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REPORT LIV-EX

I fine wine del Belpaese, protagonisti sul Liv-ex, tra passato, presente e futuro

La popolarità dei Super Tuscan da un lato, le quotazioni altissime di Barolo e Barbaresco dall’altro: le etichette italiane volano

La misura della crescente importanza dei vini italiani sul mercato secondario dei fine wines è raccontata bene da due aspetti: la quota di mercato, più che raddoppiata negli ultimi cinque anni, ed il numero di etichette scambiate, quadruplicato nello stesso periodo. Ciò nonostante, se pure le grandi etichette dello Stivale hanno avvicinato sensibilmente quelle di Bordeaux e Borgogna in termini di critica internazionale, le quotazioni restano ancora assai distanti, rendendo al contempo i vini italiani accessibili ed interessanti per i collezionisti di tutto il mondo, tanto che sul Liv-ex, l’Italy 100, l’indice dedicato alle etichette italiane, è l’unico a crescere nel 2019 (+3%), costantemente di mese in mese. Merito, come ricorda il report del Liv-ex “The fine wines of Italy: past, present and future”, di due Regioni: Piemonte e Toscana. Da una parte i Barolo, capaci di spuntare le quotazioni più alte, dall’altra i Super Tuscan, che invece si assicurano le quote di mercato maggiori, anche grazie a livelli produttivi e ad una forza del marchio assai superiore.
Un ruolo fondamentale lo gioca la critica
, perché se è vero che nella classificazione del Liv-ex 2019 le etichette italiane sono diventate 39 (dalle 9 della classificazione precedente), parte del merito è anche di un’attenzione sempre maggiore da parte dei media, che ha portato, ad esempio, al primo posto del Sassicaia 2015 nella classifica annuale di Wine Spectator, con una conseguente crescita delle quotazioni del 25% in poche ore, mentre l’annata 2016 di Sassicaia, dopo i 100 punti di Monica Larner, italian editor di Wine Advocate, si è apprezzato fin qui del 71%.
Guardando all’andamento dell’Italy 100, che prende in considerazione le ultime 10 annate in commercio delle 10 migliori etichette del Belpaese (Sassicaia, Masseto, Solaia, Tignanello, Ornellaia, Barbaresco di Gaja, Barolo Monfortino Riserva e Barolo Cascina Francia di Giacomo Conterno, Guado al Tasso di Antinori e Redigaffi di Tua Rita), dal 2004 ad oggi, ossia dalla sua nascita, ha guadagnato il 188%, meno del Liv-ex 100, ma ad un ritmo decisamente più costante, che gli ha permesso di superare indenne prima la crisi economica del 2008, poi quella cinese del 2011. Restringendo l’analisi agli ultimi tre anni (gennaio 2017-luglio 2019), invece, si fanno sentire, come per tutti, gli effetti della Brexit e della leggera svalutazione del dollaro, ma l’Italy-100 cresce comunque del 28,3%, mettendo a segno la terza miglior performance dietro a Borgogna e Champagne.
Interessante anche analizzare l’andamento dei prezzi: i toscani mediamente costano 1.924 sterline a cassa, la terza quotazione più bassa dopo Sauternes e Rodano del Sud, mentre i piemontesi, con Barolo e Barbaresco, spuntano quotazioni ben superiori, 4.003 sterline a cassa, in crescita del 22% tra gennaio 2017 e luglio 2019, ma pur sempre un quarto dei rossi di Borgogna, al top con una quotazione media di 16.039 sterline a cassa. Crescono di pari passo, invece, il numero delle referenze e le quota di mercato: nel 2008, quando Bordeaux pesava per il 90% delle contrattazioni, con una manciata di etichette la quota del vino italiano era del 2,5%, mentre oggi che sul mercato secondario dei fine wines ci sono più di 600 vini è salita all’8,5%, diventando la terza categoria più attiva dietro Bordeaux e Borgogna. Così, il giro d’affari è passato dai due milioni di sterline del 2015 agli oltre 5 milioni del 2019, segno di un’attenzione crescente da parte dei collezionisti. Importante anche l’impatto dell’automazione dei processi di acquisto e vendita, mentre lo spread tra offerta e richiesta, stabilmente al 15-25% racconta di un mercato dei vini italiani ancora fuori equilibrio.
In questo senso, tutto passa per le differenze e la distanza tra Piemonte e Toscana, che sul mercato secondario dei fine wine si comportano in maniera decisamente diversa. Se i Super Tuscan, forti di volumi importanti, prezzi accessibili e brand conosciuti in tutto il mondo, rappresentano i due terzi dei volumi scambiati, Barolo e Barbaresco segnano crescite molto più sostanziose: +12% da dicembre 2017, contro il +0,2% dei toscani che, però, meritano un discorso a parte. Perché i cinque Super Tuscan (almeno nell’accezione del Liv-ex, ndr), ossia Ornellaia, Masseto, Sassicaia, Solaia e Tignanello, si sono dimostrati negli ultimi cinque anni un vero e proprio paracadute per gli investitori, con crescite assolutamente rilevanti, dal +46% per il Sassicaia, unico vino europeo non francese tra i più cercati online, al +52% del Tignanello, il più performante, anche grazie alla popolarità che gli è derivata dall’essere il vino preferito della Duchessa del Sussex.
Restando sui Super Tuscan, l’analisi del Liv-ex mostra quindi la correlazione tra punteggi della critica e quotazioni: sul Sassicaia, ad esempio, ha un impatto importante il giudizio di Antonio Galloni (Vinous), con le annate più quotate (2006, 2008, 2015 e 2016) che sono anche quelle sopra i 95 punti, con l’eccezione della 2010, valutata 96 punti ma sul mercato ad un prezzo decisamente più basso della media. Discorso valido anche per il Masseto, che risente invece dei punteggi di The Wine Advocate, con le annate da 100 punti (2006, 2015 e 2016) che toccano le quotazioni maggiori. Una grande vivacità sul mercato che, però, non si traduce in un andamento dei prezzi che procede di pari passo, con il Masseto, ad esempio, che da gennaio 2018 ad oggi ha perso il 4,6%, e se pure il Sassicaia ha segnato il +9% è dal Piemonte che arrivano le performance migliori: +19% il Barolo Cascina Francia di Giacomo Conterno e +16% per il Barolo Riserva Monfortino ancora di Giacomo Conterno.
Piemonte che, per tanti motivi, si comporta, fatte le debite proporzioni, come la Borgogna:
produzioni limitate ed esclusive, qualità altissima, stile, basato sul Nebbiolo, che rimanda all’eleganza del Pinot Nero. Così, in dieci anni le contrattazioni su Barolo e Barbaresco sono cresciute 3.300%, il +40% solo nel 2019. Guardando indietro, nel 2009 il 60% degli acquisti avveniva in Gran Bretagna, il 30& in Asia ed il 10% in Europa, e solo nel 2014 si sono “svegliati” gli Usa, che hanno raggiunto una quota del 25%, con la Gran Bretagna al 65%, l’Asia scesa all’8% e l’Europa ad appena il 2%, con 60 etichette diverse. Oggi, invece, il quadro è assai diverso: gli investitori Usa detengono la quota maggioritaria degli acquisti, il 56%, la Gran Bretagna è scesa al 38%, l’Asia al 5% e l’Europa all’1%, con 270 vini diversi scambiati sul mercato secondario, e ben 9 etichette su 10 tra le più performanti del Belpaese, con il Barbaresco 2011 di Gaja al top (+39% tra luglio 2018 e luglio 2019), ed i vini della griffe che, nel complesso, valgono il 7% degli scambi relativi alle etichette italiane.
Nel futuro, però, qualcosa potrebbe cambiare, perché come emerge dal rapporto del Liv-ex già oggi si registrano piccoli movimenti su vini di Sicilia, Lombardia (Franciacorta) e Puglia, Regioni su cui l’attenzione è sempre più alta, forti di una storia, culturale ed enologica, capace di generare interesse e curiosità. E della ricchezza e varietà del vino italiano si asta rendendo conto anche la critica, che non limita più propri voti migliori a Toscana e Piemonte, premiando anzi regioni e denominazioni diverse. Ci sono poi altre due dinamiche positive a sostenere la crescita delle etichette italiane: da un lato i prezzi, assolutamente competitivi, che spingono in collezionisti a dare spazio nelle loro cantine ai vini del Belpaese, dall’altro il boom della Borgogna che, con i suoi prezzi stratosferici, tira paradossalmente la volata ad altre denominazioni, a partire da Barolo.

Focus - L’Italia nella Liv-ex Classification 2019
La Liv-ex Classification 2019 mette in fila 349 vini da 9 Paesi diversi: Argentina, Australia, Cile, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna e Stati Uniti. In prima fascia, tra i vini che costano dalle 2.877 sterline a cassa (rigorosamente da 12 bottiglie, ndr) in su, ci sono 77 vini (erano 31 nel 2017), di cui tre italiani (Bruno Giacosa Barolo Vigna Rocche Riserva a 5.923 sterline, Masseto a 5.517 sterline e Biondi Santi Brunello di Montalcino Riserva a 3.583 sterline), 14 di Bordeaux, ben 44 di Borgogna, 7 di Champagne, due dall’Australia, due dal Rodano, uno dalla Spagna e quattro dagli Stati Uniti. A fare le veci della memoria storica dell’enologia italiana sul Liv-ex, dove tra i 39 italiani Gaja vanta ben sette etichette (Sorì Tildin, Sorì San Lorenzo, Costa Russi, Gaia & Rey, Sperss, Langhe Conteisa e Barbaresco), Antinori tre (Tignanello, Solaia e Guado al Tasso), Casanova di Neri (Brunello di Montalcino Cerretalto e Brunello di Montalcino Tenuta Nuova), Bruno Giacosa (Barolo Vigna Rocche Riserva e Barolo Falletto), Brovia (Barolo Rocche Castiglione e Barolo Brea Vigna Ca’mia) ed Elio Grasso (Barolo Gavarini Chiniera e Barolo Ginestra Casa Mate) due, è il Masseto, da anni tra i vini capaci di spuntare le maggiori quotazioni sul mercato secondario dei fine wine, dove oggi le etichette tricolore giocano un ruolo di primo piano.
Focalizzandoci sulle novità della “Liv-ex Classification 2019” che riguardano l’Italia, sono 39 i vini classificati, di cui ben 30 new entry. Detto della prima fascia, in seconda (tra le 792 e le 2.876 sterline a cassa) sono ben 23 le etichette, che rappresentano il 14% del volume d’affari dell’intera categoria (che conta 161 vini da tutto il mondo): in ordine di quotazione, ci sono Gaja Sorì Tildin (2.691 sterline), Gaja Sorì San Lorenzo (2.485 sterline), Gaja Costa Russi (2.412 sterline), Barolo Bartolo Mascarello (2.229 sterline), Brunello di Montalcino Cerretalto Casanova di Neri (2.080 sterline), Solaia (1.938 sterline), Gaja Gaia & Rey (1.824 sterline a cassa), Amarone Romano Dal Forno (1.823 sterline), Gaja Sperss (1.660 sterline), Barolo Cascina Francia Giacomo Conterno (1.547 sterline), Sassicaia (1.527 sterline), Redigraffi Tua Rita (1.403 sterline), Ornellaia (1.327 sterline), Brunello Montalcino Tenuta Nuova Casanova di Neri (1.221 sterline), Langhe Conteisa Gaja (1.217 sterline), Messorio Macchiole (1.162 sterline), Barolo Falletto Bruno Giacosa (1.143 sterline), Barbaresco Gaja (1.122 sterline), Pergole Torte Montevertine (1.110 sterline), Rampolla Alceo (1.060 sterline), Brunello di Montalcino Poggio di Sotto (983 sterline), Apparita Castello di Ama (979 sterline) e Barolo Vigne Luciano Sandrone (959 sterline).
Andando avanti, in terza fascia (tra le 504 e le 791 sterline a cassa), ecco il vino preferito dal neo premier britannico Boris Johnson, il Tignanello (769 sterline), quindi il Barolo Rocche Castiglione Brovia (651 sterline), il Barolo Ginestra Case Mate Elio Grasso (638 sterline), il Guado al Tasso Antinori (630 sterline), il Barolo Gavarini Chiniera Elio Grasso (604 sterline), il Petrolo Galatrona (583 sterline), il Fontodi Flaccianello della Pieve (576 sterline) ed il Brunello di Montalcino Valdicava (536 sterline). In quarta fascia (tra le 360 e le 503 sterline a cassa), il Saffredi Pupille (481 sterline), il Brunello di Montalcino Conti Costanti (466 sterline) ed il Barolo Brea Vigna Ca’mia Brovia (407 sterline). Infine, in quinta ed ultima fascia (tra le 288 e le 359 sterline a cassa), il Barolo Castiglione Vietti (327 sterline) e l’Ornellaia Serre Nuove (305 sterline).

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