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Il Mondo

I veri grandi del vino. Le etichette italiano conquistano i mercati esteri. Grazie a 166 produttori di successo. E' solo marketing ? No, dietro il successo c'è la qualità sempre più alta ... In tutto 50 milioni di ettolitri: è la prima stima della produzione di vino 2003 elaborata dall'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) e dall'Unione Italiana Vini. Se le previsioni non verranno contraddette dai capricci metereologici, sempre pronti a guastare il sonno dei viticoltori, si tratta di un volume in aumento rispetto al 2002 (una delle più magre annate degli ultimi 60 anni, con 44,6 milioni di ettolitri), anche se ancora al di sotto della produzione media italiana che nell'ultimo decennio si è attestata sui 55,3 milioni di ettolitri. Litro più litro meno, si tratta di un'onda d'urto che pesa più del 20% sulla intera produzione mondiale e più di un terzo su quella del Vecchio continente.

Super export

Ma quel che conta è che una fetta consistente della produzione del Paese, il 30% circa, passa la frontiera e fa dell'Italia il primo esportatore al mondo, con una quota di mercato del 21% contro il 23% della Francia e il 16% della Spagna.

Wine, che passione

Un primato che si è tradotto lo scorso anno in oltre 3 miliardi di euro di fatturato, consegnando al vino la leadersip tra le voci dell'export agroalimentare. Cartina di tornasole di questo boom è la piazza statunitense, la maggiore al mondo per i vini in bottiglia: in base alle ultime indicazioni dell'Italian Wine & Food Institute, le importazioni Usa di etichette italiane nei primi quattro mesi di quest'anno hanno registrato un incremento del 9% in quantità e del 29% in valore. Chi c'è dietro queste perfomance? Chi sono i protagonisti di questo successo, fatto sì di eccellente prodotto, ma anche di capacità manageriali, di forza di marketing? Prima di tutto, le grandi aziende che sono riuscite a competere sul difficilissimo mercato internazionale.

I criteri della classifica

Il Mondo ne ha individuate 36 con un fatturato superiore ai 10 milioni di euro alla fine del 2002: dal Giv, il Gruppo Italiano Vini, gigante del mercato con un fatturato consolidato di 245 milioni di euro, alla Fattoria dei Barbi, storico marchio del Brunello di Montalcino, a controllo e gestione familiare, con un giro d'affari di poco superiore ai 10 milioni di euro. Come si può vedere nella classifica realizzata in base al fatturato, si tratta di una rosa di aziende con caratteristiche molto diverse.

Big e griffe

Accanto alla maxi cooperativa Caviro, che associa 20.000 viticoltori e vende buona parte dei suoi 173 milioni di litri di vino nei contenitori in Tetra brick (con il marchio Tavernello), ci sono cantine come la Marchesi Antinori, la Marchesi de' Frescobaldi, la Barone Ricasoli o la Tasca d'Almerita (tanto per restare tra produttori di sangue blu) con una produzione di tutt'altro tipo, che conta in prevalenza etichette pregiate. Quelle, per intenderci, che hanno fatto bella l'immagine del vino italiano nel mondo. Al di là delle dimensioni, infatti, la punta di diamante dell'enologia nazionale è rappresentata da tutte quelle cantine, piccole e medie in molti casi, che firmano i grandi rossi, i grandi bianchi, i grandi spumanti.

Fuoriclasse in botte

È senza dubbio qualità altissima quella che esce dalle cantine dei vignaioli fuoriclasse e delle cosiddette grandi griffe del mercato enologico: una distinzione difficile e forse un po' forzata, giusto per collocare su un gradino più alto quei produttori che hanno alle loro spalle un lungo cammino di costanti e consolidati successi e una produzione non limitata a un'unica etichetta di grido. I piemontesi Angelo Gaja e Giacomo Conterno, due re del Barbaresco e del Barolo; il veneto Romano Dal Forno con il suo Amarone; i toscani Antinori e Mazzei di Fonterutoli con i loro supertuscan (e non solo) venerati dagli appassionati; o, ancora, i trentini Carlo Guerrieri Gonzaga padre del mitico rosso San Leonardo e Ferrari, ultracentenaria e blasonata casa spumantistica della famiglia Lunelli, che è anche una delle poche che lavora uve coltivate nelle proprie vigne: tutti questi sono esempi tangibili di questa élite. Alla quale partecipano però di diritto tre aziende più giovani che rappresentano clamorosi casi di successo: Planeta, simbolo dell'affermazione che sta riscuotendo l'intera enologia siciliana; Feudi di San Gregorio, principale artefice della rinascita e del lancio internazione del vino campano; Arnaldo Caprai. La cantina umbra guidata dal giovane Marco (il personaggio di copertina, ndr) che è uno dei talenti del mercato: prese le redini dell'azienda paterna, Marco Caprai vi ha investito risorse notevoli facendo letteralmente esplodere in Italia e all'estero l'immagine del Sagrantino di Montefalco e del suo territorio, pressocché sconosciuto fino a una decina di anni fa. Pluridecorato è il suo rosso potente 25 anni Montefalco Sagrantino, fiore all'occhiello di una produzione che crede forse più di altri nella ricerca.

Cantine celebri

La musica non cambia scorrendo le cantine altrettanto celebri raccolte sotto l'etichetta di grandi griffe. Rappresentano tutta l'Italia. Il Piemonte con Conterno Fantino, Aldo Conterno, Ceretto (firme del Barolo), ma anche con Armando Parusso e la sua Barbera. L'Abruzzo con Gianni Masciarelli, punto di riferimento del Montepulciano assieme a Edoardo Valentini; la Basilicata con le Cantine del notaio, dove il giovane Gerardo Giuratrabocchetti ama e lavora un vitigno antico come l'Aglianico; il Lazio con la Falesco, maison dei due fratelli (ed enologi di grido) Renzo e Riccardo Cotarella, produttori del famoso Montiano, merlot in purezza. Super rappresentato il Veneto: uno per tutti è Fausto Maculan, firma internazionale, che si è preso la briga di riscoprire il Torcolato. O, ancora, la Sicilia, dove Donna Fugata della famiglia Rallo ha già celebrato, i primi di agosto, la sua vendemmia notturna, diventata un evento.

Gli emergenti

Una più dell'altra, queste cantine emergono nel panorama nazionale. Ma tutto possono fare, meno che vivere sugli allori. Si sta infatti allargando a macchia d'olio una nuova classe di aziende, che per nulla intimorite di fronte ai baroni del mercato, si fanno sotto con proposte nuove, vini giovani e interessanti. E non si tratta solo di novellini. Non sono poche infatti le case vinicole di lunga tradizione, che, cresciute su una produzione più commerciale, hanno deciso di cambiare passo, investendo molti quattrini per qualificare le vecchie linee e avviando contemporaneamente nuove etichette a più alto target. Qualche esempio? Pasqua, Cecchi, Rocca delle Macie, Fazi Battaglia, Gancia, Fratelli Martini, Zonin.

Nel segno della qualità

A volte si tratta di una scalata a mani nude e con poca soddisfazione, vista la lenta percezione del mercato. Ma già si avvertono segni di inversione di tendenza. Un caso scuola può essere quello di Gianni Zonin: un nome e un marchio che si trascina ancora dietro un'idea di vino molto commerciale, costruita attorno alla grossa azienda veneta di famiglia. Ma l'imprenditore-banchiere (che presiede la Popolare di Vicenza) ha nel frattempo girato la boa e dedica oggi energie e investimenti alla cura delle sue aziende gioiello in Toscana, Piemonte e Sicilia, dopo essersi assicurato la collaborazione di Franco Giacosa, uno dei migliori enologi italiani. È vero, del resto, che un enologo capace può cambiare il corso di un'azienda e contribuire in maniera decisiva al suo successo. Non a caso i migliori professionisti, spesso free lance, sono ormai diventati delle prime donne super pagate. C'è per esempio Giacomo Tachis dietro le clamorose affermazioni di vini come Sassicaia e Solaia. C'è Riccardo Cotarella vicino alle famiglie Capaldo ed Ercolino proprietarie dei Feudi di San Gregorio, c'è Carlo Ferrini, accanto a Ricasoli, Mazzei di Fonterutoli, La Massa, Tasca d'Almerita, Donna Fugata, tanto per citare alcune delle cantine curate dall'enologo toscano. Restando ancora nell'universo delle maggiori aziende, molte le novità. A cominciare dalla nuova passione dei Lunelli: consolidata la leadership nelle bollicine la famiglia si sta ora appassionando anche alla produzione di vini fermi, rossi e bianchi in Toscana e in Umbria nella zona del Sagrantino. Due iniziative di cui si prende cura Marcello Lunelli, terza generazione che scende in campo alle Cantine Ferrari. È nata inoltre quest'anno un'azienda in Sicilia che è nuova e vecchia allo stesso tempo: è la Case vinicole di Sicilia, proprietà del gruppo Ilva di Saronno che ha riunito in un unico polo due storiche cantine dell'isola, Florio e Duca di Salaparuta, con Carlo Casavecchia al timone. Mentre a Castellina in Chianti, Rocca delle Macie di Sergio Zingarelli si allarga nel Morellino e stringe accordi commerciali in Franciacorta e Montalcino, a Verona, il gruppo Masi ha riunificato sotto un unico cappello le aziende Masi agricola e Boscaini, distinguendo con il nome Famiglia Boscaini solo le etichette di alta gamma.

Affari in crescita

E ora passiamo agli emergenti. Il Mondo ha messo in vetrina 48 aziende appartenenti a questa categoria: da Contadi Castaldi del gruppo Terra Moretti (produce tra le migliori bollicine della Franciacorta, come la sorella Bellavista più grande e già al top del mercato) alla Barone Pizzini: altra dinamica azienda franciacortina che si distingue per le sue coltivazioni biologiche, oltre che per i nuovi investimenti finalizzati alla produzione di vini fermi, nella maremma Toscana (Poderi di Ghiaccioforte), nelle Marche (Pievalta Domine), in Puglia (Le Fabriche). In forte crescita anche la tenuta Sette Ponti in Toscana di Antonio Moretti: un imprenditore della moda che ha preso gusto (e sta prendendo medaglie) a fare il vino. Non a caso la sua prima azienda ha già due sorelle: in Maremma e in Sicilia (Feudo Maccari, tra Noto e Pacino, con 50 ettari di vigne a Nero d'Avola), mentre una delle sue etichette, Oreno, ha appena ricevuto un punteggio di 95 da Wine Spectator, testata americana tra le più autorevoli del settore.

Stelle e riconoscimenti

La crescita della Fattoria del Colle a Trequanda, ma anche lo sviluppo della cantina di Montalcino (Casato prime donne) hanno procurato a Donatella Cinelli Colombini, figlia d'arte e imprenditrice di riconosciuta capacità, l'oscar dell'Associazione italiana sommelier come miglior produttore dell'anno. Interessante anche lo sviluppo della Convento Gries a Bolzano: da vino da messa a uno dei migliori Lagrein. E successi anche per la Antonio Caggiano in Campania, la Fattoria San Francesco a Cirò in Calabria. Ancora a est, ma in provincia di Treviso, Francesco Cosulich, vignaiolo con la passione del rugby cura la sua tenuta Collalbrigo (1 milione di bottiglie tra prosecchi, bianchi freschi e rossi di corpo), ma non solo. Cosulich è anche a fianco della moglie Giulia intenzionata a valorizzare la proprietà di famiglia: gli Antichi Poderi Conte Luigi Fratta Pasini nel veronese dove si produce Amarone. E assieme a lei si è messo a fare vino anche in Croazia.

Etichette premiate

Si cambia latitudine, in Sicilia: Firriato, Calatrasi e Cusumano macinano riconoscimenti. L'azienda agricola Cusumano ha appena incassato la nomination quale migliore produttore italiano dalla International wine e spirits competition di Londra. Calatrasi cresce a vista d'occhio con vini di successo prodotti nelle sue terre tutte rigorosamante al sud: Sicilia, Tunisia e Puglia, dove ha nuovamente investito comprando altri 200 ettari per uve Primitivo e Merlot. Tutti esempi di una categoria di aziende ben lanciate, in alcuni casi passando attraverso nuove politiche aziendali già premiate dalla critica e dal mercato, che non pretende comunque di fotografare il gran numero di cantine emergenti lungo lo stivale.

Giovani e programmi

Altra categoria ancora: quella delle aziende (in qualche caso giovanissime), che presentano potenzialità, programmi e spalle finanziarie tali da far scommettere su una loro rapida affermazione. E che presto potranno salire nella classifica delle emergenti. Qualche caso? Quello della brianzola La Costa della famiglia Crippa che ha deciso di fare qualità in una zona non troppo vocata come la Brianza e a quanto pare ci sta riuscendo molto bene. O anche quello della Fattoria di Magliano, in Maremma, importante proprietà dell'industriale calzaturiero Agostino Lenci: 43 ettari di vigna, tre etichette (il vermentino Pagliatura, il Morellino Heba, un blend tra Merlot e Cabernet, Poggio Bestiale) e un'enologa, Graziana Grassini, che è una garanzia. Agguerrita e ben strutturata anche l'azienda Castello delle Regine di Paolo Rodari, in Umbria, tra i comuni di Amelia e Narni. Alla cura degli 80 ettari di vigne c'è l'enologo Franco Bernabei che segue i primi vini della casa che ha cominciato la vinificazione nel 2000.

Un progetto nuovo

Sempre in Umbria, la più grande cantina della regione, Colli Perugini, ha appena lanciato sei nuovi vini (con vitigni autoctoni) per un target medio alto; mentre in Abruzzo, nell'Azienda agricola Valle reale, la famiglia veneta Pizzolo ha in mente un progetto di vini modello dell'Italia centrale, cominciando con il Montepulciano in purezza. Un ex banchiere, Gerhard Hirmer, e un mecenate dell'arte, l'americano Frank Grace, sono i punti di riferimento del Molino di Grace: una azienda a Panzano in Chianti che da tre anni ha avviato una produzione di Chianti classico, avvalendosi della consulenza di Franco Bernabei. Mentre è Carlo Corino che affianca Paolo e Noemia D'Amico (armatore) a Castiglione in Teverina nel Lazio dove producono 40 mila bottiglie tra bianchi e rossi. A volte, anche un nome un po' bizzarro può attirare attenzione. Forse anche per questo si chiama Mezzopane un vino rosso prodotto a Montalcino nella tenuta di Poggio San Polo dalla famiglia veronese Fertonani. Il capo famiglia, Mario Fertonani, è il presidente di Unicredit banca d'impresa, ed è quindi la figlia che si occupa della giovane azienda vinicola dove si producono anche Brunello e Rosso di Montalcino. Ma ci sono ancora altri esempi di aziende con interessanti prospettive. Eccone alcuni. Tallarini, una delle più importanti case della Valcalepio, con un fatturato che sfiora i 5 milioni di euro; Montenisa, la nuova realtà dei Marchesi Antinori dove le tre figlie Albiera, Allegra e Alessia firmano il primo brut della famiglia prodotto in Franciacorta.

Dalla fabbrica alla vigna

Ancora: la tenuta Belguardo e la tenuta La Marsiliana in Maremma, la prima dei marchesi Mazzei, la seconda del principe Duccio Corsini proprietario della Fattoria Le Corti a San Casciano; Baglio del Pianetto, la nuova avventura imprenditoriale siciliana di Paolo Marzotto; le Tenute di Vallarino, nuova impresa per la produzione di rossi piemontesi della famiglia Gancia che hanno al loro fianco per questa iniziativa l'enologo Beppe Caviola e l'agronomo Federico Curtaz. Insomma, da nord a sud della penisola, lo sforzo per emergere dei tanti imprenditori impegnati tra le vigne è tangibile. Ed è una gara durissima in un contesto popolato da una miriade di aziende: più di 800.000 secondo l'Associazione Enologi ed Enotecnici Italiani, che calcola anche in 720.000 ettari la superficie nazionale coperta da vigne. Un vero esercito che rappresenta più di 1 milione di addetti (calcolando l'intera filiera del vino) e ruota attorno a un prodotto, il vino, che come la moda, è ormai diventato uno dei simboli del made in Italy nel mondo. Il vino stile di vita, fenomeno di costume, veicolo del territorio (in compagnia della cucina, dei prodotti locali, della cultura), espressione del buon gusto, compagno d'arte, di sport, del tempo libero. È questa la cornice con cui si confrontano oggi le aziende vitivinicole italiane, dai super big ai piccoli: da Zonin, proprietario di 1.800 ettari di vigne, al giovane Andrea Faccio che a Villa Giada, a Canelli, produce la sua ottima Barbera.

Gli enonauti

Con convinzione o loro malgrado, gli uomini e le donne del vino sonooggi al centro di un'esplosione di eventi, punto di attrazione delturismo enologico e dei suoi figli: dal Movimento del Turismo del Vino alle Strade del Vino. Iniziative di marketing indovinate che muovono ogni anno più di 3 milioni di enonauti, per usare l'etichetta che è stata cucita addosso ai turisti che si muovono tra i luoghi del vino, in cerca della cantina famosa o della novità. Una folla che conta tanti giovani tra i 25 e i 45 anni, con una grande partecipazione di donne, che incontra i produttori, scopre il rito della degustazione e tira la volata al settore. Che cresce.

La qualità paga

L'ultimo Rapporto Mediobanca-Sole 24 ore ha registrato sviluppi del fatturato del settore e margini operativi che crescono in funzione della qualità della produzione. In sostanza chi fa buon vino ha successo, e guadagna anche di più. E sebbene gli utili nel 2002 abbiano accusato per la prima volta in sei anni una flessione del tasso di crescita, il tempo resta improntato al bello. È così che vino e vigna continuano ad accogliere nuove iniziative imprenditoriali, sollecitano importanti investimenti per ammodernare strutture e reimpiantare vigneti (nel 2002 c'è stato un incremento degli investimenti fissi del 20%); provocano la nascita di nuove fiere professionali, sedi di lavoro e di grandi iniziative: hanno richiamato stampa e operatori da tutto il mondo le degustazioni dei migliori vini italiani organizzate in Sicilia e a Verona da Civiltà del Bere. Ogni medaglia, però, ha il suo rovescio. L'ombra su questo mondo frizzante è oggi rappresentata dal livello dei prezzi raggiunto dal vino di qualità. Basta la valutazione positiva di qualche noto esperto, una buona promozione, un punteggio alto nelle guide enologiche o la semplice residenza in un territorio cult come Montalcino e voilà, il prezzo di molte, troppe etichette, va alle stelle. Molto spesso al di là del valore del loro contenuto. Ma, appunto, ogni bel gioco dura poco. E gli alti prezzi raggiunti dalle cosiddette etichette di qualità, rischiano di diventare una palla al piede delle cantine e far perdere posizioni al mercato nei confronti di una concorrenza internazionale da parte di paesi come l'Australia o il Cile che sta diventando aggressiva. A maggior ragione in una fase riflessiva di tutti i mercati, di cui si avvertono i segnali anche in Italia.

La sfida del prezzo

Qualità a un prezzo più contenuto e una forte identità del prodotto con il territorio: è dunque questa la sfida che hanno di fronte i protagonisti del vino. Anche quelli che possono già vantare un'immagine consolidata. Anche le grandi griffe che rappresentano il fior fiore della produzione nazionale e hanno già un folto pubblico di appassionati che cerca e compra i loro vini.

Tesori in cantina

Pochissimi, o forse nessuno, può evitare di raccogliere il guanto. Certo, una bottiglia di Sorì Tildin di Gaja, bandiera dell'enologia italiana o un Solaia dei Marchesi Antinori conservano quotazioni altissime sotto qualunque vento. Così come un Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi, griffe storica del Brunello, è ricercata dai collezionisti nelle aste di tutto il mondo e aumenta di valore anno dopo anno. Si tratta però di etichette mito, di Rolls Royce della cantina, tantoè vero che anche tra i fuoriclasse si sta meditando su una più accorta politica di prezzo. La spinta, del resto, viene dal mercato, che proprio di fronte a un'offerta sempre più variegata è convinto più che mai che per bere bene non è necessario spendere una fortuna. Anzi.

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