Il mercato cinese delle bevande alcoliche è il più grande del mondo per volume e il terzo per valore. Si parla di circa 270 milioni di dollari l’anno. Ma, in questo panorama, il vino non riesce a sfondare. Il nettare di Bacco, per ora sembra destinato a rimanere un prodotto destinato alle elite. I cinesi infatti, sono grandi consumatori di alcolici, ma preferiscono la birra nazionale (la più famosa è la Tsingtao Beer, che alcuni ristoranti cinesi in Italia offrono come omaggio se si supera una certa spesa) e i super alcolici di importazione.
“I cinesi sono tanti e ci si fa impressionare dai numeri. Ma non si sognano di convertirsi al consumo del vino, estraneo alla loro cultura alimentare (della quale semmai fa parte la birra)”, spiega Gianni Zonin, che ha puntato sulla commercializzazione piuttosto che sulla produzione. "Noi siamo sul mercato cinese con una società di distribuzione che abbiamo creato a Shangai col gruppo Torres spagnolo e con Philippine de Rothschild. Per ora ci basta", aggiunge. Per dare dei numeri, su 17 milioni di euro di prodotti alimentari importati da casa nostra verso la Cina, solo 4,6 milioni arrivano dal vino. Poca cosa se messa in relazione con la popolazione cinese, che conta oltre 1.300.000.000 di abitanti ed è la più grande del mondo.
L’espansionismo vitivinicolo italiano per ora si è fermato: “Non c’era e non c’è una rete distributiva adeguata. Mancano le strutture per produrre e per vendere, oltre a condizioni socio-economiche e culturali favorevoli al vino”, ha ribadito Giacinto Giacomini, presidente della Cavit, secondo gruppo italiano nel settore della vitivinicoltura.
E pensare che l’ingresso della Repubblica Popolare Cinese nella World Trade Organization (Wto) ha anche diminuito le tasse sui prodotti di importazione che incidevano sui costi per il 40%. Ma se delle favorevoli condizioni non ha approfittato il vino prodotto in Italia, c’è chi sta facendo affari d’oro. Pernod Ricard ha preso “il Dragone” per le corna ed è gia leader nel mercato nel Whisky grazie al marchio Chivas Regal (65%), e ha già preparato lo sbarco di un altro marchio, il Ballantine’s. Nei Cognac il gruppo Remy Contreau domina, grazie al Remy Martin. E secondo l'analisi di Exane-Bnp, il gruppo trarrà dalla Cina il 30% di tuto il margine operativo.
Ma c’è chi non la pensa così … I fondi d’Inevstimento che scommettono sul vino …
C’è però chi il businnes del vino in China lo ha saputo sfruttare, e molto bene a guardare i risultati: si chiama Chen Shide, leader della società del Guangfa Fund Management. Chen ha investito sulle small cap che operano nel settore del vino in Cina, e uno dei suoi fondi di investimento, il Guangfa Small Cap Growth Equity Found, nell’ultimo anno, ha guadagnato il 101%.
La strategia di investimento è quella di diversificare gli investimenti e di verificare “con mano” le società sulle quali investire, soprattutto accertandone la salute e la trasparenza della corporate governance.
“I fondi small cap sono rischiosi, perché le società sono a bassa capitalizzazione e esposte a una maggiore volatilità dei prezzi, e conoscerle bene significa abbassare al minimo i possibili rischi”.
E la cosa sembra funzionare, visto che le azioni di Shanxi Xinghuacun Fen Wine Factory e Yantai Changyu Pioneer Wine, le società acquistate da Shide, hanno raddoppiato il proprio valore.
Un’intuizione semplice e geniale, anche considerando che, secondo i dati del sito China Wine Online, il mondo del vino cinese sta crescendo al ritmo del 10% annuo.
Federico Pizzinelli
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025