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Il percorso di Campo alle Comete, cantina a Bolgheri di Feudi di San Gregorio, prima grande realtà del Sud ad aver investito nel territorio toscano, inizia ufficialmente. A WineNews il presidente Capaldo: “ora concentriamo qui in nostri sforzi”

Per Feudi di San Gregorio, l’azienda di proprietà della famiglia Capaldo, ormai tra i gruppi di riferimento del vino italiano, soprattutto, ma non solo, al Sud, l’esperienza toscana di Campo alle Comete, a Bolgheri, 15 ettari di vigneto ai piedi di Castagneto Carducci, sta entrando pienamente nel vivo ad un anno dalla sua acquisizione. Appena aperta al pubblico (15 maggio) la cantina e la resede aziendale, presentati i vini in affinamento totalmente realizzati dal nuovo staff tecnico aziendale (Jeanette Servidio, ad dell’azienda e l’enologo Stefano Di Blasi), con il presidente di Feudi di San Gregorio Antonio Capaldo, che a WineNews sottolinea: “non abbiamo all’orizzonte altri investimenti in termini di acquisizioni, ma ci concentriamo sul progetto bolgherese al massimo, guardandoci intorno per cercare altri vigneti in affitto o da acquistare”.
Una realtà dinamica quella con quartier generale a Sorbo Serpico, realtà leader della viticoltura irpina e non solo, che, prima tra le grandi aziende viticole del Sud, ha compiuto il “balzo” nella Toscana enoica entrando dalla “porta principale” ovvero da una delle denominazioni più di successo della Regione. Una realtà particolare quella bolgherese, dove il Consorzio, sul fronte della comunicazione, ha scelto da tempo il basso profilo. “Siamo in tante zone di Italia, e abbiamo esperienze di consorzi che funzionano e che non funzionano - spiega ancora Capaldo - qui a Bolgheri il consorzio ha sicuramente lavorato bene su due aspetti fondamentali: quello della qualità e dei prezzi dei vini e quello dell’immagine di ciascuna azienda. Certo, forse sulla promozione si potrebbe fare di più, ma infondo noi siamo gli ultimi arrivati qui, è presto per dirlo”.
Da sottolineare, inoltre, che stiamo parlando però di una realtà prestigiosissima ma dimensionalmente molto piccola, con una Bolgheri che produce la metà delle bottiglie di un territorio come quello tutelato dal Consorzio del Brunello di Montalcino, per fare un esempio. E poi “il consumatore di alto livello non ama le cose non sbattute in prima pagina, ma apprezza soprattutto quelle da scoprire - conclude il presidente di Feudi di San Gregorio - e in questo senso il consorzio di Bolgheri potrebbe aver colto nel giusto, almeno per adesso, in quanto a strategia di marketing”.
Campo alle Comete (il nome deriva da un antico toponimo locale) per adesso propone quattro vini: il Bolgheri Stupore 2015, cuvée di Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah e Petit Verdot, il Cabernet Sauvignon 2015, il Bolgheri Rosato 2016 e il Vermentino 2016. L’interpretazione del Bolgheri Superiore dell’azienda invece, sarà pronto nel 2018.

Simbolo dell’azienda è un’opera d’arte che è al tempo stesso ritratto e ispirazione. Si tratta di un’illustrazione firmata da Nicoletta Ceccoli chiamata ad interpretare Campo alle Comete e intorno al suo disegno fiabesco, cogliere lo spirito di questo progetto enologico comprese le etichette dei vini.
Un percorso relativamente breve nel tempo, quello compiuto dalla griffe campana, che oggi è una realtà che conta su oltre 600 ettari complessivi, di cui più di 400 vitati (250 in Irpinia dove l’azienda ospita il ristorante stellato Marennà) ed in cui le diverse vigne e le diverse persone che lavorano sono il vero patrimonio di Feudi di San Gregorio, che ha scelto per ogni realtà un management specifico, spesso conservando le stesse persone e competenze che già esistevano. Un principio che ha guidato tutto lo sviluppo di Feudi che, dal 2010, ha visto l’acquisizione in Basilicata, di Basilisco, poi in Puglia, tra il 2012 ed il 2014, di Ognissole a Manduria e Cefalicchio, a Canosa di Puglia. Poi è stata la volta del Friuli, con il 49% di Sirch, l’azienda di famiglia di Pierpaolo Sirch, che è ad di Feudi di San Gregorio, e poi la joint venture con il sommelier Federico Graziani sull’Etna, in Sicilia, con la supervisione di Salvo Foti, Campo alle comete nel bolgherese nel 2016 e, infine il progetto Tempa di Zoè nel Cilento, dove la cantina irpina è in partnership con Francesco Domini, Vincenzo D’Orta e Bruno De Conciliis (https://goo.gl/Ee8WMI).

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