I numeri dell’ultimo studio pubblicato da Vinexpo e International Wine & Spirit Research, che mettono la Cina al primo posto per consumi mondiali di vino rosso, hanno fatto il giro del mondo, specie perché inaspettati e, nel mettersi dietro, dopo decenni di predominio, la Francia, persino sensazionali. 1,865 miliardi di bottiglie aperte nell’arco del 2013, con un impressionante +136% sul 2008, grazie più alla produzione interna che all’import, cresciuto sì di 7 volte tra il 2007 ed il 2013, ma ancorato al 20% dei consumi del Dragone. Eppure, non sono tutti convinti dall’exploit cinese e, tra chi tende a fidarsi poco, c’è Jim Boyce, firma di “Grape Wall of China” e “Wine Industry” (www.wineindustryinsight.com), che sottolinea come “i dati della produzione interna siano difficili da analizzare e spesso contraddittori. E poi, succede spesso che nei passaggi di mano di interi magazzini, migliaia di litri di vino vengano conteggiati due volte, senza considerare che ci sono milioni di bottiglie invendute, nei negozi come nei depositi degli importatori”. Il rapporto di Vinexpo, però, parla anche dei motivi culturali dell’exploit, legato al significato, decisamente positivo, del colore “rosso” nella cultura cinese, ma, per Boyce, “è una lettura assolutamente semplicistica, e comunque si beve molta più birra, che certamente non è rossa ...”.
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