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Il Mondo

Vino ora il prezzo è giusto ... Hanno vinto sul mercato i gruppi con il miglior rapporto qualità-convenienza. Giv, Caviro e Cavit in testa, ma con ricavi in flessione. Antinori meno fatturato e più redditività. Balzo di Mezzacorona. Frenata anche per Giordano e Banfi. Salgono Toso, Colognola, Carda, Terra Moretti, Gotto d’Oro e La Versa. Exploit di La-Vis. Profitti per Santa Margherita, Frescobaldi, Masi e Argiolas... L’ultima mossa l’ha messa a segno la trentina Cavit: il più grande consorzio della regione ha appena definito un accordo con Astoria vini, un’azienda trevigiana di Crocetta del Montello che produce Prosecco nella zona di Conegliano-Valdobbiadene, ha un fatturato di 25 milioni di euro e appartiene ai fratelli Giorgio e Paolo Polegato (cugini dei più noti proprietari della Geox e dei vini La Gioiosa e Villa Sandi). Non si sa ancora se la trattativa si tradurrà in una cessione totale o in una joint venture finalizzata soprattutto ai mercati esteri. Di certo la maxicooperativa presieduta da Adriano Orsi, che ha girato il 2008 con 155 milioni di fatturato, compie un buon passo avanti, recuperando in parte la flessione del giro d’affari (-14,8%), accusata lo scorso anno anche a causa del divorzio dal gigante californiano Gallo. Ma non è questa l’unica novità sul mercato italiano del vino. È ancora fresca di inchiostro la rivoluzione alla testa del Giv, il primo player del settore che oggi fa capo interamente alla cooperativa emiliana Cantine riunite & Civ: prende forma in Veneto, e sarà operativo dalla prossima vendemmia, un nuovo consorzio di secondo grado, battezzato Collis Veneto wine group. Sarà la somma della Cantina di Colognola ai Colli, della Cantina dei Colli Berici e del romagnolo Cevico, avrà come socio finanziatore il Banco popolare di Verona e Novara e conterà 3 mila soci viticoltori per un fatturato di circa 150 milioni. Solo due esempi, nell’area delle coop, in un mercato che continua ad attraversare una difficile congiuntura, come denunciano i conti di buona parte delle maggiori aziende vitivinicole italiane, raccolte nella tradizionale classifica del Mondo, stilata sulla base dei risultati 2008. La graduatoria conta 63 aziende e rappresenta complessivamente più di 3 miliardi di fatturato, una fetta di export di 1.460 milioni (che scende per la prima volta sotto il 50% del totale), un utile di oltre 74 milioni e un margine operativo lordo di 267 milioni. Si tratta di un campione molto significativo del mercato enologico nazionale, che diventa ogni anno più completo per la partecipazione di nuove cantine e incide per più di un terzo sul fatturato complessivo del settore, stimato in circa 8 miliardi. I 63 big hanno registrato un incremento
degli affari dello 0,75% rispetto al 2007, percentuale modesta che sale all’1,43% sul mercato domestico, diventando però negativa (-0,60%) per le vendite all’estero che fino allo scorso anno avevano, invece, rappresentato una ciambella di salvataggio per molte aziende. Come sempre queste medie sono il frutto di situazioni differenziate tra le varie aziende. E si confrontano con un mercato penalizzato da un forte calo dei consumi, con le difficoltà finanziarie di molti trader che stanno riducendo gli stock di prodotto (negli Usa le scorte sono scese da 90 a 30 giorni), con la riduzione dei margini operativi, con l’onda
lunga della congiuntura mondiale, particolarmente pesante nell’ultimo trimestre del 2008.

Promozione permanente. I dati parlano chiaro. Il rapporto Iri-Infoscan sull’andamento delle vendite di vino confezionato nella grande distribuzione, realizzato per Vinitaly, rivela che a dicembre 2008 i volumi complessivi si sono contratti del 2,5%, pur aumentando in valore del 3,4%. Segmentando per tipologie di vino si scopre un fatto importante. E cioè sono cresciute del 4,2% le vendite dei vini in bottiglia, che pesano per oltre il 66% sul totale e rappresentano 905,3 milioni di fatturato su 1.363 milioni di ricavi complessivi. In particolare, sono più gettonati i vini doc dai 5 euro in su, mentre vanno indietro i vini da tavola più modesti. Insomma, si beve di meno, ma quel poco è di qualità. Non si può però sottovalutare un dettaglio: ben 46 etichette su cento risultano in promozione per più di 47 settimane in un anno. Una ulteriore frenata si è registrata nel cosiddetto canale horeca (hotel, ristoranti, catering), dove si cerca di consumare le bottiglie in cantina, completando un quadro che tiene sulle corde gli operatori e nel quale sembrano le aziende più strutturate quelle con le maggiori chance. “Quest’anno molti capiranno quanto è importante fare gruppo”, dice Sergio Dagnino, ad di Caviro, la grande coop di Faenza, prima in Italia per volumi. “Nell’attuale contesto operativo se la cavano le aziende che hanno un buon mix di portafoglio, masse critiche importanti o super nicchie di mercato”, aggiunge Dagnino, “mentre farà più fatica chi è molto esposto in Italia e ha effettuato grossi investimenti”. “Affrontiamo un 2009 duro e difficile”, conferma Emilio Pedron, dg del Giv che accusa, dopo anni di segno positivo, un risultato in flessione, dovuto a problematiche di prezzo nel Regno Unito e in America. “Occorre un agguerrito controllo dei costi, grande innovazione e aggressività sui mercati, con interventi mirati”.
Il decremento del fatturato accomuna quattro dei cinque big al vertice della graduatoria: oltre a Giv e Cavit, anche Caviro (che i resise però del 25% oltre frontiera) e Marchesi Antinori, il più grande gruppo privato del mercato italiano, di proprietà della famiglia Antinori. Il fatturato consolidato della grande griffe fiorentina, alimentato dalle tante aziende agricole che fanno parte del gruppo, ciascuna con i suoi prodotti e i processi operativi, ha risentito in particolare della mancanza di prodotto di molte etichette famose e della fine dell’alleanza ultraventennale con Krug, la maison di champagne passata dalle mani della famiglia Krug alla holding del lusso Lvmh. Ancora una volta, però, Antinori si fa notare per i suoi elevati margini operativi, caratteristica preziosa che contraddistingue anche i risultati del gruppo Santa Margherita, Frescobaldi (con il contributo decisivo della controllata Ornellaia), Campari, Banfi, Chiarlo, Barone Ricasoli e Argiolas, tutti legati da un’incidenza del margine operativo lordo sul fatturato dal 20% in su. Tornando al giro d’affari, unica azienda in crescita nella rosa di testa, dominata dalle cooperative, è Mezacorona, che sfoggia un incremento del 7%: “II 2008 ha rappresentato il miglior bilancio della nostra storia”, conferma Fabio Rizzoli, ad della grande coop trentina che guadagna due posti in classifica, superando Antinori e Giordano. “Il 2009 sarà difficile, anche se tutti stanno operando per contrastare la crisi dei consumi, accrescendo il dinamismo commerciale. Per quanto ci riguarda stiamo sviluppando nuovi mercati, in primo luogo il Giappone”. Sono in tutto otto le aziende con più di 100 milioni di fatturato. Tra queste si è
inserito di prepotenza, dopo una galoppata di accordi e acquisizioni, il gruppo trentino La-Vis. Presieduto da Roberto Giacomoni, ha messo a segno un incremento del 35% e, tanto per non perdere l’abitudine, ha appena completato l’acquisto della Cesarini Sforza (società che deteneva in joint venture con la Fratelli Rinaldi di Bologna), che porterà altra uva alla vendemmia 2009.
Al di sotto della soglia dei 100 milioni di euro, quali le aziende che hanno corso di più? Suddividendo le cantine con un incremento pari o superiore al 5% per fasce dimensionali, si trovano nel segmento alto
del mercato il gruppo Santa Margherita, tra i player importanti e maggiormente agguerriti, pronto ad allargare il perimetro operativo. Sotto la guida dell’ad Ettore Nicoletto, la realtà veneta di Luca e Gaetano Marzotto, ha programmato 17 milioni di investimenti nel prossimo triennio e ha registrato un utile operativo (ebitda meno ammortamenti) di oltre 18 milioni, il più alto della sua storia. In seno al gruppo, grande performance della controllata Ca’ del Bosco (bollicine della Franciacorta), che ha raggiunto i 20 milioni di euro di fatturato, con un margine operativo lordo del 31,8%.

Notevole progresso anche per la Casa vinicola Zonin, grazie anche al processo di sviluppo estero iniziato quattro anni fa. “Nei primi due mesi del 2009 abbiamo raddoppiato il lavoro negli Usa che già era aumentato del 40% rispetto al 2007”, dice Francesco Zonin che condivide con il padre Gianni e i fratelli Domenico e Michele, la guida del gruppo (ci sono anche le l’attività delle nove aziende agricole di famiglia). “Nonostante le complessità, rimaniamo positivi, perché il mercato offre ancora molte opportunità, a patto di girare il mondo con ottimi prodotti e distribuzione di qualità”, spiega ancora Zonin. Che aggiunge: “II nostro gruppo ha una quota del mercato italiano di poco più dell’1%, non è impossibile raddoppiarla, ma ci vogliono tanto lavoro e tante idee”. In crescita anche Gancia e Compari e la Casa vinicola Sartori, che raccoglie i frutti del buon lavoro sul mercato nordamericano e nel Sudest asiatico, con l’apertura di una filiale a Singapore che ha determinato anche un incremento dell’attività in Cina. “Il presidio dei mercati è fondamentale, così come la qualificazione delle produzioni risulta essenziale in un mercato sempre più globale”, sostiene Andrea Sartori, che nel 2008 ha acquisito
la Mont’Albano di Udine e ha avviato la collaborazione con la Tenuta Cerulli Spinozzi in Abruzzo.

Novelli in graduatoria. Tra le new entry della classifica, la Cantina di Colognola ai Colli (Verona), guidata da Giancarlo Lechtaler, mette a segno un balzo del 30%, che si deve, in particolare, all’incorporazione della Cantina di Merlara. L’azienda sarà protagonista del nascente consorzio Collis e ha anche un importante accordo con Sartori.

È del 6% la crescita del gruppo toscano Piccini, mentre scendendo verso fatturati inferiori a 30 milioni, si fanno notare le cantine dei Colli Berici (altra novità in graduatoria) e la Valdo spumanti, presieduta da Pierluigi Bolla, che continua a collezionare ottimi progressi. Dal 38esimo al 45esimo posto c’è una parata di incrementi a due cifre. Riguardano Terra Moretti, Casa vinicola Natale Verga (la cantina lombarda guidata da Natale Verga con il padre Giancarlo e le sorelle Cristina e Laura entra per la prima volta in classifica con una crescita del fatturato del 13%), Cantina produttori di Valdobbiadene Val d’Oca (una delle prime cinque realtà produttive del Prosecco), Toso (azienda piemontese specializzata negli spumanti, guidata da Gianfranco, Massimo e Piero Toso, è un’altra new entry), La Versa (le bollicine dell’Oltrepò Pavese sono cresciute del 23%), Terre Cortesi Moncaro (l’azienda marchigiana presieduta da Doriano Marchetti bissa il risultato dello scorso anno con un incremento di oltre il 9%), Carpenè Malvolti. Completa la rosa dei magnifici otto il gruppo Masciarelli: l’azienda abruzzese che ha diffuso nel mondo il vino della sua regione, è oggi guidata da Marina Cvetic, una delle più abili donne del vino che ha preso le redini dell’azienda dopo l’improvvisa morte del marito Gianni, uno dei protagonisti del nuovo corso del vino italiano.
Sotto i 20 milioni di fatturato le lepri del mercato sono la laziale Gotto d’Oro e la Cantina di Castelnuovo del Garda, che conquista anche il primato assoluto con un incremento del 40%.

Brunello traditore. C’è chi corre e chi segna il passo: oltre la metà delle aziende in classifica hanno registrato un decremento del fatturato più o meno significativo. Tra le flessioni più consistenti (-21,4%) quella del gruppo Banfi a Montalcino, rimasto penalizzato dalle vicende che hanno bloccato lo scorso anno il Brunello. La diversa dinamica delle vendite del vino sfuso e confezionato, spiega, invece, il decremento del 7,5% della cooperativa siciliana Settesoli guidata da Salvatore Li Petri: il vino confezionato, che rappresenta più del 70% del fatturato della cantina, cresce infatti del 15%, mentre lo sfuso evidenzia un calo del 37%. Frenata anche per Ruffino, Cecchi, Ferrari, Rocca delle Macie, Carlo Pellegrino (l’azienda guidata dall’ad Benedetto Renda, frena dopo dieci anni di crescita, mantenendo un risultato economico positivo), La Delizia (prima realtà vinicola friulana), Argiolas (la cantina sarda è un’altra new entry), Planeta, Fazi Battaglia, Lungarotti, Umani Ronchi e Genagricola
(braccio agricolo delle Generali). “Vi sono aree che vanno meglio e altre in cui la crisi è più pesante”, commenta Josè Rallo di Donnafugata (-2%). “Confidiamo in una ripresa verso fine 2009-inizio 2010 e per questo ci concentreremo oltre che in Italia anche sui mercati esteri strategici, tra i quali Germania, Svizzera e Canada, puntando su qualità e servizio alla clientela”. La caduta dell’export ha provocato il segno meno al fatturato della Guido Berlucchi (-1,9%): “Veniamo da una serie di anni di grande crescita, culminati con 5 milioni di bottiglie vendute nel 2007”, è la spiegazione di Paolo Ziliani, alla guida dell’azienda con la sua famiglia. “Il segno negativo
nell’export è dovuto a una serie di riorganizzazioni su alcuni mercati come Giappone, Usa, Germania, Svizzera e Regno Unito”. Battuta di arresto nel 2008 anche per la Masi agricola (-0,8%) dopo l’incremento a due cifre del 2007. “Lo considero un risultato positivo in una situazione estremamente problematica. Gli alti costi delle materie prime e la scarsità di produzione in Valpolicella e per il Pinot grigio hanno ridotto la competitività e reso problematico il rapporto prezzo-qualità”, ricorda Sandro Boscaini, alla guida del gruppo che più di altri suscita l’appetito dei maggiori operatori del ramo, anche per il valore aggiunto determinato dal suo fortissimo legame con il territorio. “Non ho avuto alcun contatto”, è la scontata risposta di Boscaini, che però aggiunge: “La Masi si fa notare perché ha avuto la capacità di essere filiera, di essere aggregante (Bossi Fedrigotti in Veneto e Serego Alighieri in Toscana, ndr) oltre che interprete dell’internazionalità anche produttiva con i vigneti in Argentina”.

Prosecco esclusivo. Ha tenuto le posizioni La Gioiosa presieduta da Giancarlo Moretti Polegato che tra l’altro registra un incremento a
doppia cifra degli ordinativi del primo trimestre 2009. L’azienda ha il core business nel Prosecco e applaude quindi al nuovo disciplinare che tutela vitigno e zone produttrici: “La disciplina che sarà operativa dalla prossima vendemmia diventa il baluardo dello spumante italiano più venduto al mondo, bloccando la produzione di Prosecco in altre parti del mondo”, annuncia Polegato. Prospettive positive anche in Piemonte, nella storica cantina Fontanafredda, dopo la cessione del controllo da parte della Fondazione Montepaschi (che conserva una presenza del 36%) al tandem di imprenditori Oscar Farinetti e Luca Baffigo Filangeri, ora titolari del restante 64%. La nuova proprietà ha confermato il management guidato dal dg Giovanni Minetti, ma ha segnato l’inizio di una nuova storia per Fontanafredda, che diventa il cuore di una riserva bio naturale, con la modifica radicale di molti processi operativi (eliminazione di concimazioni chimiche ed erbicidi, riduzione dei lieviti in cantina ecc). È un nuovo trend che impegna già alcune cantine e che sarà seguito da altri protagonisti del settore.

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