Il 2022 del mercato secondario dei fine wines, al netto di una netta frenata negli ultimi due mesi, che lascia presagire un 2023 decisamente difficile, si è chiuso comunque con un’ulteriore crescita, certificata anche dal bilancio di fine anno di Wine Lister, che ha messo in fila gli atout di questi ultimi 12 mesi nel consueto “Wine Lister Leagues” 2022, sottolineando prima di tutto come i prezzi siano cresciuti di oltre il 10% in ognuno dei cinque indici regionali (Piemonte, Toscana, Bordeaux, Borgogna e California), anche grazie ad una media qualitativa sempre più alta, in ogni angolo del mondo enoico. Sul lungo termine, e quindi negli ultimi dieci anni, il territorio più performante è stato il Piemonte, il cui indice è cresciuto del 352%, seguito da Borgogna (+273%) e Toscana (+139%). Nel 2022, invece, a fare meglio è stata la Borgogna (+47%), davanti a Toscana (+25%), Piemonte e California (entrambe al +19%).
Le peculiarità di Wine Lister, nato per mettersi al servizio di chi investe nel vino e guidarlo attraverso uno standard di valutazione originale e completo, che tiene conto dei giudizi della critica, secondo i punteggi di Jancis Robinson, Vinous di Antonio Galloni, Bettane & Desseauve e della Master of Wine cinese Jeannie Cho Lee, del potenziale di invecchiamento, della popolarità e della presenza nei ristoranti, dell’andamento dei prezzi e dei volumi scambiati di ogni vino, è però quella di offrire degli atout di grande impatto su le tante sfaccettature del mondo dei fine wines, da un punto di vista spesso originale e diverso, ben riassunti nelle “Wine Lister Leagues”, classifiche che mettono in luce i cambiamenti e le novità registrate nel corso del 2022. A partire da quelle etichette che, secondo i punteggi della critica, hanno messo a segno le performance di crescita maggiori tra il 2020 ed il 2022: sono i “Quality Improvers”, una vera e propria top 20, in cui rientrano anche tre etichette italiane, tutte della galassia Frescobaldi, il Luce e il Brunello di Montalcino di Tenuta Luce della Vite e il Brunello di Montalcino Riserva di Castelgiocondo.
Altro aspetto parametrato da Wine Lister è quello relativo alle ricerche online, affidandosi ai dati del portale sul vino più frequentato e consultato dai wine lovers di tutto il mondo, Wine-Searcher, da cui emerge che al terzo posto tra i “Biggest Movers”, ossia tra quei vini che hanno scalato più posizioni nella classifica dei più cercati online, c’è il Brunello di Montalcino di Biondi-Santi, giusto dietro a Lafleur e Romanée-Conti Grands Echezeaux.
Tra le classifiche dedicate alle etichette del Belpaese, spicca la “Top Italian Value Picks”, ossia i must buy. Al top, il Sammarco 2016 e 2018 di Castello dei Rampolla, il Collezione de Marchi 2008 e 2010 di Isole e Olena e il Collezione Privata 2016 di Isole e Olena, con la 2015 un gradino più in basso, insieme al Terra di Lavoro 2004, 3007 e 2010 di Galardi, con il Brunello di Montalcino 1997 di Tenuta Fanti a chiudere la top ten.
Ai soli vini toscani è, invece, dedicata la “Top Tuscany Buzz brands”, basata sui punteggi di Wine Lister, che mette in fila i vini con una forte presenza nei ristoranti top del mondo, molto ricercati online e particolarmente popolari, riconosciuti dal fine wine trade internazionali per il loro prestigio. In vetta troviamo il Soldera Case Basse Sangiovese, seguito sul podio da Masseto e Le Pergole Torte di Montevertine. Quindi, il Solaia della famiglia Antinori, l’Ornellaia di Frescobaldi, il Brunello di Montalcino di Biondi-Santi (Tenuta Greppo), il Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie de Il Marroneto, il Brunello di Montalcino di Salvioni e il Sassicaia di Tenuta San Guido.
Ai vini piemontesi sotto le 50 sterline a bottiglia, infine, è dedicata la “Top Piedmont Must Buys Under 50”, che vede alla posizione n. 1 il Barbaresco Tulin 2011 di Pelissero, a pari merito con il Barolo San Rocco 2007 di Azelia, seguiti dal Langhe Now 2009 e 2015 di Pelissero, dal Barolo Bricco delle Viole 2005 di G. D. Vajra e dalla Barbera d’Alba Cerretta 2016 di Giacomo Conterno. Sul terzo gradino del podio, il Barbaresco Vanotu 2005 di Pelissero, la Barbera d’alba Cerretta 2015 di Giacomo Conterno, il Barbaresco Riserva Moccagatta 2014 dei Produttori del Barbaresco e il Barolo San Rocco 2012 di Azelia.
Focus - Cosa rende un vino iconico?
L’asse portante del report di “Wine Lister” è l’analisi dei membri fondatori - 56 professionisti del vino - su cosa renda un’etichetta o un produttore una vera e propria icona. Tra i key factors elencati, nessuno è tanto importante quanto il territorio, indicato dal 53% dei rispondenti come l’aspetto più importante: non c’è strategia di marketing che possa rimpiazzare le qualità intrinseche di un suolo e dei vini che da esso si producono. Aspetto che va ovviamente di pari passo con la qualità del vino, ma anche con la solidità del marchio e con la relativa scarsità sul mercato di una determinata etichetta. Piccoli volumi, così come prezzi inaccessibili e grandi punteggi, specie se sostenuti nel tempo, sono altri elementi fondamentali nella definizione di un vino o di un produttore iconico. Inoltre, un 20% indica invece la rilevanza di avere una storia unica da raccontare, che diventa “ispirazione” ed “autenticità”, ma soprattutto che sia in grado di incarnare il valore di una regione o di una denominazione. Il 17% degli esperti, invece, indica come aspetto fondamentale la domanda, perché in fin dei conti un vino iconico è quello che ogni collezionista o wine lover vorrebbe nella sua cantina, come risultato di tutti i fattori precedentemente elencati. Solo come ultimo aspetto c’è il peso del trade, legato a doppio filo all’hype che ha una certa etichetta, spesso generato dai punteggi della critica e quindi dalla popolarità a cui assurge.
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