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CAMBIAMENTO CLIMATICO

Il green new deal conquista gli italiani, tra green economy, sharing economy e impegno

Dal Forum di Cernobbio, l’indagine Coldiretti/Ixè su “La svolta green degli italiani”. Focus: il rapporto Symbola
CERNOBBIO, Coldiretti, FORUM, GREEN NEW DEAL, Non Solo Vino
Gli italiani ed il green new deal

Il 90% degli italiani è d’accordo sul fatto che ognuno di noi possa fare molto per proteggere, l’ambiente ma il Paese si divide a metà (51%) sul sostegno della giovane attivista svedese Greta Thunberg e delle sue battaglie per l’ambiente. Allo stesso tempo, secondo il 59% delle persone dall’ambiente, con la green economy, possono nascere nuove opportunità di lavoro per accompagnare lo sviluppo sostenibile del Paese, e la sharing economy, con la condivisione di spazi di lavoro, trasporti e perfino il divano di casa, piace a più di 4 italiani su 10 (43%) che hanno sperimentato una di queste azioni nell’ultimo anno, mentre ben 3 italiani su 4 (75%) ritengono che la situazione ambientale nel mondo sia grave o gravissima. È quanto emerge dalla prima indagine Coldiretti/Ixè su “La svolta green degli italiani” nel 2019, presentata al Forum internazionale dell’agricoltura a Cernobbio, dove è stato aperto il primo “Salone dell’Economia Circolare” con le dimostrazioni pratiche delle esperienze più innovative delle imprese legate al Green New Deal della manovra economica del Governo con gli interventi salva clima.
Così, dall’indagine emerge che il 44% degli italiani si impegna nella lotta al cambiamento climatico anche riducendo gli acquisti di prodotti con imballaggi eccessivi
contro i quali la finanziaria prevede un bonus per i negozianti che attrezzano spazi dedicati alla vendita di prodotti sfusi o alla spina, alimentari e per l’igiene personale. Oltre la metà dello spazio della pattumiera nelle case - sottolinea la Coldiretti - è occupato da scatole, bottiglie, pacchi con i quali sono confezionati i prodotti della spesa con l’agroalimentare che è il maggior responsabile della produzione di rifiuti da imballaggio che oltre all’impatto ambientale ha una incidenza notevole sui prezzi. Spesso gli imballaggi costano più del prodotto, sia in quanto componente ma anche per il fatto che aumentano il peso da trasportare. La sensibilità ambientale è in crescita, ma esiste anche la consapevolezza che non tutti hanno lo stesso livello di preoccupazione per la salute del pianeta. Infatti - spiega la Coldiretti - più di 1 italiano su 3 (36%) ritiene che in genere le persone si comportino male o siano poco attente all’ambiente, con un 8% ancora più pessimista che le giudica per niente attente. Il 44% degli intervistati tende poi ad avere una visione né troppo pessimista e neppure totalmente ottimista, ma prevale il pragmatismo con la considerazione che l’italiano medio agisca a volte bene e a volte con maggiore trascuratezza nei confronti dell’ambiente.
Se poi si guarda alle scelte che ognuno è disposto a fare per tutelare l’ambiente - evidenzia la Coldiretti - esiste una schiacciante maggioranza del 72% che sarebbe disposta a ridurre gli spostamenti in auto, scooter e motocicletta mentre più di 6 su 10 (64%) potrebbero rinunciare all’aria condizionata., mentre sul fronte della gestione dei territori per il 52% ritiene urgente potenziare la raccolta differenziata che sarebbe la scelta preferita da 8 italiani su 10 (80%) rispetto alla presenza di un termovalorizzatore. Per migliorare la situazione ambientale il 59% degli italiani ritiene che siano necessari interventi radicali e urgentissimi sullo stile di vita. Tra le produzioni energetiche sulle quali dovrebbe puntare il nostro Paese 7 italiani su 10 (71%) si schierano per quella solare, 1/3 (32%) punterebbe sull’idroelettrico e un altro 10% sulle biomasse. Mentre il 61% si dice molto o abbastanza favorevole a sovvenzionare le rinnovabili: dal fotovoltaico al biogas.
Solo 1 italiano su 3 (32%) pensa che in realtà lo sviluppo di attività legate al clima e alla sostenibilità non possa generare posti di lavoro, ed esiste poi una residua fascia del 7% che pensa che addirittura li riduca. Il potenziale occupazionale - spiega Coldiretti - si può sviluppare su più fronti: dal rilancio delle fonti energetiche rinnovabili alla riqualificazione di abitazioni, scuole e uffici, dai nuovi piani urbanistici ecocompatibili per le città al riutilizzo e riciclo dei rifiuti, dalla ricerca di nuovi materiali agli interventi sul sistema idrico nazionale e la riduzione del rischio idrogeologico, dalle bonifiche delle aree industriali contaminate alla nuova mobilità, dal rinnovo di parchi e giardini ed alla creazione di nuove aree verdi, anche sui tetti e sulle facciate dei palazzi, fino allo sviluppo di un’agricoltura sempre più green. In questi settori - evidenzia Coldiretti - nell’arco dei prossimi cinque anni gli occupati potrebbero superare i due milioni di addetti. Un potenziale evidenziato anche dal fatto che l’Italia è il Paese con il maggior numero di giovani agricoltori (57.621 imprese nel 2018, in aumento del 4,1% rispetto all’anno precedente) che hanno reso le campagne del Belpaese le più green d’Europa, leader in Europa con quasi 60.000 aziende agricole biologiche e ha fatto la scelta di vietare la carne agli ormoni e le coltivazioni Ogm e a tutela dei primati nazionali della biodiversità. Una crescita trainata anche dai nuovi stili di consumo più attenti all’impatto ambientale e alla valorizzazione delle produzioni territoriali. Infatti - sottolinea la Coldiretti - la domanda di prodotti a km zero viene considerata in crescita nei prossimi cinque anni dal 64% degli italiani con 4 persone su 10 che sono disponibili a pagare fino al 10% in più per dei prodotti che non inquinano e un altro 24% di italiani che arriverebbe anche al 20% in più in favore di una spesa alimentare che non inquina.
La crescente sensibilità ambientale ha portato molti nelle campagne a dedicarsi ad attività sostenibili, ma - continua la Coldiretti - si assiste anche ad un forte presenza di agricoltori custodi impegnati nel mantenimento delle biodiversità con il recupero di animali e piante a rischio di estinzione. Una vera rivoluzione del lavoro in campagna dove le attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Il 19% degli italiani, quindi, ha sperimentato il coworking, mettendo in comune spazi di lavoro con altre persone che svolgono mestieri diversi, mentre per dormire c’è un gruppetto di avventurosi (5%) che ha ospitato sconosciuti sul divano di casa oppure ha dormito gratis su quelli altrui. E se i trasporti sono fra i principali “imputati” per i livelli di inquinamento, il 19% degli italiani nell’ultimo anno ha deciso di utilizzare i veicoli a noleggio con il car sharing per i piccoli spostamenti in città o anche di condividere l’auto con altre persone per lunghi tragitti per dividere i costi di viaggio. La difesa dell’ambiente - sottolinea la Coldiretti - non riguarda però solo la condivisione dei viaggi delle persone, ma anche quella delle merci e degli alimenti considerato che ogni pasto percorre in media 1.900 chilometri prima di giungere sulle tavole dei consumatori.
E l’avanzata della sharing economy si affianca a una sempre maggiore sensibilità contro gli sprechi, a partire da quella a tavola, ridotti o azzerati da più di 1 italiano su 2 (54%) secondo l’indagine Coldiretti/Ixè. Comportamenti virtuosi che vedono coinvolte soprattutto le persone dai 35 anni in su, mentre sotto questa soglia di età la propensione anti spreco scende, ma sempre su livelli elevati, al 41%. Le principali soluzioni adottate per non buttare il cibo - spiega Coldiretti - vanno da una spesa più oculata comprando solo per quello che serve davvero (74%) al riutilizzo degli avanzi per i pasti successivi (38%) grazie a una serie di ricette anti spreco che nascono dalla tradizione alimentare italiana. La rielaborazione gastronomica dei cibo avanzato - sottolinea Coldiretti - è una soluzione che piace di più alla fascia d’età fra i 18 e i 34 anni con una incidenza del 45% e i giovani vincono sugli adulti over 35 anche sull’attenzione alla data di scadenza dei prodotti (34%) e sulla riduzione delle quantità acquistate (30%), comportamenti che finiscono per coinvolgere quasi 1 italiano su 2. Ma la riduzione degli sprechi e l’attenzione alla sostenibilità esce anche dai confini della tavola e riguarda anche l’abbigliamento con 1 italiano su 5 (19%) che nell’ultimo anno ha acquistato o venduto abiti e accessori usati.
Solo l’1% degli italiani ritiene che la situazione sia poco grave: i cambiamenti climatici sono al primo posto fra i problemi per i quali è necessario intervenire con maggiore urgenza, seguiti dalla crescita della quantità dei rifiuti di plastica, dall’inquinamento dell’aria, dei mari e dei fiumi. I cambiamenti climatici causano poi eventi estremi che sempre più spesso si verificano da nord a sud della Penisola con nubifragi, tornado, grandinate, tempeste di vento provocando danni a coltivazioni e strutture e purtroppo anche vittime fra la popolazione. Nei primi nove mesi del 2019 - spiega Coldiretti - ci sono stati 1.336 eventi estremi, due volte e mezzo più di quelli della Francia e oltre sette volte in più rispetto a Spagna e Regno Unito. Rispetto allo scorso anno c’è stato in Italia un incremento del +75% degli eventi estremi. Una situazione che tocca direttamente la vita delle persone tanto che quasi 1 italiano su 2 (48%) discute spesso o molto spesso di ambiente e cambiamenti climatici e solo il 19% ne parla raramente o quasi mai. Fra gli interventi considerati più urgenti per limitare i problemi ambientali ci sono la raccolta differenziata (52%) e la depurazione dei corsi d’acqua e delle falde (37%) in un paese come l’Italia messa in procedura di infrazione da parte della Ue proprio perché - ricorda la Coldiretti - 237 centri urbani in 13 Regioni non dispongono di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane.
Mentre se si cerca un “colpevole” per l’inquinamento a livello internazionale - sottolinea l’indagine Coldiretti/Ixè - la Cina e gli Stati Uniti sono considerati rispettivamente al primo e al secondo posto con il 66% e con il 54% delle risposte. Rispetto ai singoli comparti produttivi emerge che a livello italiani quello industriale è ritenuto il principale responsabile dei problemi ambientali con il 76% dei giudizi, seguito dai trasporti con il 43% e dal settore energetico con il 23%, mentre l’agricoltura prende solo il 14% dei giudizi negativi. Al contrario per oltre 8 italiani su 10 (88%) l’agricoltura è una risorsa per l’ambiente. Fra gli agricoltori più del 65% pensa che il tema cambiamenti climatici sia trattato troppo poco nel dibattito pubblico - spiega un focus dell’indagine Coldiretti/Ixè - mentre una fetta ancora più alta (66%) ritiene che debba essere una priorità della politica considerato che l’81,4% degli agricoltori ha dovuto affrontare tempeste, frane e inondazioni, il 64,5% si è trovato a gestire periodi siccitosi e il 58% combatte contro insetti e parassiti che prima non c’erano.
“L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, con 14 miliardi di euro di danni negli ultimi dieci anni, ma è anche il settore più impegnato per contrastarli e non è un caso se al nostro villaggio contadino a Bologna il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia proposto proprio alla Coldiretti un patto per un Green new deal”, chiosa il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “I cambiamenti climatici si abbattono su un territorio reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire oltre un quarto della terra coltivata (-28%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari. L’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne che - conclude Prandini - serve dunque creare le condizioni affinché si contrasti la scomparsa delle campagne anche attraverso la nuova legge sul consumo di suolo”.

Focus - Il Rapporto Coldiretti/Symbola
Dalla sostenibilità alla qualità, dalla sicurezza al boom del bio fino a quello del turismo sostenibile, il Made in Italy vanta 10 primati che ne alimentano il successo in tutto il mondo. È quanto emerge dal Rapporto Coldiretti/Symbola sul made in Italy e la sostenibilità presentato a Cernobbio al Forum internazionale dell’agricoltura, con riferimento al Green New Deal della manovra economica del Governo con gli interventi salva clima. “Un riconoscimento del ruolo del settore agricolo come modello di sviluppo sostenibile - dice il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che - l’agricoltura italiana è anche una risorsa strategica per avviare una nuova stagione di crescita economica e lavoro per tutto il Paese”.
Secondo Ermete Realacci presidente della Fondazione Symbola, “l’Italia può affrontare le sfide che ha davanti, a cominciare dalla crisi climatica, se è conscia dei propri punti di forza e se incrocia territori e comunità con qualità, innovazione, bellezza”. Mentre per Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bonifiche Ferraresi, “il rispetto per l’ambiente, l’innovazione tecnologica e il controllo della filiera non sono valori inconciliabili, ma rappresentano elementi complementari per produrre in modo sostenibile e allo stesso tempo creare valore economico per gli azionisti”.
L’agricoltura italiana è tra le più sostenibili con appena il 7,2% di tutte le emissioni a livello nazionale con un trend in calo del -1% dal 2012 rispetto alla crescita registrata invece in Francia (+0,85%) Germania (+2,11%), Regno Unito (+2,29%) e con il record negativo della Spagna (+10,55%). L’Italia - spiega il rapporto Coldiretti/Symbola - è leader mondiale nelle produzioni di qualità con 5.155 prodotti agroalimentari tradizionali e con il 20% in più di prodotti a denominazione di origine (Dop, Igp e Stg) rispetto alla Francia e il 147% in più di quelli registrati dalla Spagna. Fra i cinque paesi europei più importanti dal punto di vista agricolo, l’Italia è quello con il minor numero di prodotti con residui chimici oltre i limiti di legge con appena lo 0,8% del totale contro l’1,3% della media Ue o il 5,5% dei prodotti extracomunitari. L’Italia si conferma anche ai vertici mondiali per aree coltivate a biologico con 1,95 milioni di ettari nel 2018 pari al 15,5% della superficie agricola. Se poi si guarda al turismo, ad attrarre gli stranieri in Italia non c’è solo arte, cultura e bellezza del paesaggio - evidenzia il rapporto Coldiretti/Symbola - il Belpaese detiene il primato per spesa enogastronomica dei turisti stranieri che in Italia per ogni 100 euro ne investono 21,95 a tavola.
Ai primati del made in Italy contribuiscono anche dagli agriturismi italiani nel 2018 hanno registrato 13,4 milioni di presenze (+63%) per un valore stimato di oltre 1,36 miliardi di euro. Ma il Paese può vantare risultati importanti anche nel campo dell’economia circolare e delle energie rinnovabili visto che l’Italia con 822.301 impianti fotovoltaici nel 2018 per una potenza totale di 20.108 MW ha il primato europeo di consumi energetici da rinnovabili con il 18,3% del totale contro il 17,5% della Spagna o il 15,5% della Germania ed è anche il quarto produttore mondiale di biogas con oltre duemila impianti in attività di cui 3 su 4 alimentati da residui di origine agricola. Il Made in Italy corre poi nel settore del legno arredo con un saldo commerciale positivo di oltre 8 miliardi nel 2018 rispetto ai 7,5 miliardi dei nostri diretti concorrenti polacchi e vanta - conclude il rapporto Coldiretti/Symbola - una densità di 200 robot ogni 10mila addetti quasi il doppio della media europea che si ferma a 114.

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