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FINE WINE

Il mercato degli investimenti in vino cresce, ma resta una nicchia. Lo speciale de “Il Sole 24 Ore”

L’analisi del direttore WineNews, Alessandro Regoli: “mercato in crescita, ma troppa euforia. Il vino va bevuto e condiviso, non solo posseduto”
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“Vino & Finanza” (con il contributo di WineNews): l’inserto sul quotidiano economico-finanzario “Il Sole 24 Ore”

Il mercato degli investimenti in vino cresce, e fa parlare di sé. Ma resta una nicchia, un asset alternativo a quelli più classici e strutturati. Che riguarda pochissime etichette (100/150), a livello mondiale, ed in particolare di brand al top per storia, prestigio e qualità riconosciuta a livello mondiale, di grandi territori, di vendemmie perfette, di tiratura limitata, con capacità acclarata di durare nel tempo, di valore economico importante ex cellar, e, quindi, per tutti questi motivi, in grado di rivalutarsi nel tempo. Ed è un mercato che richiede, comunque, una grande ed approfondita expertise. È la visione di WineNews, di un fenomeno, che raccontiamo da tempo memorabile, da anni ed anni insomma, cresciuto in maniera importante in questi anni, e di cui ora, con un Vinitaly alle porte (Verona, dal 2 al 5 aprile, con “Opera Wine”, anteprima della fiera mondiale, firmata dalla rivista cult americana Wine Spectator), si è occupato anche “Il Sole 24 Ore”, il più importante quotidiano economico e finanziario d’Italia, con uno speciale, in edicola in questi giorni, “Vino & Finanza - Dalle aste per le bottiglie cimelio agli investimenti nelle cantine”, curato da Alberto Orioli, vicedirettore del giornale, e dai giornalisti Giorgio dell’Orefice, Barbara Sgarzi ed Emiliano Sgambato, con approfondimenti ed interviste ad esperti, enologi, Master of Wine, case d’asta e a gestori di fondi di investimento in vino come Oeno, RareWine Invest, Crurated, Wineprofit, eWibe e Linquivex. Ed il contributo del direttore di WineNews, Alessandro Regoli, che, di seguito, vi proponiamo.

Focus - “Mercato in crescita, ma di nicchia”, l’intervista del quotidiano economico-Finanzario “Il Sole 24 Ore”, nello speciale “Vino & Finanza”, ad Alessandro Regoli, direttore WineNews

“Gli investimenti si fanno nel settore immobiliare, sui titoli di Stato, sulle obbligazioni e sull’azionario. Questi sono i grandi asset. Poi, in un basket composito, ci possono stare anche le opere d’arte, i gioielli, l’oro, gli orologi, le macchine d’epoca e anche il vino. Ma, per quest’ultimo, stiamo parlando di pochissime etichette (100/150), ed in particolare di brand top per storia, prestigio e qualità riconosciuta a livello mondiale, di grandi territori, di vendemmie perfette, di tiratura limitata, con capacità acclarata di durare nel tempo, di valore economico importante ex cellar, e, quindi, per tutti questi motivi, in grado di rivalutarsi nel tempo. Un mercato che è effettivamente in crescita come testimoniato anche dagli indici che lo misurano, ma che resta una nicchia frequentata da collezionisti, da investitori specializzati e da professionisti”.
A parlare del buon momento delle aste e degli investimenti sui grandi vini è Alessandro Regoli, direttore e fondatore (insieme alla moglie Irene Chiari) di quello che è nato come un sito web ma che, in 23 anni, è diventato un piccolo polo editoriale specializzato sul wine & food: winenews.it. Un polo (che, nel 2022, ha avuto 2.750.000 Ip-InternetProtocol Adress serviti, e 155.000 followers sui social) che conta una web tv, quattro newsletter (una quotidiana, due settimanali e una mensile) inviate ad oltre 50.000 tra produttori, esperti, opinion leader e semplici eno-appassionati e diventato nel tempo un vero e proprio punto di riferimento nel settore. Un canale media che, tra l’altro, è stato tra i primi in Italia a monitorare l’indice LivEx - The Fine Wine Market, l’indice che misura le quotazioni dei principali vini al mondo e che, in anni recenti, ha messo a segno performance di grande interesse. “Insomma, non basta avere in cantina qualche vecchia bottiglia per sentirsi baciati dalla fortuna. Le aste stanno funzionando ma - va ribadito - riguardano un ristretto numero di grandi vini, con parametri e rating perfetti. Non è un settore facile né facilmente monetizzabile. Si fanno investimenti che, con il tempo, se si rivelano giusti, possono garantire importanti incrementi di valore. Ma si tratta di saper selezionare le giuste “blue chip” o meglio “red chip” visto che stiamo parlando prevalentemente di grandi vini rossi. Al massimo una decina di Champagne, o qualche rara perla bianchista”.
E chi c’è in questo ristretto club di grandi vini?
Stiamo parlando, sostalzialmente, di 70-80 vini francesi, 20-25 italiani e 10/20 di altri Paesi del mondo. In tutto non più di 100/150 di etichette al mondo. Solo per fare qualche nome Château Lafite, Château Margaux, Château Mouton Rothschild, Château Haut-Brion, Cheval Blanc, Petrus, d’Yquem. La Borgogna con Domaine Romanée-Conti, Rousseau, Henri Jayer ... Gli Champagne Dom Perignon, Krug, Roederer, Bollinger, Pol Roger. In Italia, Sassicaia, Tignanello, Solaia, Ornellaia, Masseto, Barolo Monfortino di Conterno, i cru di Gaja, Case Basse di Soldera, Biondi-Santi con le Riserve di Brunello.
Quanto è importante la conservazione?
Decisiva. Le bottiglie devono essere perfette, conservate nella loro cassetta di legno. Oggi molte tra le cantine più importanti hanno sistemi anticontraffazione e tecnologie in grado di offrire garanzie sul contenuto della bottiglia. Sulle annate più vecchie questo è molto più difficile. Una componente di alea c’è sempre. Nelle aste, soprattutto, è fondamentale verificare lo stato perfetto di conservazione del vino, del suo livello, di etichetta, capsula. Serve cultura, conoscenza e preparazione o affidarsi a professionisti (expertise).
Che tipo di mercato si sta affermando?
Forse c’è un po’ troppa euforia in giro. E’ vero che le aste di vino come in genere le quotazioni dei vini stanno andando bene. Ma stiamo parlando - lo ripeto - di una nicchia. C’è il fenomeno dei collezionisti che devono avere la tale bottiglia nella propria cantina come status symbol e poi c’è un reticolo di enoteche specializzate che, soprattutto nelle aree a forte vocazione turistica, dalle città d’arte ai tanti luoghi di villeggiatura in Italia, che raccolgono bottiglie rare e le rivendono ai turisti big spender.
E le aste, vero che ce ne sono di diverse tipologie?
Innanzitutto, ci sono le aste benefiche che vanno tenute separate. Chi ci si avvicina non lo fa certo con finalità speculative, ma con l’obiettivo di aiutare persone in difficoltà. Ce ne sono di diverse e spesso i produttori regalano le proprie bottiglie da mettere all’asta per una buona causa. Dove sono più avanti è negli Usa dove mettono all’asta insieme a bottiglie pregiate viaggi e wine experience. Così può capitare di partecipare ad un’asta nella quale insieme a bottiglie di Solaia, Tignanello e Cervaro della Sala, tutti targati Marchese Antinori, c’è anche un tour di una settimana nelle tenute ed un pranzo con la famiglia Antinori. Sono offerte che puntano ad un maggior coinvolgimento dell’enoappassionato, ma che, per questo, fatturano anche di più. Altra cosa sono, invece, le “vere”aste di vino tout court bandite da case d’asta specializzate (Acker Wines, Hart Davis Hart, Christie’s, Sotheby’s, Finarte, Pandolfini, Bolaffi, Gelardini & Romani Wine Auction). Sempre più, poi, sono frequenti le aste ex cellar (che arrivano dai produttori direttamente), di intere collezioni private o di cantine di grandi ristoranti (ultima clamorosa - di una parte di bottiglie - dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze).
E le vendite en primeur? Un meccanismo ancora valido?
La vendita “en primeur” consiste nell’acquistare il vino prima ancora che sia messo in bottiglia e sul mercato. E’ stato creato secoli fa dai mercanti inglesi di vino di Bordeaux, ed era riservato soltanto ai commercianti. Poi aperto anche ai privati. Il meccanismo è decisamente redditizio. Un sistema che, con la piattaforma “La Place di Bordeaux”, è focalizzato sui vini bordolesi, ma si è ormai aperto anche ad altri grandi vini del mondo (valutati sulla base dei punteggi dei grandi critici e dei loro rating), tra cui diversi italiani. Si tratta di un sistema che conviene a tanti: ai produttori perché consente loro di avere un flusso di cassa costante ed una liquidità disponibile ben prima che le bottiglie siano realmente sul mercato; ai négociant che si garantiscono esclusive commerciali su vini di assoluto pregio, quasi sempre venduti su assegnazione; e conviene ai consumatori che possono acquistare grandi vini, spesso rari e prodotti in volumi limitati, a prezzi e valori che, quasi sempre, con il tempo aumentano.
La celebre massima dell’Avvocato Agnelli sugli investimenti nel vino è ancora valida?
L’Avvocato diceva che investire sul vino conviene perché se va male si può sempre berlo. Io consiglierei di berlo non solo se l’investimento va male. Condividere una grande bottiglia con i propri affetti e i propri amici attorno ad una tavola imbandita è in definitiva il vero senso del vino. Il fine ultimo della bottiglia non è possederla. Se le cose non vengono vissute e anche consumate è po’ come non averle mai avute.

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