In un periodo difficile per l’economia europea, come quello che stiamo ancora attraversando, i prodotti alcolici sono destinati a finire sempre più spesso nel mirino della scura dei conti pubblici degli Stati del Vecchio Continente, pronti a tassare indistintamente birra, vino e superalcolici pur di rimpinguare le casse pubbliche, sempre sotto l’ambito della lotta all’alcolismo ed all’abuso. Finora, però, a parare i colpi ci ha pensato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che a dicembre 2015 stoppò la proposta del Governo scozzese di imporre un prezzo minimo per ogni unità di alcol.
Decisione che, a suo tempo, rallentò anche l’iter del “Public Health Bill” voluto dal Governo irlandese per combattere la piaga dell’alcolismo, e firmato dal Ministro della Salute Lo Varadkar, che comprende tante altre misure, che riguardano anche limiti alla pubblicità ed alla scontistica. La riforma dovrebbe tornare in Parlamento a giorni, e non è detto che non passi, anche perché, come si legge nel dispositivo della Corte Europea, l’ultima parola, quando si parla di salute pubblica, spetta alla Corte di Giustizia di ogni singolo Stato. Che in Scozia si è già pronunciata, avallando la proposta del Governo presieduto dal laburista Ken Macintosh, nonostante le rimostranze della Federación Española del Vino e del Comité Européen des Entreprises Vins.
Adesso, è possibile che le associazioni di produttori dei Paesi di tutta Europa, che già portarono la questione in Commissione Europea, a suo tempo, si rivolgano direttamente alla Corte Suprema del Regno Unito per far valere le proprie ragioni. Il tutto, in un contesto a dir poco fragile e complesso, con l’Inghilterra che tra pochi mesi dovrà trattare l’uscita dalla Ue, a condizioni ben poco vantaggiose, con la Scozia, oggi in contrasto con le decisioni della Corte di Giustizia Ue, che invece farà di tutto per uscire dalla Gran Bretagna e rimanere in Europa.
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