
Villa Lagarina, una delle zone più vocate del Trentino e terra del Marzemino, sta sviluppando progetti particolari, tra cui la trasformazione da parte del Comune di due ettari di terreno in proprietà messi a produzione per realizzare un “cru” legato alla zona di origine, producendo quindi il primo vino del municipio di Villa Lagarina. Ed è proprio il vigneto di Villa Lagarina, che farà da scenario al primo festival trentino di “identità territoriali” (dal 26 ottobre all’11 novembre: per pacchetti turistici, comune Villa Lagarina tel. 0464/494222), fonte di crescita di turismi alternativi volti alla ricerca della genuinità e di tesori nascosti. In particolare, il territorio svilupperà il 3/4 novembre la mostra dal tema “Vitigni autoctoni, spumanti, arti culture e sapori con degustazioni e percorsi nella cucina territoriale” ed il convegno “La ricerca di turismi alternativi per la valorizzazione del territorio” (che vedrà la partecipazione di importanti giornalisti e di esperti come la professoressa Madga Antonioli Corigliano dell’Università Bocconi di Milano e “ideologa” dell’enoturismo in Italia, la presidente del Movimento del Turismo del Vino, Ornella Venica, il professor Geremia Gios del Dipartimento economia dell’Università di Trento …), in collaborazione con il Movimento del Turismo del Vino del Trentino, della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia. L’enologo che ha avuto incarico di creare il cru del Comune di Villa Lagarina è Luigi Spagnolli, che spiega: “è un piacere lusinghiero il poter partecipare ad un progetto di qualificazione di un’area e del suo territorio. Il prodotto finale sarà la risultante di sforzi tecnici, umani e di vocazionalità dell’area: il vino che si terrà sarà un cru legato alla zona di origine e per questo mi auguro possa ulteriormente rafforzare e consolidare l’immagine della nostra zona. Il condividere una filosofia di questi tipo può creare il vero elemento di riuscita di un simile progetto. Le varietà del vigneto sono Teroldego, Lagrein, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot”.
Villa Lagarina è la piccola Salisburgo nel cuore del Trentino: una vivacità territoriale, di cultura che si esprime in più modi con i Musei Diocesano, della stampa d’arte, del setificio trentino, a scuola musicale Jan Novak ed i qualificati concerti. Il legame con Salisburgo è evidente: Villa Lagarina condivide con essa una pagina di storia comune legata al principe vescovo Paride Lodron; il grande mecenate precursore e protagonista della nascente cultura europea instaurò, nella prima metà del 1600, un fecondo rapporto artistico ed economico tra Salisburgo e Villa Lagarina, sua terra d’origine con numerose opere accomunate da un unico linguaggio ancora oggi ben visibile e leggibile.
L’ESCURSIONE: CASTEL NOARNA
IL CASTELLO DELLE STREGHE DI NOGAREDO
La storia di Castelnoarna
Già nel XI secolo, Castelnuovo di Noarna dominava imponente la Vallagarina, risorto dalle proprie rovine dopo essere nato probabilmente come fortificazione in epoca romana. Nel 1177, a causa dell'uccisione in Vallagarina di Adalpreto, principe vescovo di Trento, si ebbero nella zona violenti scontri armati nel corso dei quali Castel Noarna venne seriamente danneggiato assieme ad altri fortilizi e castelli della valle. Alla fine del 1200, i Castelnuovo decaddero per cause ignote e il castello passò alla famiglia dei Castelbarco, una delle famiglie più importanti del Principato di Trento (i cui feudi di allora comprendevano quasi tutta la Vallagarina, possedimenti nella città di Trento, il castello di Sabbionara D'Avio e territori nelle zone di Verona e Belluno). Il castello passò successivamente alla famiglia dei Lodron nel 1486, dopo una lunga vertenza con i Castelbarco. Nel frattempo, il feudo di Castel Noarna si era ulteriormente esteso. Un personaggio chiave nella storia della famiglia Lodron fu Nicolò che, investito del feudo nel 1532, sposò in prime nozze Gentilia Contessa d'Arco, dalla quale ebbe un figlio di nome Gasparo, e in seconde nozze Beatrice di Castellalto, dalla quale ebbe Paride e Susanna. Sotto il suo dominio il castello assunse l'aspetto attuale, trasformandosi da fortificazione ad uso principalmente difensivo in dimora gentilizia. Nicolò Lodron fece realizzare i nuovi settori residenziali del castello, gli affreschi della scala principale e quelli del giardino d'inverno. Paride, figlio di Nicolò divenne nel 1606 Principe Vescovo di Salisburgo. Durante il suo principato venne terminata la costruzione del Duomo di Salisburgo ad opera del maestro architetto Santino Solari. Lo stesso Solari venne chiamato a Villa Lagarina per la costruzione della Cappella di San Ruperto, piccolo capolavoro decorato con preziosi stucchi ed affreschi in stile barocco. Massimiliano Lodron, nipote di Nicolò, ha invece dato gli incarichi per il ciclo di affreschi delle battaglie che si trova nella stuba magna: con gli stemmi dei Lodron, di sua moglie Sibilla Fugger e di sua madre Anna Berka. Gli affreschi furono effettuati a ricordo dell'appoggio finanziario dei Fugger alla corona di Spagna. La famiglia Lodron tenne il controllo della giurisdizione di Castelnuovo - Castellano fino al 1826 e nel 1842 rinunciò ai diritti feudali. Dopo il 1876 la famiglia Lodron, che fino ad allora dimorava nel Castello, si trasferì al palazzo di Nogaredo, utilizzando il castello solo come residenza estiva (anche la madre dell'imperatore Guglielmo II soggiornava abitualmente al castello in autunno). Verso la fine del secolo, il castello venne definitivamente abbandonato. Oggi, il Castello è di proprietà degli Zani, produttori di vino ma anche imprenditori della ristorazione e proprietari di hotel: “il castello è in buone condizioni - spiega Marco Zani - e ci sono due operai che tutti i giorni sono dediti al lavoro di restauro e di conservazione. Castel Noarna avrà comunque bisogno, in un prossimo futuro, di una ristrutturazione più radicale (tetto, affreschi, ma anche molti saloni interni …): per questo, siamo disponibili a ricercare intese con le Istituzioni trentine. E’ un bene storico-artistico che non può essere restaurato se non con un concorso di forze, sia pubbliche che private”.
L’episodio: le streghe di Nogaredo nelle prigioni di Castel Noarna
Corre l'anno 1646: nella piazza di Nogaredo, Mercuria accusa Domenica di furto chiamandola strega; per questo motivo le due donne vengono imprigionate nelle carceri del Castello di Noarna, a loro vengono tagliati i capelli come segno delle accuse mosse nei loro confronti. Mercuria, che viene a sua volta accusata di stregoneria, afferma che sono state Domenica e sua figlia a insegnarle come diventare una strega, trattenendo l'ostia consacrata sotto la lingua dopo la comunione e imprimendole il marchio del demonio sulla spalla. In seguito a queste accuse, le donne imprigionate nel castello vengono sottoposte a tortura durante gli interrogatori. Le torture praticate in quel periodo comprendevano il “tratto di corda” (che consisteva nell'appendere la persona per le mani fino a spezzarle i tendini o le ossa), e i “sibilli” (spezzare le ossa delle mani con cunei di legno fra le dita). Sotto tortura, Mercuria ammette di essere una strega, di andare al sabba con altre donne dei dintorni, di aver praticato guarigioni con unguenti satanici e polvere di ossa di morto, ed asserisce inoltre, di aver avuto rapporti con uno stregone di nome Delaito. A seguito di questi interrogatori, Mercuria viene rilasciata.Rimangono invece imprigionate Domenica Chemella e la figlia Lucia. Esse sono donne di ceto sociale molto basso e Domenica è solita recarsi alla corte dei Lodron a vendere gamberi pescati nell'Adige. Sotto tortura Lucia racconta come lei e le altre stregarono tal Cristoforo Sparamani: trasformate in gatti, si inoltrarono nottetempo nella camera da letto del malcapitato e lo cosparsero con un unguento dato loro dal diavolo in persona, poi, riprese le sembianze umane, si diedero ai festeggiamenti con pietanze sottratte alla sua cucina (pane formaggio e un boccale di vino). Il diavolo spesso si univa a loro in questi festeggiamenti sia sotto sembianze umane sia in forma di capra. A seguito di questi interrogatori vengono incarcerate altre donne delle giurisdizioni di Castel Noarna e Castellano (Zenevra, Caterina, Benvenuta). Domenica, Lucia e le altre stremate dalla tortura ammettono tutto ciò che i giudici mettono loro in bocca: escono così altri dettagli sui sabba, ricette di pozioni magiche ... Il processo si protrae per un anno coinvolgendo decine di persone di tutti i paesi della Vallagarina. Nella fase finale del processo entra in scena l'avvocato difensore Marco Antonio Bertelli di Nomi, che mette in evidenza come gli interrogatori siano stati eseguiti scorrettamente; fa sottoporre a perizia medica le donne dove risulta che non portano segni di diabolici sul corpo e dichiara che le colpe delle donne sono sempre inferiori perché esse sono “fragili, imbecilli nell'intelletto, ignoranti, credulone e facilmente soggiogabili”. Ma nonostante le tesi sostenute dalla difesa, i Lodron vogliono dare un esempio di fermezza: le donne vengono dichiarate colpevoli e 5 di loro sono condannate alla decapitazione e successivo rogo, sentenza che venne eseguita dal boia Ludovico Oberdorfer di Merano alla quale dovettero assistere tutti gli abitanti delle giurisdizioni, nei pressi del Castelo di Noarna. In questo processo venne incriminato anche un uomo: Santo Graziadei, che morirà in prigione nel 1651.
La fascinazione di Castelnuovo di Noarna, tra castello e vigneti
La posizione di Castel Noarna - uno dei protagonisti della storia del Trentino: dalle dominazioni veneziane, al Concilio di Trento, ai processi per stregoneria - è di grande interesse per la coltivazione della vigna: il castello si trova su di una collina sopra Rovereto a 350 metri, terreni calcarei molto drenanti e ricchi di scheletro con apporto di argilla medio. Il “terroir” di Castel Noarna è veramente unico e riconoscibile dato che i vigneti, 7 ettari, solo collocati in un unico corpo attorno al castello. “Nei nostri vigneti produciamo - spiega Marco Zani - attualmente Chardonnay, Nosiola, Sauvignon blanc, Gewürztraminer, Riesling Renano, Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Lagrein. Quasi tutti sono vitigni tradizionali del Trentino (anche lo Chardonnay ed il Cabernet sono coltivati in Trentino dall'inizio del XX secolo, importati da lungimiranti ricercatori e vignaioli). Il Trentino vanta una grossa tradizione anche nell'ambito degli uvaggi bordolesi: già nel 1970, in Trentino venivano prodotti tra i migliori vini rossi a base di Cabernet e Merlot d'Italia”. “La coltivazione della vite a Castelnoarna - continua Marco Zani - ha tradizioni secolari, ma la vinificazione diretta delle nostre uve è iniziata solo nel 1989: prima di allora della campagna si occupava mio padre, Giulio Zani, e le uve venivano conferite alla locale cantina sociale. L'ammodernamento dell'azienda agricola c’è comunque stato. Sempre in maniera graduale”. “Fin dall'inizio, la nostra passione ha imposto di produrre vini di qualità: motivo che negli ultimi dieci anni ci ha visto impegnati a riqualificare tutti i vigneti. Una scelta importante che ora ci dà molte soddisfazioni: in campagna, come in cantina (che è collocata direttamente all'interno dell’antico Castello di Noarna), nulla è lasciato al caso e si lavora tutto l'anno per produrre le migliori uve e trasformarle al meglio in vino, rispettando le caratteristiche del nostro territorio”.
La produzione è limitata (35.000 bottiglie): i vini, di straordinario fascino, pari sicuramente al Castello, sono il Nosiola Casot, lo chardonnay Campogrande, il Sauvignon, il Cabernet Romeo, Mercuria (che porta il nome della strega processata a Castel Noarna nel 1600) e lo straordinario Bianco di Castelnuovo, il migliore vino dell’azienda, risultato di un assemblaggio di quattro varietà che vengono vinificate separatamente, parte in barrique e parte in acciaio (17% Riesling, 17% Traminer, 33% Sauvignon, 33% Chardonnay).
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