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Il Mondo

Vince l'Umbria nella classifica delle migliori bottiglie d'Italia ... Il Montefalco Sagrantino 25 anni di Arnaldo Caprai, annata 2001: è il re dei re dei vini italiani. Quello che ha ottenuto il punteggio più alto nella super classifica 2005 dei 226 vini fuoriclasse made in Italy, realizzata anche quest'anno dal Mondo incrociando i punteggi delle principali guide enologiche nazionali. L'etichetta al vertice della graduatoria 2005 è quella di un vino umbro che in poco tempo ha scalato la vetta dell'enologia nazionale e internazionale: è un rosso importante che riposa per 30 mesi in botte e in bottiglia prima di arrivare sul mercato, e ci tiene alla sua tipicità, alla sua forza, al legame con il territorio, senza cedere alla tentazione di fare l'occhiolino al più facile gusto internazionale. Deve grande parte del suo successo proprio alla testardaggine, alla capacità e all'impegno personale di Marco Caprai, il giovane imprenditore vitivinicolo che ha firmato il vino numero uno dell'annata 2005. Alla guida dell'azienda agricola creata dal padre Arnaldo, Caprai è uno dei testimoni più efficaci del nuovo mondo del vino italiano. E dell'ondata di giovani e meno giovani, che si è tuffata tra le vigne dei genitori, spesso con più passione di questi ultimi, riscoprendo terre, ridando slancio a grandi etichette in qualche caso un po' fané, trasformando vecchie fattorie abituate a consegnare le proprie uve alle cantine sociali in ambiziose aziende orgogliose di vinificare in proprio vini di pregio. E segnando, tra l'altro, anche la rinascita di zone enologiche d'Italia, in particolare al sud. Le nuove leve del vino fanno capolino anche dietro molte delle etichette premiate dalla guide.
Qualche esempio? In Umbria c'è Caprai, ma ci sono anche Chiara e Teresa Lungarotti con il loro rosso San Giorgio (al 39esimo posto) che testimonia l'impegno e la passione delle due sorelle che conducono l'azienda ereditata dalpadre Giorgio. Nelle Marche c'è Michele Bernetti, che produce con il padre Massimo i vini della Umani Ronchi (in classifica figura il rosso Pelago al 34esimo posto), ma anche i fratelli Luca e Barbara Giannotti, che stanno cambiando faccia al gruppo Fazi Battaglia anche con l'acquisto di nuove aziende e il lancio di nuove etichette (al 42esimo posto c'è il loro Verdicchio). In Sicilia ci sono Alberto e Giuseppe Tasca, che quasi superano il papà Lucio, il conte del Nero d'Avola al vertice della storica maison Tasca d'Almerita (17esimo il loro Cabernet che è anche il vino che ha ottenuto il punteggio più alto in Sicilia). Ma nella regione non sono meno bravi i tre rampolli di casa Planeta: i due fratelli Santi e Alessio e la cugina Francesca, che conducono con il piglio di imprenditori consumati la giovanissima e già celebre azienda agricola della famiglia (il loro vino è a quota 43). Sempre nell'isola i due fratelli Diego e Alberto Cusumano (al 65esimo posto) sono a loro volta espressione del momento di gloria del vino siciliano, di cui è vulcanica interprete anche José Rallo, testimonial di Donna fugata, la casa vinicola di famiglia che si piazza al 39esimoposto con il Milleeunanotte, rosso per il 90% di Nero d'Avola. In Toscana le griffe del vino più blasonate contano oggi sul contributo delle ultime generazioni; come dimostra l'impegno di Lamberto,Tiziana, Stefano e Diana Frescobaldi (azionisti di riferimento, tra l'altro, della Tenuta Ornellaia, al secondo e quarto posto) e delle sorelle Alessia, Albiera e Allegra Antinori, figlie del marchese Piero, che hanno fatto incetta di posti in classifica: con il bianco umbro Cervaro della sala (29esimo), con il Chianti Classico Badia a Passignano (55esimo), con i due rossi Solaia(15esimo) e Tignanello (che festeggia i suoi 30 anni al 34esimo posto) e ancora con il vino pugliese Masseria Maine (26esimo) prodotto nell'azienda Tormaresca, uno degli ultimi investimenti della Marchesi Antinori che si è conquistata il voto più alto nella regione. Per la verità non c'è zona, come la Toscana, che possa contare su tanti capaci imprenditori dal sangue blu. Vedi anche Francesco e Filippo Mazzei del Castello di Fonterutoli (15esimo posto) o il barone Francesco Ricasoli a Brolio (28esimo). Ma le nuove leve pullulano anche tra i meno blasonati. Due soli esempi? Quello di Laura Bianchi che ha affiancato il padre Fabrizio alla guida del Castello di Monsanto (al 35esimo con il Nemo) e quello di Martino Manetti che ha portato in classifica due vini: il Pergole Torte (33esimo) e anche il Montevertine (52esimo), l'etichetta che prende il nome dell'azienda fondata dal padre Sergio. Risalendo verso le montagne, in Trentino Anselmo Guerrieri Gonzaga raccoglie con il padre Carlo i successi della loro Tenuta San Leonardo: all'11esimo posto con il rosso San Leonardo che, a quanto pare, è anche il vino preferito al Cremlino. In Veneto Marco Sartori sta affiancando il padre Bruno alla guida della Roccolo Grassi(50esimo con l'Amarone della Valpolicella), mentre in Piemonte, si trovano Franco e Roberto Massolino a Vigna Rionda (53esimo il suo Barolo); Federica che dà mano forte al papà nell'azienda Paolo Scavino (a quota 34); Achille, che collabora con i genitori Silvano ed Elena Boroli (gli editori ex coazionisti della De Agostini che piazzano il loro vino al 41esimo posto); o ancora Raffaella Bologna, che sotto le insegne Braida manda avanti l'opera del padre Giacomo, che è stato il principale interprete della Barbera d'Asti(l'etichetta aziendale è 54ma). E si tratta appunto solo di qualche esempio. Il risultato tangibile è nella qualità sempre maggiore della produzione vinicola nazionale, di cui i campioni del 2005 sono portabandiera. Gran parte delle etichette al vertice del mercato sono la passione di intenditori e gourmet. Come il Masseto 2001 al secondo posto della graduatoria, a un soffio dal Sagrantino di Caprai, o come il Barbaresco Rabaja 2001 del piemontese Bruno Rocca, terzo assoluto. In questo olimpo dell'enologia, la Toscana fa la parte del leone grazie anche al Bolgheri Sassicaia 2001 della Tenuta San Guido (all'ottavo posto) e a due etichette di vino Nobile di Montepulciano, quella firmata dalla Tenuta Poliziano di Federico Carletti (settimo) e quella (al decimo posto) della Fattoria del Cerro della Saiagricola, braccio del gruppo assicurativo Fondiaria Sai nel mondo dell'agricoltura. La fotografia delle prime dieci posizioni inquadra ancora al sesto posto l'Aglianico del Vulture della Basilisco, azienda lucana di Michele Cutolo: medico gastroenterologo prestato al vino che se la sta cavando meglio di tanti vignaioli doc. All'ottavo posto c'è il Barolo Vursù Vigneto Campè 2000 della Spinetta, al nono (a pari merito con il Sagrantino di Colpetrone) l'Amarone della Valpolicella del veneto Romano Dal Forno, al decimo (a pari merito con Fattoria del Cerro) il Turriga 2000 della casa vinicola sarda di Antonio Argiolas. Al quinto posto assoluto c'è il Barbaresco 2001 di Angelo Gaja, una delle firme del vino italiano più note al mondo che porta nella classifica 2005 altre due etichette: il Langhe Nebbiolo Sorì Tildin 2000 (12esimo) e il Langhe Nebbiolo Sperss 2000 (26esimo). Oltre all'imperatore con le sue damigelle d'onore, nella superclassifica ci sono anche alcuni re. E cioè le etichette che hanno ottenuto il punteggio più alto nella loro regione. In tutto 19, con l'unica eccezione della Liguria. Quali sono? La stella dell'Abruzzo e Molise è, per esempio, il robusto Montepulciano d'Abruzzo Villa Gemma 2000 di Gianni Masciarelli, che conquista il 12esimo posto e si piazza anche al 32esimocon il Trebbiano, il bianco che porta il nome della moglie e produttrice Marina Cvetic. In Campania vincono i Feudi di San Gregorio guidati da Enzo Ercolino e dalla moglie Mirella Capaldo. I due imprenditori campani che tanto hanno contribuito al rilancio dell'enologia regionale, avevano ottenuto il primo posto nel 2004 con il Serpico 2001, mentre per il 2005 sono premiati per la riserva del Taurasi Piano di Montevergine 2000. Restando ancora al Sud, un'unica azienda tiene alta l'immagine della Calabria del vino: è la Librandi di Cirò marina, in provincia di Crotone, che conquista il 40mo gradino della classifica con il suo Gravello, un rosso da uve Gaglioppo e Cabernet che è il fiore all'occhiello anche di Francesco e Raffaele Librandi i due figli dei fondatori Antonio e Nicodemo, scesi tra i campi e in cantina accanto ai genitori. Risalendo verso il Nord è il Casale del giglio, la casa vinicola laziale di Antonio Santarelli che si aggiudica la corona della regione con rosso Mater Matuta (27esimo), prodotto con uve Syrah e Petit verdot. In Emilia Romagna vince invece un vino dolce: è il Passito Scacco matto della Fattoria Zerbina di Maria Cristina Geminiani (21esimo), mentre il primo vino delle Marche è, a quota 22, il Rosso Piceno prodotto da Angela Velenosi. Ancora più sù, verso Nordest, si incontrano due bianchi: quello di Josko Gravner, re del Friuli Venezia Giulia (il suo Bianco Breg è 16esimo nella classifica generale) e quello della Cantina altoatesina dei produttori di Termeno, che si colloca al 12esimo posto con il Gewürztraminer Nussbaumer. Si torna a un grande rosso in Veneto con l'Amarone di Dal Forno, prima di incontrare il re dei vini lombardi: è il noto Sfurzat cinque stelle della Nino Negri, l'azienda guidata da Casimiro Maule che fa capo al Giv, il più grande gruppo vinicolo italiano. A Nordovest ecco un altro bianco di razza firmato dalla cantina valdostana Les Cretes, che è anche l'unica rappresentante della regione in classifica. Mentre in Piemonte il vino con il punteggio più alto tra i 48 che sono entrati in graduatoria è il Barbaresco di Rocca, che ha scavalcato in classifica il Barbaresco di Gaja, per i punti in più ottenuti grazie al simbolo del Sole assegnato a questo vino dalla guida Luigi Veronelli. Al di là del gioco dei re e delle regine, bisogna dire che la distanza in termini di punteggio tra un vino e l'altro è molto contenuta. Nella supergraduatoria 226 etichette si dividono infatti 70 posti in classifica, con molti parimerito e meno di 50 punti di differenza tra il primo e il settantesimo, a dimostrazione di un sostanziale equilibrio. Le maggiori distanze, in qualche caso, sono dovute alla mancata valutazione da parte di una delle guide. In questi casi Il Mondo ha utilizzato un voto medio, mentre non sono entrati in classifica vini, anche eccellenti e famosi, per i quali mancava il voto di più di una guida. Non solo. Ci sono molte valide etichette che non sono presenti nella graduatoria pur totalizzando un punteggio uguale a quello di vini che sono invece presenti in classifica. Ciò dipende dal fatto che sono stati considerati solo i vini che hanno ottenuto l'eccellenza da parte di almeno due guide su cinque. In linea generale va ricordato che la guida delle guide del Mondo ha dovuto fare i conti con diverse centinaia di vini e con differenti sistemi di valutazione. Per esempio, la guida dell'Espresso curata da Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, quella di Veronelli redatta da Luigi Brozzoni e Daniel Thomases e quella di Luca Maroni esprimono un voto vero e proprio, accompagnato o meno da simbologie (le bottiglie per l'Espresso e le stelle per Veronelli).

Mentre quella redatta dal Gambero rosso in collaborazione con Slow Food (curata da Daniele Cernilli e Gigi Piumatti) e quella dell'Associazione italiana sommelier (Ais) diretta da Franco Ricci, usano solo la simbologia. Da qui la necessità di rendere le votazioni omogenee e il rischio di imperfezioni o lacune sempre in agguato in lavori di questo tipo. Ma alla fin fine, quelli della superclassifica sono davvero i vini migliori d'Italia? Dipende. Gusto personale, predilezione per certe tipologie rispetto ad altre, differenti tecniche di degustazione: c'è questo e molto di più dietro i voti e i giudizi degli esperti. Ciò spiega anche certe grosse differenze che emergono tra le guide: vini che da una parte hanno il massimo punteggio e dall'altra, talvolta, non sono neppure degustati o ottengono voti più bassi. Succede così che certe etichette al vertice di una guida possono non entrare in graduatoria. Per esempio, l'Angialis 2001 di Argiolas, miglior vino dolce dell'anno secondo il Gambero rosso, o il Vin santo Giusto 1997 di San Giusto a Rentennano che ha ottenuto un voto altissimo dall'Espresso, o ancora il Giramonte 2002 Tenuta Castiglioni dei Marchesi de' Frescobaldi, molto quotato da Luca Maroni (che, al di là di questa etichetta, ha un metro di valutazione molto diverso dagli altri). Senza considerare il punto di vista di guide più giovani e dei degustatori professionali stranieri. Insomma, i vini super apprezzati dagli esperti sono, in genere di gran livello, ma molti altri sul mercato non sono da meno e possono piacere anche di più. Non resta che fare la prova, con un occhio però al portafoglio. L'indicazione del prezzo di ciascuna etichetta, approssimativo, rivela infatti quotazioni elevate di moltissime bottiglie, anche se non mancano lodevoli eccezioni.

Le nuove entrate? Sono di moda

Gaja, Antinori, Allegrini, Ferrari, Castello di Fonterutoli, Domenico Clerico, Barone Ricasoli, Valentini, Castello di Ama, Donna fugata, Castello Banfi: la guida delle guide del Mondo contiene nomi sacri dell'enologia nazionale che, di volta in volta, si ritrovano ai piani alti delle graduatorie dei migliori vini dell'anno. Ma tra un castello famoso e un'antica maison fanno capolino anche aziende giovanissime, guidate da vignaioli novellini che hanno la faccia tosta di piazzare le loro etichette nell'olimpo dei vini top. Uno è Antonio Moretti, l'imprenditore della moda (suoi i marchi Arfango e Bonora oltre alla Carshoe in joint venture con Prada) che piomba in classifica al 23esimo posto con il suo Poggio al lupo: un rosso prodotto con vitigni Alicante, Petit verdot e Cabernet nell'omonima tenuta nella maremma toscana, che ha anche conquistato il plauso di Decanter, la più importante rivista inglese del settore. Altro exploit è quello di Marco Marrocco Trischitta, giovane managing director del gruppo di brokeraggio assicurativo Aon, travolto dalla passione per la sua bella terra in Sicilia tra le colline di Valderice (Trapani), dove si è messo a fare vino. Il broker-vignaiolo di sangue blu ha fatto centro al primo colpo con il suo Serramarrocco, un rosso da uve Cabernet Sauvignon e Merlot che prende il nome della Tenuta e si guadagnato il 59esimo posto.

Come si legge la graduatoria

Le cinque guide dei vini italiani (in ordine alfabetico nelle graduatorie) adottano diversi tipi di valutazione. Ais 2000 assegna i voti attraverso il simbolo del grappolo d'uva: da uno a cinque. L'Espresso usa sia il simbolo (la bottiglia) sia il voto in ventesimi. I vini d'Italia del Gambero rosso-Slow food utilizza il simbolo del bicchiere: da uno a tre. Mentre la Guida dei vini italiani di Luca Maroni e la Guida oro di Veronelli danno i voti in centesimi. Quest'ultima aggiunge anche il simbolo delle stelle. Per arrivare al punteggio complessivo è stato necessario rendere omogenei i punteggi delle guide e ciò è stato fatto traducendo tutti i voti in centesimi.

Ecco il dettaglio:

Ais: cinque grappoli = 95/100; quattro grappoli= 87 /100; tre grappoli= 82 /100

L'Espresso: il voto in ventesimi è stato moltiplicato per 5

Gambero rosso: tre bicchieri rossi=95/100;due bicchieri rossi=88/100;due bicchieri neri=83/100; un bicchiere nero 80. Inoltre è stato dato il voto 96 al vino che la guida ha giudicato come il migliore dell'anno nella sua tipologia (rosso, bianco, spumante, dolce).

Veronelli: il vino che ha ricevuto anche il simbolo del sole che Luigi Veronelli (il celebre critico enogastronomico recentemente scomparso) ha assegnato personalmente ad alcune etichette, ha ottenuto cinque punti in più (l'etichetta è riconoscibile grazie a un asterisco). Nei casi in cui il vino non sia stato valutato da una singola guida, Il Mondo ha utilizzato un punteggio medio convenzionale riconoscibile dal diverso colore.

Per Maroni è stato utilizzato il punteggio medio precisato nella guida. Sono entrati in classifica i vini che hanno ottenuto l'eccellenza da almeno due guide.

Il Mondo ha considerato eccellenti i seguenti punteggi: 95 per Ais, 95 per Gambero rosso, da 90 in su per l'Espresso, da 88 in sù per Luca Maroni, da 92 in su per Veronelli.

Un brindisi per Salvatore

Altro che polizze e mattoni. Se si tratta di vino Salvatore Ligresti batte tutti. Nei primi dieci posti della superclassifica del Mondo ci sono infatti ben due etichette prodotte in altrettante tenute della Saiagricola, controllata dal gruppo
>assicurativo Fondiaria Sai che fa capo alla sua famiglia. Quali sono? Il primo è il Montefalco Sagrantino dell'azienda Colpetrone in Umbria, al nono posto. Il secondo è il Nobile di Moltepulciano prodotto nella Fattoria del Cerro in Toscana, al decimo posto. Ma non basta. Ligresti cala un poker sul tavolo dell'enologia nazionale di alta qualità grazie ad altre due etichette della Poderina, l'azienda agricola di Montalcino. Una è il Moscadello di Montalcino, al 39esimo posto, con la quale supera anche Pier Luigi Fabrizi: il presidente della Banca Montepaschi, conquista infatti il 41esimo posto con il Barolo Vigna la Rosa 2000 di Fontanafredda, realtà piemontese del gruppo bancario toscano. L'altra è il Brunello di Montalcino a quota 57.

In 17 per il bicchiere di Wine

La rivista americana Wine Spectator, è un punto di riferimento per il mercato internazionale. Nella sua top cento delle etichette migliori del mondo figurano 17 vini italiani: otto toscani, quattro piemontesi, due veneti, un campano, un siciliano e un abruzzese. Eccoli: Barolo Bric del Fiasc di Paolo Scavino (quarto posto in classifica); Masseto 2001, Tenuta dell'Ornellaia (sesto); Brunello di Montalcino Castelgiocondo 1999, Marchesi de' Frescobaldi (15esimo); Brunello di Montalcino 1999, Castello Banfi (29esimo); Chianti Classico riserva 2001, Viticcio (32esimo); Brunello di Montalcino 1999, Siro Pacenti (39esimo); Barolo Bricco Fiasco 2000, Azelia (40esimo); Chianti Classico Cellule Riserva 2001, San Fabiano Calcinaia (54esimo ); Barolo 2000, Ca' Bianca (60esimo); Chianti Classico Riserva 2000, Castello di Querceto (64esimo); Verona Palazzo della Torre, Allegrini (65esimo); Montepulciano d'Abruzzo 2002, La Valentina (86esimo); Barolo Tortoniano 2000, Michele Chiarlo (87esimo); Soave Classico 2002, Inama (89esimo posto); Angimbè 2002, Cusumano (94esimo); Falanghina Sannio 2003, Feudi di San Gregorio (96esimo).

Cosa beve Sua Maestà

Quali sono i vini italiani che piacciono di più agli esperti inglesi? cco le etichette premiate con la medaglia d'oro dalla rivista ecanter: Poggio al lupo, dell'omonima azienda toscana; Barolo erequio 1999 e Barolo Vigneto La corda della briccolina 1999 della Batasiolo; Amarone della Valpolicella 2001 della Cantina sociale Valpantena; Plenum tertius1999 della cantina toscana Dievole; Chianti Rufina riserva 2001 del Castello di Nipozzano dei Marchesi de' Frescobaldi; Amarone della Valpolicella classico 1998 di Santa Sofia; Brunello di Montalcino Vigneto Manachiara 1999 delle Tenute Silvio Nardi; il Taurasi 1998 della cantina campana Vesevo; Barbera d'Asti Monsicuro 2000 di Villa Terlina; Vin santo di Carmignano riserva 1998 della Tenuta di Capezzana e infine il Respiro di Vigna, passito di Barbera 1999 dell'Azienda agricola Ca' de Carussin.

Chi vince tra gli handred

Gli esami non finiscono mai neppure per i vignaioli. I quali, anno dopo anno, sono sottoposti a nuovi scrutini e a nuovi giudizi. In Italia, oltre alle cinque guide enologiche principali, è uscita due anni fa sul mercato la Guida vini buoni d'Italia, che riguarda però solo le etichette prodotte con vitigni autoctoni. Ed è già alla sua terza edizione il premio Top hundred curato dai due esperti del settore Marco Gatti e Paolo Massobrio, che nell'ultima edizione porta alla ribalta anche molte etichette che non figurano nella superguida. Ecco i cinque vini al top dei top della classifica 2005: Barolo Camerano 1999 di Camerano, Barolo Villero 2000 di Boroli, Valtellina Superiore Sassella riserva Rocce Rosse 1995 di Ar.Pe.Pe, Passito Vigneto Dolomiti Rodon Maso Rose 2002 di Joseph Weger, Brunello di Montalcino 1999 di Siro Pacenti.

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