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Il Mondo

L’Italia che gira ... la punta di diamante di un settore in crescita per ricavi e redditività. E vincente sui mercati esteri. Con le cooperative e la Fratelli Martini nei primi cinque posti. Seguite da Antinori, Campari, Zonin e... Export: ecco la parola magica del mondo del vino. Quella su cui poggia la crescita del settore in questi ultimi difficili anni. Driver di sviluppo e asso nella manica delle cantine. Le vendite all’estero da record nel 2011, con 4,4 miliardi di incassi, il 12% in più sul 2010, hanno relegato in secondo piano la persistente crisi del mercato interno, le sofferenze degli agricoltori, la minore produzione in tutta Italia, la prepotenza dei grandi gruppi di acquisto, che affliggono in particolare proprio le imprese vitivinicole senza un buon polmone di esportazioni. Nel suo complesso, comunque, quello del vino è un mercato che gira, che continua a rappresentare la prima voce della bilancia agroalimentare, che attira capitali anche dall’estero, che impiega tanti giovani ed esprime uomini e donne di grande capacità imprenditoriale. Di più. Tra le preziosità di questa industria sotto il cielo c’è la sua non delocalizzabilità. La parola difficile vuoi dire semplicemente che l’uva del vigneto Italia ha caratteristiche non riproducibili altrove e per questo ancora più attraenti. Insomma, il grande mondo del vino, con tutte le sue fragilità e lacune (carenze nel marketing, resistenze o incapacità di fare sistema, falle organizzative, mancanza di capitali e dimensioni), rappresenta un pezzo di Italia che va. Niente di eccezionale dal punto di vista statistico sui numeri del sistema Paese. Per dirla con Pietro Modiano, presidente di Nomisma, è solo un pezzo dell’Italia che va bene e che fa qualità. Ma non è poco. In questo scenario si muovono 384 mila aziende, in gran parte piccolissime, per un totale di 700 mila occupati che diventano 1,2 milioni considerando tutto l’indotto. La classifica del Mondo raccoglie le più grandi imprese del mercato, titolari di un fatturato superiore ai 10 milioni nel 2011. Quest’anno il numero delle cantine è salito a 77 (nove in più rispetto al 2010), costituendo un campione sempre più significativo del mercato: complessivamente registrano un fatturato superiore a 4 miliardi e più del 40% del giro d’affari totale del settore, stimato nell’ordine dei 10 miliardi. Ancora più importante il peso del campione sull’export: gli incassi totalizzati equivalgono al 50% delle esportazioni nazionali. Sui ricavi complessivi la quota Italia pesa per circa il 45% (contro il 46,9% del 2010) e quella estera più del 54%, ancora in crescita rispetto al 53,1% del 2010.

Soci al comando... Di anno in anno si rafforza il peso delle cantine cooperative al vertice del settore. Con il 2011 le Cantine riunite & Civ prendono il comando della graduatoria, con un consolidato di 500 milioni. I ricavi della coop di Compagine (Reggio Emilia), leader mondiale del Lambrusco e dei vini frizzanti, sono largamente alimentati dal controllato Gruppo Italiano Vini (Giv), che porta in dote 368 milioni di ricavi consolidati (252 milioni la sola capogruppo), restando di gran lunga la singola maggiore impresa del mercato. Alla presidenza di controllante e controllata c’è Corrado Casoli, cooperatore doc, che appare attento a valorizzare la S.p.A. guidata dal dg Davide Mascalzone, fiore all’occhiello del gruppo. Basti dire che fanno capo al Giv 15 cantine di produzione, 20 marchi affermati come Bolla, Cavicchioli, Nino Negri o Fontana Candida e un’organizzazione commerciale di proprietà, con 11 strutture operative all’estero, che da gennaio 2012 conta anche una presenza diretta sul mercato cinese con la newco Shanghai Giv Cina. Casoli è positivo: “Pensiamo di crescere anche nel 2012”, sottolinea, dopo aver archiviato un esercizio con un tasso di incremento a due cifre, grazie in particolare all’acquisto di Cavicchioli. “Il nostro gruppo ha sempre fatto una politica di marca che intendiamo rafforzare con nuovi investimenti per far crescere il valore dei nostri prodotti, cercando al tempo stesso altri mercati” dice ancora Casoli, che aggiunge: “Il tema del valore è oggi centrale e passa anche attraverso maggiori investimenti in comunicazione e distribuzione”.

Una bottiglia su due a sconto ... È una strategia condivisa da molti operatori, anche in funzione della battaglia sempre aspra sui prezzi con la grande distribuzione, dove è ormai in promozione una su due. In base ai dati Symphony Iri Infoscan, l’escalation della pressione promozionale è, infatti, passata dal 46% del 2008 fino al 50% del 2011 e tende ancora a crescere nel 2012. Ne sa qualcosa la coop romagnola Caviro, leader nel segmento del vino per consumo quotidiano nella Gdo, al secondo posto in graduatoria. Tra gli operatori che realizzano più del 90% del loro fatturato nella grande distribuzione, Caviro ha accusato un calo dei ricavi del 9%, non compensato da una accentuata crescita all’estero: in particolare in Russia, dove è il primo marchio italiano, l’incremento è stato del 26%, in Cina del 72%, +9% in Germania (qui è il primo brand italiano) e +20% nel Regno Unito. Il decremento dei ricavi totali è stato determinato, tra l’altro, da tensioni contrattuali causate da richieste ritenute eccessive dall’azienda, con un grande gruppo come la Conad, che per dieci mesi del 2011 ha interrotto l’acquisto dei prodotti. Il problema si è poi risolto, ma appunto il fatturato ne ha risentito. “Sul calo pesa anche la classifica di una parte degli importi riconosciuti contrattualmente ai clienti Gdo, come premi di fine anno e promozioni”, spiega Sergio Dagnino, dg Caviro, puntando anche il dito sul problema dell’aumento del costo del vino all’origine, dovuto, tra l’altro, al calo delle produzioni in quasi tutte le regioni. “Già partito dalla vendemmia 2010, l’aumento dei prezzi è esploso nel 2011, con un aumento medio del 30%: ciò mette una ipoteca sul futuro dei consumi pro capite in Italia e sulla competitività del vino italiano all’estero. Già nei primi due mesi del 2012, nel comparto delle bottiglie da 0,75 c’è stato un aumento dei prezzi del 4,6% con un coincidente calo dei volumi del 2,1%”. Cresce e guadagna il terzo posto in classifica scavalcando Mezzacorona il consorzio di secondo grado Cavit, che riunisce 11 cantine sociali trentine e 4.500 viticoltori. “È il frutto di una intensa attività sui mercati tradizionali, Italia e Usa, con lancio di nuovi prodotti, investimenti in marketing e ritorno alla comunicazione pubblicitaria”, osserva Enrico Zanoni, dg dell’azienda di Ravina di Trento, anche protagonista di investimenti sul fronte della ricerca e dello sviluppo, con un progetto di viticoltura di precisione innovativo. “Insieme con Fbk, Mpa solution e Fondazione Mach, abbiamo realizzato una piattaforma informativa che incrocia i dati relativi al territorio, alle coltivazioni e al clima”, rileva Zanoni. “Il sistema chiamato Pica permette di ottimizzate irrigazione e trattamenti, di prevedere l’andamento di maturazione delle uve, di ,orientare la scelta varietale delle coltivazioni e rendere tracciabili le best performance dei prodotti”. Risultato? Il coltivatore conosce con un semplice sms il momento migliore per le varie pratiche in vigna e, a cascata, grazie alle informazioni sul prodotto finale è in grado di calibrare al meglio la propria attività. Al quarto posto, la Fratelli Martini è la prima azienda privata della graduatoria e si caratterizza per la sua operatività tutta proiettata sui mercati esteri (93% del fatturato). Al quinto è la trentina Mezzacorona, coop di primo grado impegnata quindi su tutta la filiera, dall’uva allo scaffale. Nel 2011 Mezzacorona ha avuto una crescita più contenuta, ma ciò non le ha impedito di remunerare bene le uve conferite dai soci, pagate 92 euro al quintale: “E stato un anno di soddisfazione per tutti in un contesto di crisi generale e siamo moderatamente ottimisti per il 2012”, fa notare Luca Rigotti, neo presidente di Mezzacorona, cogliendo il vantaggio nel non dover comprare uve all’esterno, in questa fase di alti prezzi. E l’alto indebitamento? “Abbiamo un bel patrimonio e usciamo da venti anni di forti investimenti”, risponde. “Già dal prossimo esercizio l’indebitamento diminuirà, perché i nostri sforzi saranno ora indirizzati alla valorizzazione dei vari marchi e alla commercializzazione dei prodotti”.

Oltre 100 milioni ... Dopo le prime cinque, solo altre quattro aziende vantano un fatturato superiore a 100 milioni. A cominciare dalla Marchesi Antinori, al sesto posto con 145 milioni, frutto, anche quest’anno, di una crescita a due cifre. La griffe fiorentina che appartiene da nove secoli all’omonima famiglia domina ancora una volta il settore in fiotto di margini operativi: il rapporto tra ebitda e fatturato pari al 37,7% nel 2010 è cresciuto ancora nel 2011 e tocca il 40%, risultando il più elevato in assoluto. “E merito di una famiglia che non drena e investe tutto nell’azienda”, commenta Renzo Cotarella, dg ed enologo della maison, da anni il più stretto collaboratore di Piero Antinori e delle tre figlie, Albiera, Allegra e Alessia (26esima generazione in campo), impegnate a tempo pieno nella gestione di una proprietà familiare che comprende cantine famose come Castello della Sala, Tignanello, Guado al Tasso, Pian delle Vigne, tanto per citare alcuni dei siti cult del vigneto italiano. Dietro i successi “c’è un’azienda efficiente, in grado di valorizzare le singole fattorie, i marchi e i prodotti anche meno famosi: ogni vino ha una sua ragione e una sua identità sul mercato ed è in grado di dare risultati interessanti”, sostiene Cotarella. “Certo sarebbe più semplice operare con un’unica grande cantina”, aggiunge, “ma si perderebbero efficacia e valore”. Il 2012? “I primi sei mesi saranno duri come gli ultimi quattro del 2011, ma siamo comunque Ottimisti, perché abbiamo investito molto sulle persone che lavorano con noi, tanti giovani”. Tira buon vento anche per il polo Campari, specie da quando il gruppo ha deciso di dare il proprio nome al progetto vino, battezzandolo Campari wines. “Una decisione che ci dà solidità, grande credibilità e prospettive di lungo periodo”, rimarca Andrea Montorfano, managing director Campari wines e regista del programma di sviluppo sul mercato italiano, nel quale il gruppo intende diventare un player di riferimento. Proprio nel gennaio scorso il progetto ha fatto un nuovo passo avanti, con conclusione di tre nuovi accordi distributivi, con la marchigiana Fazi Battaglia, la Urciuolo e la francese Mouton che portano a sette il numero di cantine in distribuzione esclusiva, in aggiunta quelle di proprietà (vedere nota alla classifica). Ed è solo l’inizio: “Siamo interessati ad aziende eccellenti che operano in regioni che mancano al nostro portafoglio, come Puglia, Sicilia, Umbria e anche il Nordest”, rivela Montorfano, avendo probabilmente sul tavolo già diversi dossier. Due anni consecutivi di incrementi a doppia cifra dei ricavi: è la cifra del gruppo Zonin all’ottavo posto, di proprietà di una delle più importanti famiglie del vino in Italia, cui fanno capo 1.820 ettari di vigneti e nove aziende nelle più vocate regioni del Paese. “Possedere un terreno di famiglia così esteso rappresenta una garanzia della qualità del prodotto, confermata dai riconoscimenti conseguiti in giro per il mondo”, afferma Francesco Zonin, alla guida dell’area commerciale del gruppo veneto, sottolineando un’attenzione particolare per la solidità della distribuzione nazionale e internazionale, ritenute un baluardo decisivo di fronte al rischio di oscillazioni del mercato. “Non a caso siamo cresciuti anche quando gli Usa erano in piena crisi”, sottolinea Zonin, “ritenendo opportuno, a fronte di questa priorità, anche sacrificare un poco i margini”. Ancora una volta a trainare gli affari targati Zonin sono stati mercati esteri, che hanno messo a segno un progresso del 29%, mentre in Italia “è in corso una fase di ristrutturazione anche del portafoglio prodotti, con una riqualificazione verso l’alto dell’offerta”. Il Prosecco doc spumante, prodotto nella tenuta di Ca’ Bolani in Friuli (130 ettari in produzione, prossimi a diventare 140, per circa 3 milioni di bottiglie), è il pilastro portante nel portafoglio di un gruppo che attribuisce al marketing grande importanza e ha aperto il 2012 con un netto progresso sia sul mercato interno che estero. Un anno in flessione, invece, per la piemontese Giordano, specializzata nella vendita diretta. Controllata dal fondo di private equity P&P (il 25% è della famiglia Giordano), l’azienda ha girato la boa del 2011 con un decremento del 4,6%, dovuto a minori campagne promozionali nello scorso esercizio, decise a fronte della difficile congiuntura. A ciò si aggiunge lo stop del lavoro in Usa, ripreso nel 2012 con un nuovo distributore “in grado di assicurare buone prospettive di sviluppo”, dice Simonpietro Felice, ad Giordano. Non solo. “Tra le novità del 2012 ci sono l’attività di vendita diretta in Francia e investimenti su nuovi canali, come l’e-commerce”.

All’inseguimento... Fin qui gli over 100 milioni. Al di sotto di questa soglia, al decimo posto, la prima new entry 2011: è la Enoitalia dei fratelli Pizzolo, fatturato 95 milioni, +21% sul 2010: il maggiore incremento nella top ten. Sede à San Martino, nel Veronese, l’azienda guidata da Giorgio Pizzolo conta nel suo portafoglio brand come Luna di Luna e San Floriano e lavora anche per conto terzi. Al l3esimo posto ancora un nuovo ingresso: quello della Casa Vinicola Botter, condotta da Luca, Annalisa e Alessandro Cambia, terza generazione della famiglia proprietaria della S.p.A. veneta che vanta la maggiore quota export (98,5%) sul fatturato (classifica a pagina 47). A quota 15 Cevico, terza new entry. Consorzio romagnolo di secondo grado, presieduto da Ruenza Santandrea, ha una dimensione superiore di quanto non appaia dal suo consolidato di 83,1 milioni Considerando, infatti, anche l’attività delle cantine di base, per le quali cura la commercializzazione pure del vino sfuso, il fatturato Cevico supera i 100 milioni. Santa Margherita, Cantina di Soave (la storica coop veneta, guidata da Bruno Trentin, si distingue anche per un incremento del 3% dell’occupazione), Gruppo La-Vis (che ritorna dopo un annodi assenza), Marchesi de’ Frescobaldi, sono gli altri protagonisti della fascia più alta del mercato, da 80 milioni in su.

Seconda fascetta... Apre la Fratelli Gancia (79,7 milioni), oggi nel portafoglio del magnate russo e re della vodka Roustam Tariko, che ha rilevato il 70% della storica casa di Canelli (con opzione di acquisto per il 30% rimasto alla famiglia Vallarino Gancia) alle prese con gravi difficoltà finanziarie. Tariko, mentre punta al grande rilancio della casa piemontese, ha anche intenzione di moltiplicare la sua presenza in Italia, andando a caccia di belle cantine in Toscana e non solo. Seguono marchi sprint come Caldirola: l’azienda privata brianzola, leader nel segmento vetro nella Gdo, è guidata dall’ad Michele Radaelli (anche socio) e ha realizzato forti incrementi del fatturato Italia (+22,5%) ed estero (+33,5%). Altra lepre è il Collis Veneto Wine Group (+18% Italia e +40% estero), di cui è neo presidente Pietro Zambon. Altri protagonisti? Banfi, griffe del Brunello di Montalcino; Ruffino, oggi di proprietà della multinazionale americana Constellation Brands (è l’unico marchio italiano nel suo portafoglio) che ne ha affidato la guida all’ad Sandro Sartor; la coop siciliana Settesoli. Guidata da Salvatore Li Petri e dal neo presidente Vito Varvaro, quest’ultima è la maggiore realtà produttiva della regione, in costante progresso. Interessante l’accelerazione nel compatto dei vini confezionati (rappresentano più del 70% del fatturato totale, il resto è sfuso) cresciuto del 18%. In questa fascia dimensionale si trova anche la storica azienda piemontese Fontanafredda di Oscar Farirnetti (pronto a rilevare la residua quota di capitale della Fondazione Mps), le spumeggianti Mionetto e La Gioiosa (area Prosecco), la siciliana Duca di Salaparuta e la veneta Sartori, in crescita anche sul mercato interno.

Qui prevalgono le famiglie... Nel segmento compreso tra 40 e 10 milioni sono davvero tante le cantine, alcune molto note, a controllo familiare. Dalla veneta Pasqua, marchio storico e consolidato, alla Zenato, altra new entry 2011. Brand di valore nel panorama nazionale, ancorato ai grandi vini della Valpolicella e alla Lugana di Peschiera del Garda, è di proprietà della famiglia Zenato: tra gli obiettivi 2012 l’ingresso in Cina e l’espansione in India e Brasile. Altre famiglie in campo: da Chiarli a Cecchi, da Moretti a Toso, da Carpenè a Pellegrino. E ancora Allegrini, altra novità 2011: la maison di Fumane, nel Veronese, bandiera nel mondo delle tradizioni e della ricchezza enologica della Valpolicella. Avanti marsc’ ed ecco Feudi di San Gregorio della famiglia Capaldo, Rocca delle Macie degli Zingarelli, Masciarelli (oggi condotta da Marina Cvetic), Ricasoli, Cusumano, Cesari, Tasca d’Almerita, Mastroberardino, Donnafugata, Argioias, Bisol, Pianeta, Lungarotti, Umani Ronchi (famiglia Bernetti), Paladin, Marchesi di Barolo (famiglia Abbona), Mazzei. Insomma, un plotone, agguerrito e pieno di voglia di primeggiare. Che non impensierisce però la Valdo (leader nel Prosecco) o i Tollo o ancora la Genagricola del gruppo Generali.

Risultati da campioni... Uno spunto di osservazione significativo è quello che mette a fuoco i margini operativi delle aziende. Chi sono i leader 2011? Dopo il fuoriclasse Antinori, nella classifica dei campioni (a pagina 47) il posto d’onore tocca alle Cantine Ferrari della famiglia Lunelli, con un rapporto ebitda-fatturato del 35%. La maison di Trento (22esimo posto) ha conseguito una spinta particolare all’estero, in linea con la strategia impostata dal poker di cugini, Matteo, Camilla, Marcello e Alessandro, che ha assunto lo scorso anno le redini dell’azienda. “La marginalità è molto importante perché aiuta a sostenere investimenti che richiedono ingenti capitali e hanno tempi di ritorno molto lunghi”, rivela il presidente Matteo Lunelli. Priorità tra gli obiettivi Lunelli è l’impegno sul fronte agricolo che coinvolge anche i 600 conferenti le uve seguiti da un team dedicato: il punto di arrivo è un protocollo di agricoltura di montagna sostenibile e integrata. Se in Italia i risultati 2011 hanno determinato un aumento della quota di mercato (“come metodo classico siamo vicini al 20% che diventa il 25% nella Gdo”, dice Matteo), all’estero Ferrari deve diventare “il simbolo dell’arte di vivere italiana”. Occorrono tempo e iniziative particolari. Come quella di sposare le bollicine Ferrari “alle località più alla moda delle maggiori città europee” o “ai grandi marchi della moda nelle più belle vetrine del mondo”. Terza azienda sul podio, con un indice del 31,6%, è Masi Agricola, della famiglia Boscaini che ospita nel suo capitale il fondo Alcedo 3 (Palladio finanziaria) con il 14%. Tra i pionieri della classifica, l’azienda veneta guidata da Sandro Boscaini è ambasciatrice dei vini veneti nel mondo: “Sono convinto che per lavorare bene e dare il meglio in qualità, servizio e promozione bisogna guadagnare”, dice Boscaini, coadiuvato dai figli Alessandra e Raffaele e dal fratello Bruno. “La nostra arma è il valore aggiunto e questo porta con sé la ricerca della redditività”. Espone un rapporto del 29% Marchesi de’ Frescobaldi, proprietario di tenute note nel mondo come Ornellaia, Castello di Nipozzano, Castel Giocondo e Castiglioni. Da sette secoli dell’omonima famiglia fiorentina, bissa il consuntivo positivo del 2010, registrando una crescita sempre più marcata dell’export sulle piazze storiche e sulle nuove come Russia e Asia trainata dai grandi vini come Ornellaia, Mormoreto e Masseto: “E sempre più forte l’invito a considerare i mercati esteri occasioni di sviluppo e di profitto”, conferma Frescobaldi, che coglie “segni di ripresa in Italia nel 2012, dopo un avvio piuttosto fiacco, e segnali incoraggianti all’estero”. Con un rapporto del 28,3%, ecco Santa Margherita, tra i gruppi più dinamici e profittevoli del mercato. Presieduto da Gaetano Marzotto. proprietario con i fratelli della holding Zignago cui fa capo la divisione vini Santa Margherita, il gruppo veneto è sicuramente tra quelli pronti a crescere. Anche qui l’estero ha prodotto le maggiori soddisfazioni: “Sarebbe importante mettere bene a fuoco le ragioni del successo che il sistema Paese sta ottenendo all’estero”, incalza Ettore Nicoletto, ad del gruppo che conta tra le sue cantine Ca’ del Bosco, tra i leader in Franciacorta. “E chiaro che il vino italiano è migliorato in qualità, ma questo non basta. In realtà è cambiato lo stile del vino che si dimostra sempre più capace di accompagnare la curiosità e l’esigenza di un consumatore evoluto, più orientato a vivere esperienze gastronomiche di livello”, sottolinea Nicoletto. “Questo fenomeno si è poi incrociato con le dinamiche dei cambi: deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, apprezzamento delle valute di Paesi concorrenti come Cile, Australia, Argentina. E il nostro è diventato il Paese maggiore esportatore del mondo, grazie anche ai quattrini messi a disposizione dalla Comunità europea per le attività di promozione all’estero”. Il dato è sancito dall’Organizzazione internazionale della vite e del vino diretta da Federico Castellucci: l’Italia del vino è leader del mercato mondiale con una quota del 24,3%. La top ten di questa ricca graduatoria trova ben piazzate tre aziende siciliane: Pianeta, Donnafugata e Cusumano dei fratelli Diego e Alberto. Habitué di questa enclave privilegiata sono Barone Ricasoli, Argiolas e Ruffino, mentre si fanno spazio Allegrini e Guido Berlucchi. La maison franciacortina ha registrato nel 2011 una flessione del fatturato dovuta alla decisione di contenere le iniziative promozionali basate sulla leva prezzo a tutela del marchio. “Ciò ci ha parzialmente penalizzato nel breve periodo, ma abbiamo deciso di privilegiare il posizionamento del brand e del suo territorio, la Franciacorta”, spiega Cristina Ziliani, alla guida dell’azienda con i fratelli Paolo e Arturo e il padre Frapco. Sfiora la classifica dei margini Mastroberardino con il 19,5%.

I corridori... Sono 12 le cantine che hanno registrato un incremento del loro fatturato superiore al 15%. Apre le danze, con +28,4%, una nuova entrata: Bosco viticultori (57esimo posto) guidata dal neo dg Lorenzo Biscontin. L’azienda dà capo al neonato gruppo Vi.VO., Cantine Viticoltori Veneto Orientale (45 esimo posto), nato dall’unione tra due importanti cantine regionali. Seguono Caldirola, Enoitalia, Collis, Zonin e Sgarzi a quota 19%. È del 16% il progresso della Cantina di Valdobbiadene, diretta da Aldo Franchi, coop leader nell’area del Prosecco docg. Seguono Allegrini e Sartori. Da notare che tra chi ha corso di più, alcuni operano essenzialmente all’estero come Barone Ricasoli (83,5% export), Ruffino (87,1%), Allegrini (82%). E fuori per un soffio dalla rosa degli sprinter Bisol (14,36%). Sopra il 10% gli aumenti di Cantina di Soave, Verga, Umberto Cesari, Castelnuovo del Garda, Cantina Negrar. Quest’ultima, per la prima volta in classifica, presieduta da Carlo Alberto Recchia e guidata da Daniele Accordini, conta 230 soci. Il tris di cantine con il maggior incremento export? Verga (più 67,7%), Cevico (63,5%) e Terra Moretti (55%). Sul mercato interno il tris vincente è: Sgarzi (38%), Tollo (25%) e Cantine Riunite (23,6%). Non sono state considerate aziende cresciute anche per linee esterne, come Tenimenti Angelini o Giv. È di 259 milioni la somma degli investimenti realizzati dalle 77 cantine. L’impegno maggiore è di Antinori con più di 38 milioni. Seguono, con un importo superiore ai 10 milioni: Martini (25), Riunite (14,8), Santa Margherita (12,1), Duca di Salaparuta (11,6), Frescobaldi (10,6), Vi.VO. (10). Appena sotto, Cavit con 9,6. Gli
impianti fotovoltaici figurano tra le iniziative più significative, come quelli di Santa Margherita (anticipatrice nel settore), Terra Moretti (nella tenuta toscana Petra) e Toso. Qualificante il progetto SoStain sviluppato in Sicilia da Tasca d’Almerita, in collaborazione con Pianeta, che punta alla ricerca delle soluzioni più adatte a incrementare la sostenibilità complessiva in azienda. La veneta Cielo e Terra indirizza gran parte dei suoi investimenti a innovazione e ricerca ed è impegnata nel Progetto Blu in aiuto alla Sierra Leone (pozzi d’acqua). Tra le più recenti iniziative di solidarietà, quelle di Argiolas, Venica e Rocca delle Macie.

Occhio alle emergenti... Sempre più forte l’impegno del gruppo farmaceutico Angelini, dopo l’acquisto del marchio storico dell’Amarone Bertani (costato 80 milioni) e la decisione di affidare a Emilio Pedron la costituzione di un polo vini. “C’è la possibilità di interessanti sinergie tra le aziende del gruppo ma prima di tutto occorre trovare il modello di gestione capace di valorizzare i singoli marchi e le rispettive zone operative”, dice Emilio Pedron, ad della Bertani e della Tenimenti Angelini. E visto quello che Pedron ha realizzato al Giv, di cui è stato a lungo il regista, i colleghi si aspettano molto. Infine, per un disguido sono arrivati fuori tempo i numeri di Astoria. Quest’ultima produce 4 milioni di bottiglie ed è tra le maggiori aziende nell’area del Pro- secco. Ha realizzato un fatturato di 30 milioni (+9,2%) sul 2010. In crescita l’export, che rappresenta il 35% del totale. Ancora un’azienda: è l’altoatesina Alois Lageder, la maggiore cantina impegnata nella produzione biodinamica. In attesa di conoscere più dettagli dal suo bilancio 2012, ha chiuso l’ultimo esercizio con 13 milioni di ricavi.

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