Il mondo del vino guarda con sempre maggior convinzione alla Cina, Paese capace di una crescita economica incredibile negli ultimi anni, ed obiettivo dichiarato di produttori ed esportatori. Gli ultimi dati sui consumi enoici nel Dragone, però, rischiano di rivelarsi una vera e propria doccia gelata, non del tutto inattesa in realtà, in un mercato che in un biennio ha stoccato molte più bottiglie di quante è in grado di consumare, arrivando così al temuto “overstocking”. Secondo i dati dell’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, dall’analisi della produzione interna e dell’import, nel 2013 i consumi sono scesi del 3,8% sul 2012, a 1,7 miliardi di litri complessivi, l’equivalente di 2,27 miliardi di bottiglie. In questo panorama, le importazioni hanno subito un calo del 4,4%, ma la ripresa potrebbe essere dietro l’angolo, a patto che l’attenzione degli importatori riesca a spostarsi dai funzionari di Governo, alle prese con la spending review imposta dal premier Xi Jinping, al mercato dei consumatori privati.
Le difficoltà, ovviamente, si ripercuotono anche sulla produzione interna, con passivi importanti per le grandi aziende cinesi, e viticoltori che hanno rinunciato a vendemmiare, visti i margini decisamente troppo bassi, in seguito al crollo del prezzo delle uve. Secondo “Decanter China” (www.decanterchina.com), che ha sentito Wang Zuming , segretario generale della divisione vino della Cina Alcoholic Drinks Association, la produzione del Dragone, nel 2013, avrebbe subito un calo di ben il 14,6%, a quota 1,18 miliardi di litri, con un -8,5% del giro d’affari. Il produttore leader del Paese, Changyu, ha visto crollare letteralmente vendite e profitti, giù del 23,4 % e del 38,4 % nel 2013.
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