Dalla case history di Yellow Tail, al successo mondiale di colossi come Treasury Wine Estate e Accolade Wine, fino ad un potenziale collasso. Potrebbe essere questo il futuro prossimo della viticoltura australiana, almeno secondo quanto hanno spiegato a “Decanter” i vertici della Murray Valley Winegrowers (www.mvwi.com.au), organizzazione che riunisce oltre 550 viticoltori del Paese. Secondo i quali, la svendita delle uve, con prezzi tagliati dal 20 al 50%, da parte di tre delle più importanti realtà produttrici del Paese, come Treasury Wine Estates, Accolade Wines e Pernod Ricard (che in Australia controlla tanti marchi, come il celebre Jacobs Creek), rischia sostanzialmente di mandare fuori mercato tantissimi viticoltori, costretti a vendere le uve in perdita, ma senza poter ammortizzare bilanci negativi con altre voci di entrata, come succede per i colossi. Una situazione che ha spinto la Murray Valley Winegrowers ad incontrare la Commissione Australiana per la Competizione e la Protezione dei Consumatori, e avviare una protesta formale nei confronti delle tre “major”, per “abuso di posizione dominante”.
“I produttori della Murray Valley stanno vendendo ben al di sotto della soglia di pareggio quest’anno” - ha dichiarato l’ad Marc McKenzie - e Siamo molto preoccupati da questo comportamento in tema di prezzi, che con tutta probabilità porterà alcuni produttori alla bancarotta”.
I profitti delle aziende produttrici australiane, per altro, si sono compressi fortemente nel corso degli ultimi anni, a causa sia delle fluttuazioni dei tassi di cambio valutari che della flessione nei consumi esteri, che hanno aggravato il problema dell’eccesso di offerta interno. Le esportazioni australiane sono calate del 6% in volume nel 2013 sul al 2012, a 678 milioni di litri, anche se il settore premium del mercato ha registrato aumenti fino al 3% dei prezzi al litro per il vino imbottigliato, secondo dati di Wine Australia. Sul tema, intanto, si è già mobilitato anche il Ministero dell’Agricoltura australiano ...
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