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Il mondo del vino italiano cerca di unirsi. Tutta la filiera insieme e coesa ha partecipato alla realizzazione del Testo Unico del vino e adesso guarda alle sfide future, specie in campo internazionale, a vantaggio dell’intero Belpaese

Una nuova “stagione” per il vino italiano all’insegna del motto “uniti si vince”. Sembra essere questo il primo risultato a cui sta portando il nuovo Testo unico del vino, presentato oggi a Vinitaly,, che ha anche il pregio di aver messo insieme tutte le realtà che costituiscono la filiera vinicola italiana mettendo da parte il vecchio retaggio dei campanilismi. Di questo primo importante risultato si è discusso nell’incontro “Vino: produttori e protagonisti in Europa e nel mondo”, moderato dal giornalista Andrea Scanzi, con Mario Guidi, presidente Confagricoltura, Dino Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani, Ruenza Santandrea, coordinatrice del settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative Italiane-agroalimentare, Sandro Boscaini, presidente Federvini, Domenico Zonin, presidente Uiv, Riccardo Ricci Curbastro presidente Federdoc e di Emilio Renato Defilippi, vicepresidente di Assoenologi. Da cui è emerso come il Testo Unico della vite e del vino è la prova tangibile del lavoro svolto dalla filiera italiana del vino, è stato ricordato, e rappresenta la risposta politica alle istanze delle organizzazioni che da tempo chiedono una semplificazione delle norme e una sostanziale sburocratizzazione delle procedure in materia vitivinicola. La stessa filiera oggi ha ribadito la necessità di continuare a lavorare in modo sistematico per rafforzare l’attenzione sul comparto e riportare il punto di vista delle aziende al centro della discussione per la determinazione delle politiche vitivinicole. Questo significa norme più vicine alle esigenze produttive, che favoriscano la crescita di competitività e non ostacolino lo sviluppo. La filiera evidenzia un ulteriore esempio di come le organizzazioni insieme siano riuscite ad avere una posizione ferma e univoca nella sensibilizzazione della politica nazionale ed europea: la sospensione della discussione della Commissione europea sull’ipotesi di liberalizzazione, nell’etichettatura dei vini senza indicazione geografica, dell’uso dei nomi di varietà attualmente riservate a Dop e Igp.

Il settore vitivinicolo è strategico per l’economia nazionale in termini di produzione (650.000 ettari vitati, 385.000 aziende agricole e 65.000 imprese nelle fasi industriali di vinificazione e trasformazione) e di mercati (con l’export che vale 5,4 miliardi di euro, ovvero il 15% di tutto l’agroalimentare).
Di qui la necessità - sottolineata dalla filiera - di tutelare i vini e i loro territori di origine, che negli anni sono diventati strategici anche dal punto di vista turistico, sviluppando capacità attrattive di respiro internazionale. Secondo le Organizzazioni occorre non disperdere il patrimonio che rende unica l’espressione enologica di ogni territorio. Un approccio corretto al bere passa attraverso il racconto del vino come elemento della nostra storia e della nostra cultura. Le organizzazioni chiedono ai governi nazionali ed europei un impegno maggiore per confortare le posizioni concorrenziali delle aziende con strumenti che favoriscano la loro competitività sui mercati internazionali e la capacità di assorbire variazioni di mercato. Dalla filiera arriva l’esortazione, alle aziende e alle istituzioni, a sfruttare meglio le risorse disponibili per attività promozionali. Il nuovo decreto sull’Ocm promozione, voluto fortemente dalla filiera ed appena passato in Conferenza Stato Regioni, offre l’opportunità per gestire in modo più completo ed efficace i fondi europei supportando quei progetti in grado di aumentare il valore delle nostre esportazioni, puntando sui Paesi emergenti e consolidando quelli già partner di scambi commerciali, favorendo iniziative integrate tra imprese in grado di affrontare l’export con una comunicazione efficace e incisiva. Per fare tutto questo occorre essere uniti ed evitare interventi pubblici non coordinati che portano soltanto a spreco di energie e risorse, mentre nel mondo le nostre denominazioni subiscono continui attacchi di contraffazione e agropirateria. Per questo si auspicano negoziati bilaterali per aiutare il settore a difendere il patrimonio vitivinicolo italiano, consentendo l’effettiva tutela delle denominazioni di origine e riconoscendo agli Stati produttori il diritto di intervenire in ambito internazionale facendo cessare gli abusi.

Alla platea e alle istituzioni il messaggio delle Organizzazioni è chiaro: il futuro della vitivinicoltura è strettamente correlato alla capacità di far leva sugli elementi vincenti che caratterizzano l’intero comparto, a patto che ci sia una visione complessiva lungimirante e una valutazione delle misure di sostegno concertata e approfondita con tutti gli attori della filiera.

Secondo Guidi “anche a livello europeo la filiera unita e coesa ha fatto capire alla Ue che l’Italia è un paese che ha suoi obiettivi e strategie. Il lavoro svolto sul Testo unico è stato molto lungo e faticoso ma ci ha portato a licenziare un testo fondamentale per rendere più competitivo il settore del vino e i costi burocratici che pesano sullo sviluppo delle nostre imprese. Dovremo poi affrontare insieme la richiesta dell’aumento del vigneto Italia pari 6600 ettari”. Questo, ha detto ancora, “ci obbliga a ragionare su come mettere delle regole perché la deregulation rischia di non far governare il settore. Sul fronte internazionale, l’Italia del vino, e non solo, ha bisogno di internazionalizzarsi a livello però di pensiero. Parliamo spesso di internazionalizzazione ma non la pensiamo e non la decliniamo nel modo corretto. Il dialogo nella filiera aiuta a crescere anche in questo per diventare meglio dei nostri cugini francesi”, ha concluso.

Secondo Dino Scanavino “siamo riusciti ad avviare un percorso virtuoso che ha messo in campo le tante diversità della filiera vinicola italiana. Un percorso che va oltre la sola modifica normativa che semplifica gli adempimenti per il settore ma che allo stesso tempo certifica come sia possibile collaborare per vendere più vino. Cerchiamo di costruire un sistema che produca ancora più successo nel mondo. L’Italia è un brand potente perché ha molte esclusività e dobbiamo mettere a sistema la nostra grande biodiversità , affidarla a potenti comunicatori e usare le risorse pubbliche solo finalizzandole al successo dell’intero sistema”.

Ruenza Santandrea ha osservato come il successo del vino italiano è cresciuto moltissimo a livello internazionale ma al tempo stesso “in Italia è calato il consumo procapite. Inoltre anche in Italia ha preso piede il consumo degli spumanti o vini più easy perché accompagnano le mutate abitudine di vita degli italiani. Per questo dobbiamo iniziare a parlare di libertà di gusto e di pensiero. Il modo di comunicare il vino e come abbinarlo al cibo, segue dei codici troppi rigidi. Se tutto diventa troppo liturgico rischia di allontanare le persone invece di avvicinarle mentre il vino da sempre accompagna l’italiano nella tavola. Consumare gli alcolici in maniera anglosassone è fine a se stesso mentre è necessario far passare l’idea che il consumo del vino in modo “mediterraneo” è quello corretto”.

Per Sandro Boscaini (Federvini) “la filiera del vino ha lavorato a lungo, intensamente, e in maniera dialettica e propositiva per arrivare al risultato del testo unico che è di assoluta importanza. Adesso siamo fiduciosi che il Parlamento concluda il suo iter arrivando a un buon testo di legge che guardi anche al futuro. Il Testo dovrà infatti avere una vita lunga e per questo occorre pensare a delle ’valvole’ di aggiornamento”.

Secondo Domenico Zonin “66.000 ettari di nuovi impianti in un anno è impensabile e incredibile. Se avessimo liberalizzato i diritti di impianto, già oggi ci troveremmo con 66.000 ettari in più ma questo vorrebbe dire sovrapproduzione e crollo dei prezzi. Non ci stiamo comportando male visto che cresce il nostro export” però “occorre rivedere la ripartizione delle risorse per la promozione a livello regionale. Si è deciso di dare soldi alle regioni in base alla quantità di vigneti. Però una regione può avere molti ettari vitati ma poche aziende che esportano. Per questo certe regioni prendono i soldi e li dirottano su altre misure senza darle alle aziende per l’internazionalizzazione. Occorre perciò prendere decisioni non burocratiche. Inoltre la priorità non deve essere per forza aprire nuovi mercati ma andiamo in quelli dove si cresce. Ad esempio, mercati storici e di assoluto riferimento come gli Usa in questi primi mesi dell’anno hanno aumentato del 10% la domanda di vini”.

Ricci Curbastro ha ricordato che proprio ieri al Vinitaly, il presidente della Repubblica Mattarella “ha sottolineato che il vino è cultura, territorio,economia e società. Il altre parole il vino è il nostro paese. Abbiamo investito milioni di euro per promuovere i nostri vini nel mondo ma abbiamo fatto dei passaggi che finiscono per danneggiarci. Ad esempio con gli accordi bilaterali con gli Stati Uniti, tra i prodotti che soffriranno di più c’è proprio il vino perché in Usa potranno usare il nome dei nostri vini. Già oggi in America si può produrre Chianti. Questo non è un problema che riguarda solo il vino ma riguarda tutto il paese e deve diventare una questione nazionale”.

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