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CON AMBROSETTI

Il futuro dell’agricoltura, tra incognite e potenzialità: il punto a Roma al Forum Coldiretti

Dai Ministri Guido Crosetto e Orazio Schillaci a Matteo Renzi e Carlo Calenda. Le voci della politica (e dei professionisti) sulle sfide del settore

Difesa dell’agricoltura, le questioni della geopolitica, la sempre attuale Pac, l’educazione alimentare come pilastro della formazione per le nuove generazioni, l’Intelligenza artificiale ed il suo impatto. Sono tanti i temi, ma anche gli interventi, compresi quelli dal mondo della politica, che si sono susseguiti nel Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione n. 23, organizzato da Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House - Ambrosetti, di scena a Roma, oggi e domani, al Casino dell’Aurora Pallavicini di Palazzo Rospigliosi. Un evento che arriva in un momento storico delicato per l’agricoltura, tanto che il segretario generale Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, aprendo i lavori, ha sottolineato come “tutti gli elementi per parlare di un processo drammatico, complesso e pieno di incognite ci sono”. E, quindi, che “saranno gli storici, un domani, a giudicare se quello che stiamo vivendo sia un semplice passaggio o un vero cambiamento radicale, quasi uno stravolgimento, un nuovo paradigma con cui dovremo confrontarci negli anni a venire. Certo, si parla di guerre, ma non ci sono solo le guerre. Sono profondamente colpito da ciò che ancora non comprendiamo pienamente dell’Intelligenza artificiale: da come invaderà la nostra vita e segnerà la quotidianità dei nostri figli e dei nostri nipoti. L’agricoltura ha compiuto passi da gigante grazie alla tecnologia, ma se questa dovesse finire nelle mani di pochissimi, rischieremmo di non avere più una tecnologia al servizio dell’uomo, bensì un uomo al servizio della tecnologia”. Gesmundo ha anche richiamato il ruolo della politica che “oggi appare indebolita, avendo smarrito la capacità di orientare e, soprattutto, di rassicurare. Non è accettabile che sette agricoltori su dieci in Europa abbiano perso il senso del futuro o che regioni storicamente partecipi vedano crollare l’affluenza alle urne. La politica deve ritrovare la fiducia della gente”.
Tra gli interventi che hanno animato il Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione c’è anche quello del Ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha sottolineato come i conflitti internazionali abbiano ormai un impatto diretto sulla vita quotidiana e sull’economia reale: “oggi una crisi in Medio Oriente o in Ucraina non è più lontana: arriva sulle nostre tavole, nei costi dell’energia, nelle difficoltà degli agricoltori e delle famiglie”. Crosetto ha anche evidenziato la necessità di un clima di stabilità globale per garantire sviluppo e sicurezza alimentare: “la sicurezza è come l’aria: ci accorgiamo della sua importanza solo quando manca. E un mondo più sicuro significa un mondo in cui anche chi lavora la terra può vivere meglio”. Il Ministro ha, quindi, richiamato il valore della sovranità nazionale nei settori strategici, spiegando che “dobbiamo difendere la nostra agricoltura come presidio di identità e di dignità del lavoro, senza però chiuderci. Difendere la sovranità significa proteggere ciò che ci rende unici, ma anche condividere per essere più forti insieme”.
Il Ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo video-intervento, riguardo ai rischi legati alla diffusione dei cibi ultra formulati, ha espresso la necessità di “rafforzare i programmi di educazione alimentare, soprattutto nelle scuole, per aiutare i più giovani a compiere scelte consapevoli che è uno degli obiettivi dell’Italia per proteggere la salute dei cittadini e valorizzare le nostre tradizioni, unendo innovazione, ricerca e responsabilità, condivisa tra istituzioni, produttori e società civile”. Si tratta, per Schillaci, di “un tema di grande attualità non solo in Italia ma anche nel dibattito europeo e internazionale. Parliamo di prodotti industriali ricchi di additivi, zuccheri e grassi poco salutari, di cui bisogna assolutamente limitare il consumo eccessivo. Negli ultimi anni, infatti, la crescente diffusione di questi prodotti, in particolare tra le giovani generazioni, è stata associata ad un aumento di patologie croniche e non trasmissibili, come obesità, diabete, malattie cardiovascolari e metaboliche. Non a caso, in vista del prossimo G20 Salute, i Ministri della Salute stanno elaborando una dichiarazione che inserisce la lotta ai fattori di rischio per malattie non trasmissibili tra le priorità globali”. Il Ministro ha aggiunto che “intendiamo promuovere modelli alimentari sani e culturalmente radicati, come la dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio Unesco, sostenendo le nostre filiere agroalimentari di qualità, che rappresentano un’alternativa sicura e salutare e distinguendo sempre tra trasformazioni tradizionali e produzioni industriali a scarso valore nutrizionale. A questo proposito voglio ricordare la recente approvazione della legge che vede l’Italia prima al mondo nel riconoscere l’obesità come malattia cronica. Continua il nostro impegno per promuovere la prevenzione fin dalla primissima età e lungo tutto il corso della vita, garantendo al contempo la sostenibilità dei nostri sistemi sanitari e la salute delle generazioni future. Impegno che vede attiva la Coldiretti, che opportunamente ricorda come la salute nasce a tavola, anzi nei campi”.
“Attenzione a non celebrare il funerale del multilateralismo: in molte aree del mondo, al contrario, cresce la consapevolezza che la cooperazione internazionale resta una leva fondamentale per lo sviluppo e per la sicurezza alimentare”. Lo ha detto Maurizio Martina, vice dg Fao, intervenendo al Forum. Martina ha ricordato come proprio la Seconda Guerra Mondiale abbia rappresentato “un punto di svolta per l’Italia, che con la nascita della Fao e la scelta di Roma come sede dell’organizzazione è diventata uno dei centri mondiali del multilateralismo contemporaneo. E oggi - ha aggiunto - la crisi del multilateralismo si avverte soprattutto in Occidente, ma non è così nel resto del mondo. Anzi, molti Paesi in via di sviluppo scommettono sulla cooperazione come strumento per portare i propri interessi nazionali dentro dinamiche globali più ampie”. Secondo Martina, il dibattito sul futuro della governance mondiale “non può prescindere dal tema della sicurezza alimentare”, tornato al centro dopo la pandemia e le guerre in Ucraina e in Medio Oriente. “Abbiamo riscoperto il valore della sovranità alimentare - ha spiegato - e la necessità di garantire sistemi agricoli più resilienti. La pandemia prima e i conflitti poi ci hanno ricordato quanto fragile sia la catena dell’approvvigionamento globale”. Sul piano economico, Martina ha sottolineato che la produzione agricola mondiale è destinata a crescere del 14% entro il 2030, trainata soprattutto da Asia e America Latina, mentre l’Europa resterà l’area con la minore crescita. “Il baricentro agricolo si sta spostando verso Est e questo pone sfide importanti per i sistemi produttivi europei, che restano tra i più avanzati ma dovranno fare i conti con costi di produzione in aumento, a partire da quelli energetici”. Martina ha richiamato anche il tema del rapporto tra finanza e agricoltura, definendolo “centrale per accompagnare la transizione dei sistemi agricoli e sostenere gli investimenti necessari. Il mondo sta cambiando - ha detto - e occorre un multilateralismo efficace, capace di mettere insieme punti di vista diversi e costruire soluzioni condivise. Serve un approccio di cooperazione che valorizzi l’esperienza dei Paesi e delle imprese, anche attraverso la dimensione agricola”. Il vice dg Fao ha, infine, ricordato l’importanza del Mediterraneo come area strategica per l’Italia e per l’Europa: “È positivo che la nuova Commissione europea abbia deciso di istituire una direzione dedicata al Mediterraneo, riconoscendone la specificità. Ma oltre alle parole servono fatti, e molto di questo lavoro può partire da qui, da Roma, insieme ai partner del territorio e alla società civile. Il multilateralismo della società - ha concluso - è la chiave per dare concretezza a un nuovo modello di cooperazione globale”.
Matteo Renzi, senatore e leader Italia Viva, rivolgendosi al mondo agricolo, ha sottolineato l’importanza di governare i processi globali, non di fermarli. “Non potete bloccare la globalizzazione - ha detto - ma potete e dovete governarla, perché i prodotti italiani hanno una forza unica nel mondo. Il punto è che senza la politica non si va da nessuna parte. Se la politica rinuncia al suo ruolo, lascia spazio ai potentati e ai mercati. Il mondo sarà salvato dalla politica, non dai tecnocrati”. Renzi ha anche parlato della riforma della Politica Agricola Comunitaria (Pac): “l’Europa si trova davanti a una scelta cruciale: stanno per tagliare la Pac. Va bene discutere di geopolitica, ma qui siamo davanti a un problema concreto e immediato”. Ed ancora, “se l’Ucraina entrerà, come è giusto che sia, bisogna però capire che l’ingresso di un Paese con una struttura agricola così vasta rischia di ridurre ulteriormente le risorse per tutti gli altri. Noi siamo favorevoli all’allargamento, ma dobbiamo essere consapevoli che questo può avere un impatto devastante sui prossimi dieci anni e su tanti lavoratori del settore agricolo”. L’ex Premier ha poi sottolineato la necessità di un impegno comune a livello europeo: “se la Pac verrà ridimensionata come qualcuno a Bruxelles auspica, non sarà un problema solo per Coldiretti o per chi lavora nei campi: sarà un problema per l’Italia intera. O ci rendiamo conto che questa è un’emergenza nazionale, oppure non andremo da nessuna parte nel difendere l’agricoltura italiana. Serve un grande patto bipartisan tra destra e sinistra per andare in Europa insieme. Lì non esiste governo o opposizione come in Italia: esiste l’interesse nazionale. Sulla Pac togliamoci le maglie dei nostri partiti e indossiamo quella della nazionale. È l’unico modo per difendere davvero l’agricoltura del nostro Paese”.
Per il segretario nazionale di Azione, Carlo Calenda, “serve una politica di potenza anche in Europa, perché il mondo è entrato nella fase della forza e noi continuiamo a ragionare come se fossimo in una fase di regole e procedure”. Calenda ha sottolineato come “i prodotti agricoli siano storicamente tra i più esposti al rischio di nuove barriere e dazi” e che “la dipendenza europea in materia di difesa e di energia limita la nostra libertà di scelta anche in campo economico”. Nel suo intervento, il leader di Azione ha indicato tre priorità: acqua, energia e stoccaggi. Sull’acqua, ha denunciato la frammentazione del sistema di gestione “diviso tra 2.500 società, troppo piccole per investire e spesso ridotte a centri di potere locale”. Per Calenda serve quindi “una società unica della rete idrica, quotata e in grado di realizzare gli investimenti necessari per bacini e infrastrutture”. Sul fronte energetico, il leader di Azione ha proposto di destinare l’energia idroelettrica prodotta da impianti già finanziati con fondi pubblici alle imprese a un prezzo calmierato, “per sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale”. Ma ha richiamato anche l’urgenza di “un piano nazionale di rifacimento degli stoccaggi agricoli, fondamentali non solo per la filiera, ma anche per la sicurezza alimentare del Paese”. Guardando al futuro dell’Unione, Calenda ha, infine, invitato a “ritrovare il senso realistico e concreto dell’integrazione europea. La speranza per l’Europa esiste, ma dobbiamo smettere di pensare che l’Europa sia qualcosa di diverso da noi. Molte delle cose che non riusciamo a fare vengono bloccate nel Consiglio europeo. Non è facile superare i veti nazionali, ma sarà inevitabile: la pressione della realtà lo imporrà. Dobbiamo mettere da parte i proclami e concentrarci sul core business dell’Europa, che è la difesa, lo sviluppo economico e la valorizzazione delle sue eccellenze produttive, anche agricole. Se continuiamo a complicarci la vita con burocrazia e divisioni, finiremo per auto sabotarci”.
Giulio Tremonti, presidente Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati, ha detto che “fa piacere che dopo 20 anni si parli di Eurobond per la difesa”. Per l’ex Ministro dell’Economia, “la costruzione di una difesa europea è il principio per la costruzione di una unità politica federale o confederale dell’Europa. E non mi sembra che questa posizione fosse contro l’Europa e contro l’Europa erano proprio gli europeisti, quindi l’esatto opposto. Oggi vedo alcuni elementi positivi: gli accordi fatti dai francesi e dagli inglesi a Northport sull’uso congiunto del nucleare. Non sarebbe male se facessero l’uso congiunto anche del voto al Consiglio dell’Onu”.
Per il diplomatico Giorgio Starace, “in una fase di crisi politica e internazionale, le associazioni di categoria europee come Coldiretti svolgono un ruolo fondamentale. È compito delle associazioni richiamare l’attenzione sul rischio di impoverimento delle economie se si adottassero modelli di economia di guerra. Il caso della Russia è emblematico: un terzo del Pil destinato all’industria della difesa penalizza la diversificazione produttiva e il settore agroalimentare. Per l’Occidente - spiega ancora Starace - il rischio è altrettanto concreto. È responsabilità della politica europea arrestare i conflitti e creare condizioni di pace duratura. L’economia reale, quella produttiva, non può essere sacrificata al conflitto. Prodotti come i trattori generano valore continuo, al contrario degli armamenti”.
Teo Luzi, presidente Italtel, ha parlato di tecnologia che “non è più rinunciabile per la filiera agroalimentare. L’innovazione, dall’uso dei droni all’intelligenza artificiale, dalla robotizzazione alla gestione avanzata degli stoccaggi, è essenziale per garantire efficienza e competitività. È necessario utilizzarla con consapevolezza, fiducia e attenzione. Non possiamo permetterci di restare indietro: altre agricolture nel mondo, come quella francese o americana, procedono rapidamente. Tuttavia, la tecnologia deve sempre mettere al centro l’agricoltore, come protagonista della propria azienda”. Luzi ha anche sottolineato l’importanza della sinergia tra pubblico e privato, evidenziando come l’integrazione tecnologica nella filiera agroalimentare richieda collaborazione, infrastrutture sicure e una gestione attenta dei rischi, inclusi quelli informatici: “ogni sistema informatico può far crescere un’azienda, ma comporta anche vulnerabilità. La cybersecurity e la pianificazione dei rischi sono indispensabili per proteggere la filiera”. Per Luzi “l’agroalimentare deve essere considerato un’infrastruttura strategica per il Paese, alla pari di ferrovie, condotte o approvvigionamenti energetici. Difendere la filiera significa tutelare la qualità della vita dei cittadini e garantire la sicurezza nazionale. È fondamentale che le risorse pubbliche e private siano destinate anche a questo scopo”.
Tra gli intervenuti c’è stato anche quello di Luciano Violante, presidente Futuri Probabili, associazione che opera nel campo dell’innovazione, e che ha detto come “serve definire una strategia di sicurezza nazionale civile, distinta da quella militare, che identifichi i settori critici per la sopravvivenza del Paese, a partire dall’agricoltura e dalla filiera alimentare. Il cambiamento climatico colpisce in modo diretto il Mediterraneo: la temperatura cresce del 20% rispetto alla media globale. Questo rende indispensabile intervenire con tecnologie di precisione, per ottimizzare le risorse idriche e aumentare la produttività”. Il presidente di Futuri Probabili ha richiamato l’attenzione sull’importanza della ricerca e dell’innovazione, citando circa sessanta centri universitari che stanno individuando i punti critici per l’applicazione delle tecnologie digitali in agricoltura, aggiungendo come “è necessario promuovere consorzi e alleanze tra produttori per diffondere queste tecnologie, che sono costose ma essenziali per la sicurezza alimentare”.
Sui rischi dei cibi ultra formulati ha parlato anche il professor Antonio Gasbarrini, direttore scientifico Policlinico Gemelli di Roma e presidente del Comitato Scientifico Fondazione Aletheia, secondo cui “la soluzione è semplice, ma radicale: dobbiamo tornare a mangiare in modo naturale, a scegliere cibi freschi e non ultraprocessati, per migliorare la nostra salute e prevenire le malattie croniche. E questa scelta deve partire dai bambini, prima di tutto. È una sfida enorme, ma se non la affrontiamo, i costi per la salute e l’economia saranno insostenibili”. Gasbarrini ha aggiunto che “il titolo della mia relazione è “Metainfiammazione, Disbiosi e Asse Enterolimbico”, due termini che magari per qualcuno sono nuovi ma in realtà, questa relazione potrebbe anche essere intitolata “Longevità”, un concetto che parte fin dall’infanzia. Quando parliamo di longevità, intendiamo l’età che l’Homo sapiens è programmato a vivere. In condizioni ottimali, l’essere umano dovrebbe arrivare a circa 110-120 anni. Questo significa che, a 90 anni, una persona dovrebbe essere ancora in buona salute. Oggi, però, tendiamo a considerare la persona che arriva a 90 anni come una persona che ha vissuto una vita lunga e felice, ma non è così. A 90 anni, si dovrebbe essere in buona salute e mirare a raggiungere i 110-115 anni. La scienza della longevità, infatti, ci dice che possiamo arrivare a questa età in salute, e questo non è un concetto riservato alla medicina geriatrica. La longevità non si decide a 85 anni, ma molto prima, a 5, 10 o 15 anni. Le “Longevity Clinics” che esistono negli Emirati, ad esempio, sono strutture pensate per bambini di 5-10-15 anni, dove i genitori, spesso molto ricchi, portano i figli con l’obiettivo di farli vivere sani fino a 110-120 anni. Ma, a livello mondiale, ci stiamo orientando verso questa direzione? Assolutamente no. Oggi, voglio partire dai bambini, perché se vogliamo parlare di longevità, dobbiamo chiederci: i bambini nel mondo sono sani? Guardate queste proiezioni: bambini sotto i 15 anni. È un disastro globale quello che sta accadendo. Se non facciamo qualcosa, tra 15-20 anni, i costi di queste problematiche saranno insostenibili. Oggi, in molti paesi in via di sviluppo, l’obesità è la nuova epidemia, non più la malnutrizione. Nei Paesi in via di sviluppo, infatti, è lì che vediamo il picco dell’obesità. Entro il 2050, si prevede che il 35% dei bambini nel mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, saranno obesi, non in sovrappeso, ma obesi. Già negli Stati Uniti, un disastro epocale è in atto: il 30% dei bambini sono sovrappeso e il 15% è insulino resistente. Un fenomeno che prima osservavamo a 50 anni, ora si manifesta a 25-30 anni, con un anticipo di almeno 20 anni. Questo scenario avrà impatti economici devastanti: nel 2050, i costi globali legati all’obesità supereranno i 18 trilioni di dollari. E non siamo preparati ad affrontare questa esplosione”. Per Gasbarrini, “la nostra risposta, purtroppo, è inefficace. Parliamo tanto della dieta mediterranea, ma la verità è che non la seguiamo più, né in Italia né nel mondo. Anche il nostro paese sta andando verso un’epidemia di obesità. Oggi, in Italia, il 40% degli adulti sono sovrappeso e il 20% obesi. Nei bambini, il 35-40% sono in sovrappeso e circa il 10% obesi. Il problema è enorme, e credo che solo in un paese come l’Italia, dove la cultura del cibo è così radicata, si possano affrontare questioni del genere con una discussione seria. Guardando ai bambini, pensiamo alla scena di un film neorealista: bambini magri, che giocano e sono ben nutriti. Oggi, purtroppo, la realtà è ben diversa: i bambini sono meno attivi, mangiano alimenti ipercalorici e la loro salute è compromessa. Un aspetto fondamentale sono le bevande zuccherate: dovrebbero essere bandite. Sono tossiche, eppure le vediamo continuamente, persino nelle scuole”. Ma come si arriva agli alimenti ultraprocessati? “Ci sono tre attori principali: il microbiota, il sistema enteroendocrino e l’asse limbico, il sistema che regola le nostre emozioni e impulsi primordiali. Il microbiota è un sistema che colonizza il nostro apparato digerente fin dalla nascita e ha un ruolo fondamentale nel controllo delle funzioni corporee. Sappiamo che è stato completamente alterato dall’alimentazione metainfiammatoria. Uno degli aspetti più rivoluzionari che stiamo scoprendo è che l’obesità non è solo una malattia non trasmissibile: si trasmette. Una madre obesa trasmette al suo bambino un microbiota che lo predispone all’obesità, un meccanismo che in passato era protettivo in caso di carestie, ma che oggi è diventato un problema. Il microbiota si struttura nei primi 10-12 anni di vita, quindi è fondamentale intervenire fin da subito, nei primi anni di vita. È lì che dobbiamo investire come società. E se una madre è depressa o obesa, trasmetterà anche questi fattori al figlio, influenzando la sua salute futura. Arriviamo quindi agli alimenti ultraprocessati, che sono un disastro per il nostro microbiota. Gli alimenti con 30 o più ingredienti sono dannosi, e tra i peggiori ci sono i dolcificanti artificiali, che ingannano il nostro sistema limbico e portano a un aumento dell’assorbimento calorico successivo. Gli emulsificanti presenti in questi cibi alterano ulteriormente il nostro intestino, portando a un peggioramento della salute metabolica. Infine, i farmaci come semaglutide e tirzepatide, usati per trattare il diabete e l’obesità, funzionano ripristinando l’azione degli ormoni intestinali che vengono danneggiati dagli alimenti ultraprocessati. Questi farmaci sono solo un palliativo: la vera risposta sta nel cambiare radicalmente la nostra alimentazione, tornando a un’alimentazione naturale”.

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