Generazione che vai, modo di approcciare il vino che trovi. Con una costante, che vale sempre, e per tutti i settori: capire cosa si vuole comunicare e a chi, con quali linguaggi, alla condizione di essere sempre e comunque autentici, perché i consumatori di oggi, soprattutto i più giovani, sono disposti a perdonare chi sbaglia, ma non chi mente. È una delle indicazioni che player dell’industria del vino con diversi ruoli ed età, hanno lanciato da Wine2Wine, il business forum di Veronafiere & Vinitaly di scena nei giorni scorsi a Verona, nel confronto “Coinvolgere la Next Generation: il Futuro della comunicazione del vino italiano”. Sul palco Justin Noland, vice presidente della Digital Experience di Treasury Americas, divisione americana del colosso Treasury Wine Estates, Michaela Morris, giornalista, degustatrice e contributor di diverse testate internazionali (tra cui “Decanter”), Jessica Dupuy, wine educator americana di stanza in Texas, Chris Struck, sommelier, consulente e, tra le altre cose, già program director della Sommelier Society of America, ed Alojz Felix Jermann, sommelier e comunicatore. Tutto, come sempre, ed sempre, parte delle storie che si possono raccontare intorno al vino, ad un’etichetta, ad un brand. Ma è fondamentale anche il modo di raccontarle, ha sottolineato Justin Noland: “le storie sono ovviamente importanti. Ma spesso le cantine o le istituzioni che si occupano di vino, dovrebbero pensare anche a come le raccontano e a quale pubblico si rivolgono, soprattutto nei confronti dei più giovani”. Come farlo è tutto da capire, e sarebbe utile una “maggior collaborazione tra le generazioni più mature, che hanno esperienza e conoscono il mercato, ed i più giovani tra gli addetti ai lavori, perché noi sappiamo cosa vuole la nostra generazione, quali abitudini abbiamo, come vogliamo che le cose ci siano raccontate”, ha aggiunto Jermann.
“Pensate a Netflix o Spotify, dove c’è un algoritmo che suggerisce i contenuti in base a quello che abbiamo visto o ascoltato prima. È quello a cui le nuove generazioni sono abituate - ha aggiunto Jessica Dupuy - ad avere suggerimenti personalizzati, ad avere solo piccole anteprime del messaggio e del contenuto, per decidere se approfondire o meno: i giovani vogliono informazioni semplici, e la possibilità di fare esperienze poi di approfondimento”. “In Italia - sottolinea Chris Struck - avete così tante storie da raccontare, così tanta esperienza, e tutto questo vi dà un vantaggio importante. Avere la possibilità di creare tante connessioni tra le persone, e dovete farlo anche attraverso i social network, per fare in modo che anche in consumatori più giovani vogliano fare parte della famiglia del vino”. Altro tema che divide un po’ le generazioni, è quello dell’atteggiamento nei confronti dei vini “no e low alcol”, a cui la “vecchia guardia” sembra guardare con diffidenza, al contrario dei più giovani, che ne sono quantomeno incuriositi. “Ancora una volta, il punto è capire che pubblico si vuole conquistare. Le persone che bevono vini e bevande “no alcol”, a volte sono persone che bevono anche vini classici, e altre no. Il concetto è essere molto focalizzati, e fare prodotti comunque di qualità e identitari”. “Le bevande “no alcol” hanno un loro ruolo - ha sottolineato ancora Jessica Dupuy - e ci sono anche esperienze sociali che non prevedono di bere vino, o magari altre volte le persone non vogliono bere alcolici, ma condividere lo stesso un calice per socializzare”. “La questione non è se sia giusto definirli vino o meno - ribadisce Chris Struck - ma il fatto è che le bevande dealcolate occupano in qualche modo lo stesso spazio sociale del vino tout court, e di questo dobbiamo tenere conto, c’è tanta sperimentazione, e servono investimenti. Ma si parla di qualcosa che è non più un trend, ma una realtà ormai consolidata, come lo è il fatto che le persone che bevono vino, bevano meno, ma bevano molto meglio, investendo qualche dollaro in più su meno bottiglie”. “I più giovani tra i Millennials, la Gen Z più in generale, sono più curiosi di altri, rispetto ai vini senza alcol o dealcoalti. Ma la questione di fondo è che noi giovani vogliamo sentirci a nostro agio in questo mondo del vino, a prescindere dalle categorie”, ha aggiunto Jermann. Che in conclusione, per conquistare nuovi consumatori e farsi notare, soprattutto dai giovani, ai produttori italiani consiglia di “pensare “out of the box”, essere creativi”. “Lasciate che i consumatori sentano le vostre “vibrazioni”, sentano quello che per voi è il vino, in modo naturale, perché è parte della vostra vita” aggiunge la Morris. “Imparate di più dei vostri consumatori, di quello che fanno, di quello che comprano al di là del vino, quali sono le cose che a loro piacciono e a cui sono interessati. Diventate prima amici delle persone, e poi raccontategli del prodotto incredibile che avete”, aggiunge Justin Noland. “Cercate di capire perché ogni generazione dovrebbe desiderare i vostri vini, e siate autentici”, sottolinea Jessica Dupuy. “Tutti noi facciamo errori, ogni giorno, ma autenticità e onestà pagano sempre. Non cercate di mentire, di coprire gli sbagli che si possono fare, serve autenticità. Cercate la perfezione, e se non la raggiungete, come succede a tutti noi, non mentite, perché i consumatori passano sopra agli errori, ma non alle bugie”, conclude Chris Struck.
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