%), a partire dalle più piccole e vulnerabili. Le conseguenze sarebbero diffuse su tutto il territorio: -26% al Nord, -33% al Centro e fino al -51% al Sud, colpendo in modo particolare le aree rurali e interne e aggravando divari economici e sociali già profondi. Guardando ai singoli comparti, il prezzo più alto ricadrebbe sui seminativi (-64%), sull’olivicoltura (-27%) e sulla zootecnia (-5%)”. “Non è una riforma tecnica, è un vero e proprio cambio di paradigma - ha evidenziato il presidente Cia-Agricoltori Italiani - la Pac è la politica più antica, più solida e più europea che esista. Ha garantito per oltre 50 anni stabilità, reddito, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Smantellarla significa indebolire l’Europa”. Una scelta che appare ancora più miope e pericolosa se letta nel contesto globale. “Non possiamo permetterci che l’Ue disinvesta sull’agricoltura - ha sottolineato Fini - mentre gli altri grandi attori mondiali, dagli Stati Uniti alla Cina, stanziano risorse sempre più importanti a difesa e sostegno del settore primario. Quella che arriva oggi non è una protesta di categoria, ma un richiamo politico a tutte le istituzioni Ue. La Pac non è il passato dell’Europa, è una scelta strategica per il suo futuro - ha concluso il presidente di Cia - senza una politica agricola forte e autonoma non c’è cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Ora è il momento che Bruxelles stia dalla nostra parte e scelga davvero di essere alleata di chi produce. Noi non ci fermeremo qui: continueremo a far sentire la nostra voce, con determinazione e senza arretrare di un passo”.
“Siamo arrabbiati e vogliamo essere ascoltati. Non vogliamo essere presi in giro. Non vogliamo una proposta della Commissione Europea come questa, con minori risorse, con minore autonomia strategica alimentare e con la frammentazione tra i Paesi e la rinuncia al ruolo leader nel mondo - ha aggiunto il presidente Legacoop Agroalimentare Cristian Maretti - davanti a noi abbiamo sfide enormi dal punto di vista tecnologico ed organizzativo, sfide che dobbiamo affrontare con spirito unitario e cooperativo perché da soli non abbiamo alcuna possibilità di vincere. E dopo oggi vogliamo tornare alle nostre imprese ed alle nostre cooperative con la certezza di poter continuare a fare il nostro lavoro per noi e per tutti i cittadini europei. Noi, oggi non volevamo essere qui, dopo le belle parole, la nuova visione, il lavoro di nuovi comitati non credevamo di aver il dovere di essere. E, invece, abbiamo lasciato le nostre stalle, i nostri campi, i nostri boschi ed i nostri pescherecci per essere qui. Siamo a Bruxelles perché il quadro regolamentare europeo riguarda direttamente le attività agricole, di trasformazione, di pesca e di acquacoltura che le nostre cooperative e i nostri soci svolgono quotidianamente. Oggi queste attività sono sempre più messe in pericolo. Nelle proposte della Commissione sulle politiche agricole e della pesca riscontriamo una profonda insoddisfazione: non si tiene conto delle reali necessità del settore e, soprattutto, non viene riconosciuto un budget adeguato al ruolo fondamentale e strategico che agricoltura e pesca hanno per il continente europeo. E perché crediamo in una Unione europea più forte grazie ad un settore primario fondamentale e da salvaguardare per tutto il sistema agroalimentare del continente. Una iniziativa, questa di oggi a Bruxelles, nella quale crediamo profondamente tanto che la presidenza agroalimentare ha approvato un ordine del giorno a sostegno della manifestazione”.
Focus - La protesta delle associazioni italiane, ambientaliste, dei consumatori utenti e produttori biologici
Ma in piazza, oggi a Bruxelles, oltre alle organizzazioni agricole, ci sono anche quelle ambientaliste, dei consumatori utenti e produttori biologici (tra cui Wwf, Associazione per l’Agricol Biodinamica, Aida, Acu, Ciwf Italia, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali e Up Bio), che protestavano sia contro la Commissione Ue che contro la visione, in parte degli stessi agricoltori.
“Le maggiori organizzazioni agricole italiane, insieme a quelle degli altri Paesi europei, si ritroveranno oggi a Bruxelles - spiega una nota diffusa dal Wwf - per manifestare il loro dissenso sulla proposta di riforma della Politica Agricola Comune (Pac) presentata nel mese di luglio dalla Commissione Europea. L’annunciato taglio del 23% del budget assegnato all’agricoltura nel nuovo quadro finanziario europeo 2028-2034 e la previsione della confluenza di questo budget in un Fondo Unico, insieme ad altre politiche, sono i principali motivi della protesta degli agricoltori. Nove associazioni italiane, ambientaliste, dei consumatori utenti e produttori biologici, sottolineano come i rappresentanti degli agricoltori continuino ad ignorare i fallimenti di questa politica di settore che impegna oggi la percentuale più alta del bilancio europeo (32% del totale). La Pac ha, infatti, clamorosamente fallito i suoi obiettivi per una reale sostenibilità ambientale e sociale, ma anche l’obiettivo della sostenibilità economica per molte aziende agricole. Il numero di aziende agricole in Italia è in costante diminuzione da decenni, a causa di fattori strutturali ed economici che rendono difficile la sopravvivenza delle piccole e medie imprese, spesso assorbite da realtà più grandi. Rispetto al 1982, l’agricoltura italiana - spiega la nota - ha perso quasi due terzi delle aziende, con una riduzione di oltre il 30% nel decennio 2010-2020. Oltre alla pressione della competizione nazionale e internazionale, le piccole imprese agricole devono affrontare l’aumento dei costi energetici, dei carburanti, dei mangimi, dei fertilizzanti e delle attrezzature, che negli ultimi anni ha inciso pesantemente sulla sostenibilità economica del settore. Nel frattempo l’agricoltura europea continua a esercitare forti pressioni sugli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e marini, con ripercussioni dirette sulla stessa capacità produttiva delle aziende agricole. La produzione animale, specie quella intensiva, emerge come il settore con gli impatti più elevati in termini di consumo di suolo, emissioni di gas serra e perdita di biodiversità. Il Rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (Eea) pubblicato nel mese di ottobre ha evidenziato le responsabilità dell’agricoltura nel declino della biodiversità, lo stress idrico e la crisi climatica. Più dell’80% degli habitat protetti è in cattivo stato, il 60-70% dei suoli è degradato e l’uso di risorse naturali dell’Europa supera di 1,5 volte la sua biocapacità. Le risorse idriche dell’Europa sono sotto forte pressione, con lo stress idrico che colpisce attualmente il 30% del territorio europeo e il 34% della popolazione. A complicare ulteriormente la situazione ci sono gli eventi climatici estremi, come siccità, alluvioni e gelate improvvise, che stanno diventando sempre più imprevedibili e mettono a dura prova il settore primario, riducendo la produttività e aumentando l’incertezza per gli agricoltori. La Pac, condizionata dagli interessi delle potenti corporazioni agricole e dall’industria dell’agrochimica, avrebbe dovuto offrire agli agricoltori europei soluzioni per tutti questi problemi, ma nella realtà è risultata essere inefficace e iniqua. Il 60% delle risorse finanziarie impegnate negli ultimi anni sono state assegnate al 20% delle aziende agricole, sulla base del criterio prevalente della superficie agricola utilizzata. Una rendita fondiaria che ha favorito le grandi aziende agricole e penalizzato le piccole. Per il periodo 2023-2027 la Pac ha un budget totale di circa 387 miliardi di euro, gestiti dagli Stati membri tramite i Piani Strategici Nazionali (Psp). Dall’inizio del 2024, nonostante questo ingente investimento pubblico, sono stati progressivamente cancellati gli impegni richiesti agli agricoltori per la tutela dell’ambiente, rispondenti alla logica nel tempo affermatasi in questa politica di riconoscere all’agricoltura un ruolo di gestione di beni pubblici. In nome della semplificazione burocratica sono state eliminate le buone pratiche agronomiche e ambientali che avrebbero dovuto contribuire a fermare la perdita della biodiversità e ridurre gli effetti negativi del cambiamento climatico. Un’opera di demolizione che la Commissione Europea sta proseguendo con i provvedimenti Omnibus per l’ambiente e l’agricoltura che portano ad una pericolosa riduzione delle garanzie per la tutela dell’ambiente e della salute dei consumatori. Proprio questa settimana il Parlamento Europeo ha dato il via libera al Pacchetto Semplificazione Pac che indebolisce la condizionalità ambientale. Nello stesso giorno è stato presentato il Pacchetto Omnibus VI che prevede una deregolamentazione della normativa europea sui pesticidi”, continuano le organizzazioni ambientaliste. Secondo le quali “le istituzioni europee, Commissione, Consiglio e Parlamento, stanno demolendo le norme a tutela dell’ambiente per accogliere le richieste delle organizzazioni agricole e per attenuare il malcontento degli agricoltori causato dall’annunciato taglio delle risorse finanziarie destinate alla Pac per la futura programmazione 2028-2034. Un taglio netto del 23% rispetto alle risorse assegnate nell’ultimo periodo di programmazione, che dovrebbe essere in parte compensato dalla possibilità di risorse aggiuntive per lo Sviluppo Rurale. Al di là dell’annunciato taglio delle risorse, i cambiamenti previsti dalla Commissione nelle regole della Pac non risolveranno i problemi strutturali di questa politica, che resterà iniqua e inefficace. Il criterio della superficie agricola utilizzata per quantificare i pagamenti alle aziende agricole resterà prevalente, mentre continueranno ad essere del tutto ignorati il valore del lavoro nella produzione ed il potenziale degli interventi per la tutela dell’ambiente e del clima”.
Per le nove associazioni italiane, dunque, “non sorprende che la protesta delle organizzazioni agricole ignori completamente questi aspetti della riforma e si focalizz, invece, solo sul taglio delle risorse, consapevoli che per il resto nulla cambierà, salvo proprio una drastica riduzione degli impegni richiesti agli agricoltori per la tutela dei beni pubblici, suolo, acqua, aria e biodiversità, che continueranno ad essere degradati da modelli di produzione intensivi e insostenibili, aumentando anche i rischi per la salute dei cittadini. A tutto questo si aggiunge il fallimento di una politica comunitaria che rinnega il valore dello sviluppo delle aree rurali e la sua ottica di sistema nella ricerca di soluzioni per garantire salvaguardia, vivibilità e benessere di una parte fondamentale del territorio europeo. Una logica settoriale e miope continua in realtà a dominare pur nella ristrettezza delle risorse a disposizione, acuendone le ricadute negative”.
Per questi motivi, conclude al nota, “le nove associazioni italiane denunciano la retorica che accompagnerà la manifestazione europea delle organizzazioni agricole in difesa delle immotivate rendite e privilegi garantiti dalla Pac e chiedono ai decisori politici europei una seria ed approfondita analisi delle cause del fallimento di questa politica, e di riprendere il sentiero di una sua riforma radicale, che affronti seriamente i problemi dell’agricoltura europea e torni ad una visione di sistema nel sostegno ai sistemi agroalimentari e alle aree rurali. Chiedono il rispetto degli impegni assunti dalla Commissione guidata dalla presidente von der Leyen seguendo le indicazioni contenute nel documento finale del Dialogo strategico “Una prospettiva condivisa per l’agricoltura e l’alimentazione in Europa”, presentato a settembre 2024, che riassumeva sfide e opportunità, con 11 raccomandazioni per il futuro dei sistemi agroalimentari e delle aree rurali europee, poi ignorate nella Visione per l’agricoltura e l’alimentazione al 2040 presentata a febbraio 2025. Per salvare la Pac non serve solo garantire le attuali risorse finanziarie, ma è necessaria una riforma che consenta di abbandonare la logica della privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025


















































































































































































