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Un nuovo equilibrio nella rappresentanza consortile, con un peso aumentato e più ponderato per i piccoli produttori, e un nome, “Classese”, che individui in maniera chiara ed univoca lo spumante Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese, il più importante territorio italiano del Pinot Nero (ma non solo), in cerca di un continuo rilancio che oggi sembra finalmente ben avviato: sono le novità approvate, a larghissima maggioranza, dall’assemblea del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, guidato da Francesca Seralvo (produttrice con Tenuta Mazzolino), oggi a Torrazza Coste. Una giornata che secondo il Consorzio “rimarrà scritta nei libri di storia del territorio”, con due cambiamenti definiti “epocali”: “un nuovo statuto, nel segno dell’equilibrio, della trasparenza e della filiera, e un nuovo disciplinare per la Docg” (con la consulenza tenica dello Studio Giuri dell’avvocato Marco Giuri, di Firenze, tra i riferimenti in tema di normativa vitivinicola in Italia, ndr).
“Si tratta di modifiche rivoluzionarie per l’Oltrepò del vino - ha dichiarato la presidente del Consorzio Francesca Seralvo - siamo fieri di aver portato a termine, ad un solo anno dall’insediamento del nuovo Cda, le due più importanti riforme che gettano le basi per un autentico rilancio del nostro territorio. Con lo statuto, votato da oltre il 98% dei presenti, siamo intervenuti in particolare sul sistema di voto, la rappresentanza per i produttori più piccoli e la valorizzazione della filiera. Con il nuovo disciplinare della Docg, votato da oltre il 93% dei presenti, abbiamo identificato univocamente il nostro Metodo Classico con un nome storico e riconoscibile, “Classese”, per raccontare una qualità unica, garantita da regole sempre più restrittive. In entrambi i casi si tratta di strumenti essenziali per valorizzare l’Oltrepò Pavese”.
Il nuovo statuto, spiega una nota, configura una soluzione “assolutamente innovativa in Italia per risolvere in larga parte una criticità del sistema di rappresentatività nei consorzi di Tutela, ovvero la discrepanza tra le aziende piccole, che in termini numerici rappresentano sempre la maggioranza, e quelle più grandi, che pur se numericamente inferiori pesano molto di più producendo più prodotto. Si è scelto di attribuire un numero di voti minimo (10) per ciascun socio, indipendentemente dalla capacità produttiva. In concreto significa decuplicare il peso dei piccoli produttori e renderli più indipendenti e maggiormente protagonisti delle scelte e della vita del Consorzio, senza comunque intaccare l’equilibrio generato dal criterio di proporzionalità. La centralità della filiera, che è diventata parola chiave del nuovo corso del Consorzio, si traduce invece in una premialità che, applicando un moltiplicatore pari al 25%, riconosce il valore intrinseco e di immagine alle imprese che svolgono tutte le fasi della produzione, che avranno così un maggior peso”.
Per la prima volta, dunque, in Oltrepò Pavese, si adotta, inoltre, un criterio di proporzionalità perfetta tra denunciato (uve, ettolitri di vino prodotto, ettolitri di vino imbottigliato), quota pagata al Consorzio e numero di voti disponibili in assemblea. “Tale criterio riporta tutti i soci sullo stesso piano e consente maggiore trasparenza ed equilibrio, superando alcuni significativi squilibri tra le fasi produttive e accogliendo con maggiore efficacia le disposizioni di legge che promuovono la democraticità in ambito consortile”, spiega ancora il Consorzio.
A tale proposito, Cristian Calatroni, vicepresidente del Consorzio, alla guida dell’azienda che porta il suo nome (recentemente premiata dal Gambero Rosso per la migliore bollicina d’Italia 2025), sottolinea come “la modifica dello statuto ha la funzione di riequilibrare la forte disparità che da sempre caratterizza il nostro territorio e che è una delle cause della grande difficoltà che la viticoltura oltrepadana sta vivendo ora. Questa nuova modulazione del sistema di voto servirà a dare più voce a chi garantisce la filiera, differentemente dal passato, portando istanze importanti sul tavolo, grazie soprattutto al grande sforzo da parte delle cooperative”.
Questo nuovo statuto, ideato dal rinnovato management del Consorzio, è stato frutto anche del prezioso supporto di Federdoc e dei funzionari del Ministero dell’Agricoltura, con cui il confronto è stato continuo per arrivare a questo importante traguardo.
La seconda importante votazione, come detto, ha invece riguardato il disciplinare dell’Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg; se a livello di contenuti i soci avevano già raggiunto un importante risultato legato ai parametri qualitativi, l’assemblea odierna ha integrato le modifiche già approvate con due elementi fondamentali. Anzitutto un nuovo nome, che ha lo scopo di dare identità e distinzione al Metodo Classico, evitando l’attuale inevitabile confusione con le altre numerose denominazioni oltrepadane e consentendo di avviare politiche di promozione e posizionamento sui mercati nazionale e internazionale maggiormente efficaci. In seconda battuta, l’introduzione per la prima volta delle Mga - Menzioni Geografiche Aggiuntive - che congiuntamente alle regole più rigide consentono di dare particolare visibilità alle aree maggiormente vocate.
“Siamo orgogliosi del risultato raggiunto, perché ora la qualità del Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese trova una voce importante nel disciplinare” dichiara il vicepresidente del Consorzio e presidente di Torrevilla, Massimo Barbieri, precisando che “abbiamo introdotto alcune tra le regole più restrittive in Italia, dalla raccolta a mano in cassetta fino allo stringimento dei parametri qualitativi principali, come l’acidità e l’affinamento minimo: una garanzia assoluta per assicurare un livello di eccellenza a tutti i prodotti che usciranno sotto la denominazione”. La scelta è andata su “Classese”, un marchio con quasi mezzo secolo di vita, anche grazie all’importante disponibilità del “Distretto del Vino” e del suo presidente Fabiano Giorgi, proprietario di Giorgi Wines, che ha sottolinea come “è un piacere ritrovare unità di intenti e metterla in evidenza. Il marchio “Classese” è nato per identificare il Metodo Classico oltrepadano da Pinot Nero di qualità e, oggi, grazie all’accordo tra Consorzio e Distretto si avvia a diventare una denominazione vera e propria, che potrà guidare la rinascita della vitivinicoltura sul nostro territorio”.
Molto soddisfatto Umberto Callegari, Ceo di Terre d’Oltrepò, la più grande cantina del territorio, nonché del Consorzio, che con i suoi voti è sempre dirimente in termini decisionali: “in questi mesi abbiamo lavorato senza sosta per riportare valore alla filiera, costruendo basi solide per il futuro. È un percorso complesso, fatto di scelte coraggiose e impegno quotidiano, ma i progressi sono tangibili. Trovare coesione e unità è la vera sfida, ma anche l’unica strada per un futuro sostenibile del territorio. Servono visione, responsabilità e la determinazione di chi crede che questa terra meriti di più. E noi continueremo a lavorare per questo, senza paura del cambiamento, che per l’Oltrepò rappresenta l’unica via per un rilancio vero e duraturo”.
Un nuovo futuro, dunque, per una terra storica del vino italiano sulla riva destra del Po, all’incrocio di quattro regioni, Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, e quattro città, Pavia, Alessandria, Genova e Piacenza, conosciuta per i suoi vini già avanti Cristo, descritti come “eccellentisimi” dall’erudito italiano Andrea Bacci nel Cinquecento, ma dove, secondo lo storico romano Strabone, sarebbe stata inventata anche la botte. In questa terra, che è un “grappolo” di Lombardia, ma che rappresenta oltre il 60% della produzione di vino della regione, fatta di dolci colline, costellate di borghi e castelli, gli ettari di vigneti sono 13.000, e ben 7 sono le denominazioni frutto di quattro vitigni: la Barbera e la Croatina, da cui nasce la Bonarda, il vino della tradizione, il Riesling, e il più celebre, il Pinot Nero, per una produzione attorno a 75 milioni di bottiglie.
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