A luglio il rapporto “Rabobank’s Wine Quaterly Q2 Report” 2012, una sorta di health-check del settore stilato dalla celebre agenzia di ricerche di mercato, raccontava di un mondo enoico in cui “le scorte di vino stanno raggiungendo il loro punto più basso negli ultimi 10 anni, e l’industria si sta avvicinando ad un punto di equilibrio dopo anni di eccesso di offerta”: una situazione ottimale per i produttori, che in un futuro immediato potranno ricominciare a scegliere su quali politiche di prezzo puntare, senza subire eccessivamente le “bizze” di un mercato in continuo movimento. A dare ragione al rapporto Rabobank (che WineNews ha analizzato in luglio), c’è lo stato dell’arte degli Usa che, dopo due vendemmie a dir poco difficoltose in California (la Regione che, da sola, rappresenta l’80% di tutta la produzione a stelle e strisce), adesso ha bisogno di importare vino sfuso dal resto del mondo per rispondere alla “sete” di vino di una popolazione che, pur mettendo ancora in cima alle proprie bevande alcoliche preferite la birra, ha sempre più voglia di vino.
Come spiega Pierre Géraud (agenzia pubblica francese per il commercio estero Ubifrance) “i 9 litri per abitante del 2012 diventeranno 13,5 nel 2025, e già quest’anno la domanda ha superato l’offerta, tanto che dopo 10 anni di sovrapproduzione e prezzi bassi, i conferitori di vino sfuso della California si sono ritrovati in una posizione di forza”. Tanto che il prezzo del Pinot Nero e dello Zinfandel, sfusi, ha subito aumenti del 30-50%, mentre il Moscato è addirittura triplicato, tanto che molti produttori sono ben felici di passare al Malbec, se il prezzo del Cabernet, ad esempio, diventa troppo alto. Del resto, che negli Usa il vino autoctono non sia sufficiente lo dimostra un’altra tendenza: la diminuzione delle esportazioni, a favore di un mercato interno che garantisce profitti decisamente maggiori.
Ma non basta e, soprattutto, non basterà per i prossimi 5 anni, fin quando le vigne che verranno impiantate da qui al 2014 non entreranno in produzione. E allora, l’unica soluzione è importare vino da chi, negli ultimi anni, ha avuto vendemmie abbondanti e di qualità: Spagna e Italia, seguite da Australia ed Argentina.
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