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Il Mondo

Zonin: “Silvio, riduci le tasse sul vino”. La campagna promette grandi volumi e qualità. Ma qualche produttore è preoccupato. Motivo? Consumi fermi, cantine piene e troppa concorrenza. Così uno dei grandi del settore lancia un appello a Berlusconi. Cantine & classifiche: chi ha vinto nel 2003. Ed i timori per la vendemmia 2004 … Dimezzare l'Iva sul vino dal 20% al 10%: è quanto sta per chiedere al presidente del consiglio Silvio Berlusconi Gianni Zonin, uno dei maggiori operatori vitivinicoli italiani. Nell'ambito di una lettera aperta, Zonin invita il Governo a prendere provvedimenti in favore del settore alle prese con una persistente fase di rallentamento dei consumi. La sollecitazione raggiungerà Roma alla vigilia della vendemmia 2004. Una vendemmia che si prospetta molto abbondante. Troppo per Zonin, alla luce dell'attuale congiuntura: «In Italia ci
>sarà un incremento della produzione di almeno il 15%», dice al Mondo l'imprenditore veneto (anche presidente della Banca popolare di Vicenza) proprietario di 1.800 ettari di vigneto. «Se poi allarghiamo l'orizzonte all'Europa ci troviamo di fronte a una raccolta record della Spagna e a una ricca vendemmia della Francia: complessivamente si può parlare di una produzione europea in eccesso di 25-30 milioni di ettolitri. E ciò significa tornare indietro agli anni Ottanta contraddistinti da una superproduzione cronica». Troppa uva per Zonin, troppo poca invece per la Coldiretti presieduta da Paolo Bedoni, che giudica la vendemmia 2004 come una delle più scarse degli ultimi 30 anni, dal momento che l'incremento dei volumi è calcolato nei confronti del 2002 e del 2003, le due peggiori stagioni del periodo.

Ma, insomma, che cosa accade? Da Nord a Sud i vigneti sono carichi di grappoli. La qualità sembra eccellente. Le prime uve bianche che sono arrivate in cantina hanno un aspetto magnifico, sono ricche di quei profumi che il caldo eccessivo del 2003 aveva in parte bruciato e promettono vini di grande piacevolezza. E se il tempo non farà scherzi nelle prossime due settimane, anche i rossi, che rappresentano il cuore della produzione vinicola e l'asse dell'economia del settore, daranno buoni risultati, eccellenti in molti casi. Tutto questo dopo due anni di magra, per colpa di anomalie metereologiche, che nel 2002 avevano addirittura costretto aziende produttrici di Barolo, Chianti classico, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco a rinunciare ad alcune etichette che non sarebbero state ai massimi livelli. E adesso che il tempo si rimette al bello i vignaioli si preoccupano? «È sempre un equilibrio molto delicato quello tra gli aspetti economici della filiera e quelli produttivi», dice Piero Mastroberardino, proprietario dell'omonima casa vinicola campana e
presidente della Federvini, preannunciando una produzione 2004 di 50 milioni di ettolitri o poco più. Stima che tiene conto di eventuali eventi metereologici che potrebbero creare qualche problema, come è già avvenuto in qualche zona del Friuli e del Veneto». «Io parlerei di un aumento produttivo di circa il 10% e non di una sovrapproduzione: casomai siamo di fronte a una produzione superiore all'assorbimento del mercato».

E qui sta il punto. La combinazione meno consumi-più vino-concorrenza sempre più spinta (anche da parte di mercati emergenti come Australia, California e Cile) rappresenta motivo di grossa preoccupazione un po' per tutti gli operatori che in qualche caso hanno ancora le cantine piene delle bottiglie dell'ultima annata. Ci sono poi situazioni differenziate. L'incremento produttivo 2004 può
creare per esempio meno difficoltà agli imprenditori del Nordest che lavorano prevalentemente vini a più veloce rotazione e qualche problema maggiore a quei vignaioli del Nordovest che producono vini da invecchiamento a più alto prezzo che devono quindi affrontare maggiori investimenti in cantina in un momento in cui proprio i loro prodotti sono più in sofferenza sul mercato. Più in generale, fatte salve alcune etichette di grido, negli scaffali delle enoteche i vini che oggi si vendono meno sono quelli di prezzo medio alto, prodotti in molti casi dalle tante nuove aziende figlie dei novelli imprenditori vinicoli, spuntate come funghi negli scorsi anni nel momento di maggiore moda del settore.

«Fare vino è un mestiere che appassiona e nei momenti di euforia c'è spazio per tutti», aggiunge Zonin, che chiede oggi il taglio dell'Iva per agire sui prezzi e ridare fiato alle vendite, dopo essere stato uno dei primi a puntare il dito contro la rincorsa dei listini che «non ha tenuto conto delle tasche dei consumatoriz». D'altra parte, dopo la grande corsa che ha coinvolto tutta la filiera del vino, un rallentamento è da mettere in conto: è il punto di vista della Confagricoltura che ricorda anche i problemi del cambio euro dollaro e le difficoltà di assorbimento che stanno attraversando tradizionali Paesi di esportazione per l'Italia del vino come la Germania o il Giappone. L'organizzazione presieduta da Augusto Bocchini sprona comunque gli operatori ad ampliare il mercato di sbocco dei loro vini. A cominciare dalla Cina, dove è prevista un'esplosione dei consumi (che coinvolgerà più di 100 milioni di cinesi) e di conseguenza delle importazioni. Non a caso il Vinitaly di Veronafiere ha già acceso i motori per le prossime iniziative di promozione del vino italiano a San Francisco (il 28 ottobre)e Shangai (dal 24 al 26 novembre), due mercati cruciali per i prodotti made in Italy.

Il mondo del vino è comunque molto articolato, così come è varia la tipologia dei prezzi e dei prodotti, tra i quali spiccano quelle etichette a base di vitigni autoctoni che legano a filo doppio il vino al suo territorio e possono fare la differenza nell'attuale contesto concorrenziale. Ciò spiega anche perché non tutte le aziende risentano o abbiano risentito allo stesso modo dell'attuale delicata
fase di mercato. Anche nel 2003 si sono infatti registrati sviluppi interessanti del giro d'affari, sia tra le maggiori case del settore (quelle con fatturato superiore ai 10 milioni di euro), sia tra le tante più piccole maison, in molti casi più prestigiose di alcune grandi (Arnaldo Caprai in Umbria o Planeta in Sicilia sono due casi-scuola). A riprova di quanto abbiano cominciato a contare, anche su un mercato ancora legato a un'immagine artigianale come quello del vino, il valore del brand e la buona organizzazione distributiva. Non è un caso, del resto, che grandi griffe del settore, come la siciliana Tasca d'Almerita, abbiano varato una nuova organizzazione informatica e commerciale che prevede la presenza diretta di collaboratori dell'azienda nelle aree più strategiche del mondo.

La classifica 2003 delle 43 maggiori aziende vinicole italiane per fatturato, evidenzia più di una flessione del giro d'affari. Dovute in taluni casi a diversi fattori tra i quali l'impostazione di nuove politiche commerciali. Il Gruppo italiano vini (Giv), per esempio, la principale realtà del mercato italiano, deve la diminuzione del suo consolidato essenzialmente alle sofferenze del cambio euro-dollaro. La dismissione del brand Boscaini ha invece inciso sul risultato del Gruppo Masi; l'eliminazione di prodotti commerciali destinati al mercato Usa e poco omogenei con il resto della produzione spiega la flessione della titolata Barone Ricasoli; così come la cantina marchigiana Umani Ronchi, ha tagliato nel 2003 alcune forniture poco interessanti dal punto di vista reddituale (quelle che prevedono etichette con il nome di clienti) per concentrarsi sui più importanti prodotti aziendali. Numerose le aziende, anche di gran nome, con fatturato invariato rispetto al precedente esercizio: Antinori, Frescobaldi, Zonin, Ruffino, Fazi Battaglia, Terra Moretti, Tasca d'Almerita, Fattoria dei Barbi, Fontanafredda, importante realtà piemontese del gruppo Montepaschi. Piccoli incrementi per Rocca delle Macie, Cecchi, Castello Banfi, Sella e Mosca, Feudi san Gregorio, Carpenè Malvolti, Lungarotti: la casa umbra che ha creato, tra l'altro il museo del vino e dell'olio.
Più interessanti gli sviluppi delle Cantine San Michele Appiano, del Gruppo Santa Margherita, delle Cantine Cavicchioli e della Fratelli Gancia oggi sotto la guida di Lamberto, Edoardo, Massimiliano e Vallarino Gancia, quinta generazione della famiglia piemontese che tra le ultime iniziative conta l'acquisizione del marchio Conte di Cavour dalla Bersano. Quest'ultima ha anche ceduto al gruppo Campari a cui fa capo la bella cantina sarda Sella e Mosca, il marchio Riccadonna. Progresso del 7,5% per le bollicine di La Versa e del 6,5% per la Berlucchi: la casa di Borgonato della famiglia Ziliani ha investito 7,5 milioni di euro per l'acquisizione a fine 2003 della azienda toscana Caccia al piano di Castagneto Carducci, aggiungendo così una produzione di vini fermi al core business aziendale delle bollicine. E sono ancora sopra al 6% gli incrementi di Mastroberardino, Marchesi di Barolo, Ferrari e Calatrasi, l'azienda siciliana di Antonio Maurizio Micciché che ha appena acquisito terre in Basilicata che si aggiungono alle altre proprietà in Puglia e Tunisia, in linea con il progetto Sud perseguito dal titolare.

Un'annata severa come il 2003 non ha impedito alcuni exploit. In Sicilia, per esempio, una regione vinicola oggi di moda che non sembra sfiorata da crisi. Così nell'isola la cantina cooperativa Settesoli è cresciuta del 28.6%; più 24,2% è l'incremento della Pellegrino; più 15% quello di Donna fugata: la casa vinicola della famiglia Rallo che negli ultimi cinque anni ha registrato una crescita sopra la media. con un forte aumento della produzione dei rossi Incrementi a due cifre anche nel Nordest per Sartori, Cavit, Mezzacorona e La Vis: l'azienda trentina sposata con la Cantina Val di Cembra che nel 2003 ha acquisito con la Fratelli Rinaldi di Bologna la Cesarini Sforza. E crescono anche Cantine riunite e Caviro, impegnate su una tipologia di vini molto commerciali.

Occhi al cielo e dita incrociate per i prossimi 15 giorni, grandi e piccole aziende vitinicole italiane si preparano dunque alla vendemmia 2004 che, dopo alcuni anni di anticipo anomalo, ritorna ai suoi tempi tradizionali e anzi appare in qualche caso anche un po' in ritardo. «Circa sette-dieci giorni rispetto alla norma», spiega Renzo Cotarella, direttore ed enologo della Marchesi Antinori, che giudica però questo ritardo positivo. «In genere gli agricoltori prima raccolgono più sono contenti. Ma l'uva che matura con calma produce una maggiore intensità gustativa e una più spiccata espressione della sua zona», spiega Cotarella al Mondo, mentre controlla le vigne della Tormaresca, l'azienda che il grande gruppo toscano possiede in Puglia. La Puglia è una delle pochissime regioni italiane, assieme alla Sicilia (nelle zone di Alcamo e del trapanese), in cui la vendemmia sarà meno abbondante del solito a causa di attacchi di peronospera, provocati dalle copiose piogge primaverili, circostanza che ha determinato meno grappoli in vigna.

Ma c'è chi il taglio dell'uva lo ha fatto di proposito in nome della qualità: «In alcune aree più pregiate, come per esempio il territorio di Montalcino, è stata buttata a terra la metà dell'uva per privilegiare al massimo la qualità», ricorda Ezio Rivella, presidente dell'Unione italiana vini che stima, in particolare, un aumento del 20% della produzione di Sangiovese in Toscana, il vitigno che è alla base, tra l'altro, del Brunello e del Chianti classico, altra zona in cui i produttori hanno messo in atto lo stesso importante accorgimento. Buone le prospettive in Piemonte per il Nebbiolo (vitigno alla base del Barolo e del Barbaresco) e non solo. Insomma, tira una buona aria un po' per tutte le varie tipologie di vini italiani. Così come sono molto promettenti le uve che stanno raccogliendo le case spumantistiche. «Merito anche dei notevoli sbalzi termici tra il giorno e la notte degli ultimi giorni, che hanno favorito la formazione di aromi e profumi e un buon grado zuccherino», spiega Mauro Lunelli, enologo e proprietario con i fratelli Gino e Franco della trentina Ferrari. Stesse credenziali anche per le uve in Franciacorta: come dimostrano le vendemmie di Contadi Castaldi e Bellavista, le due rinomate aziende di bollicine del gruppo Terra Moretti.

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