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IL “PATRIMONIO ALIMENTARE DELL’UMANITÀ” FAO PER DIFENDERE LA BIODIVERSITÀ E PER AIUTARE LA LOTTA ALLA FAME: ECCO UNA DELLE PROPOSTE DEL VERTICE DI ROMA. FOCUS - FEDERALIMENTARE SI AD AIUTI E A RICERCA SU OGM. E IL “VADEMECUM” ANTI-SPRECO

Dal patrimonio culturale dell’Unesco, al patrimonio alimentare della Fao. Ecco la proposta per dare il via alla nuova “lista” a tutela della biodiversità firmata da Diana Bracco, vice presidente di Confindustria per il progetto “Ricerca & Innovazione” e presidente di Expo 2015 Spa, nel convegno della Fao, l’Organizzazione per il Cibo e l’Agricoltura delle Nazioni Unite, “Sustainability of food systems and diets for stability” di Roma. “Nel 2010 l’Unesco ha dichiarato la Dieta Mediterranea “Patrimonio immateriale dell’Umanità” - spiega la Bracco - e ora la Fao può giocare un ruolo importante, promuovendo un’iniziativa simile che abbia lo scopo di premiare e preservare la biodiversità come “Patrimonio alimentare dell’Umanità”, e Expo 2015 di Milano potrebbe essere la piattaforma ideale per lanciare l’iniziativa”.
Un’idea che va nella direzione non solo di una più consapevole cultura del cibo nel mondo, ma anche della lotta alla fame, che oggi “colpisce 1 miliardo di persone senza un adeguato accesso all’acqua e al cibo - ricorda Federalimentare - con il paradosso mondiale di 1 miliardo di persone che hanno problemi di sovranutrizione”. Ecco perché Federalimentare, con la Fao, a proposto di “implementare la “Carta di Milano sulla Sicurezza Alimentare”, che - ha detto il presidente Filippo Ferrua Magliani - coerentemente con l’Expo 2015, testimonia l’impegno del settore privato in favore di una crescita sostenibile della produzione alimentare mondiale, per combattere e vincere i drammatici problemi della fame e della sovralimentazione, promuovendo la sicurezza alimentare. Oggi, l’obiettivo di garantire il diritto al cibo “buono e sicuro” per tutti e di preservare l’esistenza di un maggior numero possibile di forme viventi geneticamente diverse, è parte essenziale delle politiche di sviluppo sostenibile”.
Un progetto ambizioso, con il quale l’Expo, che è proprio dedicata al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, “potrà contribuire ad educare la comunità a mangiare bene per vivere meglio - spiega la Bracco - e formare una nuova generazione, più preparata e informata sui temi della biodiversità, sostenibilità e alimentazione sana. L’Esposizione Universale di Milano 2015, sarà un’occasione unica per i Paesi di confrontarsi e condividere conoscenze su nutrizione, sicurezza alimentare, energia, salute attraverso la ricerca, l’innovazione, la formazione e la cooperazione. L’era dell’abbondanza e delle risorse a buon mercato e’ finita e la scarsità e l’instabilità dei prezzi delle materie prime hanno un impatto negativo sull’economia. Se continueremo di questo passo, nel 2050 avremo bisogno dell’equivalente di due pianeti per sostenerci. Dunque, è fondamentale che le istituzioni, i governi e la comunità scientifica e industriale si mettano al lavoro per trovare la soluzione a questi problemi. E, in questo, un ruolo fondamentale lo svolge proprio la ricerca, alla quale sono affidati i compiti di preservare la biodiversità, proteggere la qualità e la sicurezza del cibo e fornire nuove fonti di alimentazione nelle aree del mondo in cui l’agricoltura e’ poco sviluppata. L’Italia, con oltre un miliardo di euro investiti in innovazione nel settore alimentare, si presenta all’avanguardia nella ricerca per un’agricoltura sostenibile e grandi progressi sono stati fatti senza mai compromettere la qualità del Made in Italy”.
“L’Esposizione Universale 2015, alla quale hanno già confermato la propria presenza 57 Paesi - conclude la Bracco - oltre alle Nazioni Unite, sarà anche l’occasione per firmare un Memorandum of Understanding con la Fao, per combattere la fame e la povertà e a sostegno dello sviluppo sostenibile”.

Focus - Federalimentare insieme alla Fao per gli aiuti a 1 miliardo di persone. Ma anche a favore dello sviluppo degli Ogm
Sono quasi un miliardo le persone che, oggi, soffrono la fame e vivono in condizioni di povertà assoluta, senza un adeguato accesso all’acqua e al cibo e, parallelamente, sono un miliardo anche quelle che evidenziano condizioni di sovranutrizione. Ecco perché Federalimentare, con la Fao, a proposto di “implementare la “Carta di Milano sulla Sicurezza Alimentare”, che - ha detto il presidente Filippo Ferrua Magliani - coerentemente con l’Expo 2015, testimonia l’impegno del settore privato in favore di una crescita sostenibile della produzione alimentare mondiale, per combattere e vincere i drammatici problemi della fame e della sovralimentazione, promuovendo la sicurezza alimentare”. Oggi, l’obiettivo di garantire il diritto al cibo ‘‘buono e sicuro’’ per tutti e di preservare l’esistenza di un maggior numero possibile di forme viventi geneticamente diverse, e’ parte essenziale delle politiche di sviluppo sostenibile. Per tutelare la biodiversità - che rappresenta una ricchezza da preservare anche a fini economici - l’industria alimentare svolge una costante attività di ricerca e innovazione, che contribuisce anche ad evitare l’estinzione di specie e razze. Ma le sfide globali non si possono vincere, se non c’e’ il coinvolgimento di tutti. “Ecco perché – ha aggiunto il direttore generale di Federalimentare, Daniele Rossi - desideriamo collaborare con Fao, Ifad e Pam, con Expo Milano 2015, con il World Economic Forum e con la Commissione Europea per promuovere, coordinare e facilitare le azioni locali e globali che portino a una migliore security alimentare e nutrizionale”. Per aiutare la lotta alla fame e trovare risorse per la ricerca, però, l’economia deve fare la sua parte. E per il fatturato dell’industria alimentare italiana i buoni segnali arrivano, ma solo dall’estero, la cui crescita compensa in positivo il calo dei consumi interni.
‘‘Il fatturato complessivo - dice Luigi Scordamaglia, vicepresidente di Federalimentare - dovrebbe chiudere l’anno a 127 miliardi di euro, sui 124 del 2010. Un risultato raggiunto solo grazie all’export, che passa da 21 miliardi a 27-28 miliardi, compensando purtroppo il calo dei consumi dell’1/1,5%, un dato negativo che ci accompagna ormai da quattro anni (-6% complessivamente)”. I settori leader per l’export, secondo Federalimentare, sono il vino con circa il 20% in più, e il lattiero-caseario (+24-25%); bene anche il dolciario e le carni lavorate, in particolare prosciutto e insaccati che, nonostante le barriere tariffarie in alcuni paesi, continuano ad avanzare nel mondo”.
Ma, al di là dell’aspetto economico, quello dell’approvigionamento di cibo per tutto il pianeta è un tema che coinvolge anche la ricerca. In tanti, come Federalimentare, sostengono che la priorità assoluta sia l’aumento della produttività. E qui entrano in campo anche gli Ogm, sostenuti anche da Federalimentare, perchè “precludersi la ricerca in determinati settori, quali gli Ogm, e vietare con oscurantistici divieti la ricerca in questo campo e’ da irresponsabili, in un momento in cui il mondo ha bisogno di crescere in maniera sostenibile - aggiunge il vicepresidente Scordamaglia - e non lo dico io, ma il G20: la priorità assoluta e’ di ricorrere a tutti gli strumenti di ricerca e di innovazione che possano aumentare la produttività agricola nel rispetto della sostenibilità. L’incremento della produttività agricola deve essere un obiettivo condiviso, ma alcune recenti proposte come l’ultima riforma della Politica agricola comunitaria, vanno contro l’incremento della produttività e sono proposte antistoriche non coerenti con il messaggio che le organizzazioni internazionali stanno dando: bisogna produrre di piu’, sebbene nel rispetto della sostenibilità - aggiunge - perché siamo di fronte a delle sfide importanti, che sono quelle della sicurezza mondiale alimentare e della sostenibilità. Ed è necessario che la parte pubblica e la parte privata del settore alimentare lavorino insieme. Per esempio, abbiamo visto che gli investimenti nei Paesi emergenti rappresentano una grande opportunità e investire per creare sviluppo e trasferire tecnologie e know how ha una doppia finalità, aiuta questi Paesi a svilupparsi e aiuta le nostre aziende a crescere. L’Italia sta vivendo una crisi di consumi legata alla situazione economica non semplice. Il settore alimentare e’ uno di quelli che resiste di piu’ perchè l’alimentazione viene considerata una priorità, ma oggi registriamo qualche tensione e una certa polarizzazione dei consumi, mentre dimostrano una certa tenuta i prodotti a costo minore e quelli di nicchia”.

Focus - Biodiversità a rischio, la salvezza è nella “Dieta sostenibile” sul modello mediterraneo
In 12.000 anni di attività agricola, sono state utilizzate per l’alimentazione umana circa 7.000 specie di piante, ma è una ricchezza in via d’estinzione. Nella sola Tailandia le varietà di riso coltivate sono passate dalle originarie 16.000 a sole 37, mentre il 50% delle aree coltivate a riso ne utilizza solo due. Stesso discorso per il Bangladesh, che e’ passato da 5.000 tipi di riso a 23 e per la Corea che da 4.000 oggi ne coltiva solo 12 varietà. A dispetto della ricchezza e diversità locale (che comprende 55 varietà di banane, 171 di patate dolci e 1.200 di pesci commestibili) il consumo di prodotti locali da parte della popolazione dello Stato di Pohnpei (uno degli Stati Federati di Micronesia) è decisamente diminuito, a favore di un crescente utilizzo di prodotti importati.
Insomma: la biodiversità è davvero a rischio, e con lei l’agricoltura locale, l’equilibrio dell’ecosistema, l’autodeterminazione alimentare e gli apporti nutritivi necessari per una dieta bilanciata. Dal convegno Fao, emerge un preoccupante appiattimento della dieta con gravi ripercussioni sulla sicurezza alimentare e sulla salute, contro il quale l’appello e’ di impegnarsi a difesa della biodiversità, come elemento fondamentale per uno sviluppo sostenibile e per il raggiungimento di alcuni degli Obiettivi Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite (dimezzare la percentuale di popolazione che soffre la fame e garantire la sostenibilità alimentare). Il panorama emerso e’ quello di un Pianeta che sta andando nella direzione di una semplificazione alimentare, che tra l’altro sarebbe all’origine di alcune carenze come quella di vitamina A in Africa e di ferro in America Latina.
Al dato che vede 1 miliardo di persone soffrire la fame, si aggiunge quindi quello per il quale sarebbero ben due miliardi le persone che soffrono di deficienze alimentari, dimostrando tutta l’inadeguatezza dell’attuale modello, al quale si contrappone la “dieta sostenibile”, al centro del convegno di oggi. Per “diete sostenibili” si intendono quei regimi alimentari che comportano un basso impatto ambientale, contribuiscono alla sicurezza alimentare, della nutrizione e alla salute delle future generazioni. Una dieta sostenibile protegge e rispetta la biodiversità e gli ecosistemi, e’ culturalmente ammissibile, economicamente giusta e accessibile, nutrizionalmente adeguata, sana e salutare e ottimizza le risorse naturali e umane. In quest’ottica, alla Fao e’ stata concordemente indicata la dieta mediterranea come modello sostenibile, per apporto nutrizionale, varietà e biodiversità degli alimenti che la compongono. Un modello da seguire e valorizzare contro quello “povero” che sta minacciando la cultura alimentare globale. Globalizzazione, industrializzazione, urbanizzazione e aumento della popolazione (ma anche l’esaurimento delle risorse naturali e i cambiamenti climatici) hanno mutato profondamente i modelli produttivi, finendo per influenzare l’ecosistema e l’alimentazioe umana. Per tornare a parlare di sostenibilità alimentare e’ necessario un sforzo trasversale per cambiare la rotta, perchè una ‘dieta sostenibile’ richiede che sia sostenibile l’intera filiera dell’alimentazione. Per andare in questa direzione e’ necessario tenere presente, come ribadito oggi, che la salute delle persone non puo’ prescindere dalla salute degli ecosistemi e mettere in pratica alcune “best practices”: incrementare la sostenibilità alimentare dell’intera filiera, sostenere il commercio diretto dei produttori e le capacità locali, investire in formazione, sviluppare partnership pubblico-privato, abbattere le barriere del mercato e le restrizioni di import ed export.

Focus - Il vademecum per ridurrre lo spreco di cibo
Nei 27 Stati membri dell’Unione Europea, ogni anno, si buttano nella spazzatura circa 89 milioni di tonnellate di cibo, con una media di 149 kg pro-capite. Secondo le stime, se non si cambiano abitudini entro il 2020 la montagna di alimenti finiti nell’immondizia potrebbe crescere del 40% per raggiungere i 126 milioni di tonnellate. L’emergenza è mondiale: un terzo degli alimenti prodotti per il consumo umano viene sprecato, secondo la Fao 1,3 miliardi di tonnellate inutilizzate all’anno. A generare circa il 42% degli sprechi nell’Ue sono le famiglie, seguite da industria (39%), catering (14%) e distribuzione (5%). Come ridurre allora gli sprechi di cibo in casa? Dalla lista della spesa alla scadenza sulle etichette dei prodotti, bastano poche regole d’oro a gestire meglio la dispensa, soprattutto in tempo di crisi. Ecco un vademecum della “Settimana europea per la riduzione dei rifiuti”, di scena a novembre in tanti paesi dell’Ue.
Spesa intelligente: scrivere la lista della spesa, controllando prima cosa e’ rimasto nel frigorifero e nella dispensa. Così si evita di acquistare lo stesso articolo e si pensa già ai possibili menu della settimana. Una volta nel negozio, seguo l’elenco e arrivo solo alla fine agli articoli di banco frigo e freezer, facendo sempre attenzione alle scadenze indicate sulle etichette.
Ospiti in vista: niente piatti che non possono essere riscaldati e consumati il giorno dopo. Meglio poi cercare di non strafare, considerando il numero degli invitati.
Dispensa: fare attenzione alle istruzioni delle etichette dei prodotti, ad esempio se si parla di conservare a temperatura ambiente o in luogo fresco. Meglio raggruppare lo stesso tipo di scorte tutte insieme, per evitare doppioni.
Frigorifero: per conservare meglio i cibi, usare i contenitori e disporli considerando quali sono le zone più fredde. Pulire il frigorifero due volte al mese, per evitare la circolazione dei batteri. Consumare frutta e verdura prima che vada a male. In caso avvenga, evitare di contaminare i prodotti freschi.
Ai fornelli: usare confezioni di cibo già aperte o in prossimità della scadenza. Seguire le ricette adattando le dosi al numero di commensali e ricordarsi di usare gli avanzi, per creare ad esempio insalate o sformati.

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