Il vino pesa tra il 30% ed il 50% del fatturato di un ristorante, con margini e profitti decisamente interessanti. Inoltre, la gestione della cantina, al di là degli spazi e delle possibilità, non è così difficile: il vino, a differenza del cibo, non deperisce. La vera sfida, e qui sì che il rischio spreco è alto, sta nella proposta al bicchiere, sempre più richiesta dai consumatori, che hanno voglia di assaggiare e scoprire cose diverse, abbinando calici diversi a portate diverse, al di là dei percorsi di pairing consigliati dalle tavole gourmet. È qui, in sostanza, che rendere vantaggiosa l’offerta enoica diventa difficile, ed affidarsi ad un sommelier professionista diventa l’unica soluzione possibile. Considerandolo non un lusso, ma un “membro totalmente integrato, ma con competenze specializzate nelle bevande. Assumere un sommelier potrebbe significare avere un cameriere o un supervisore in meno, ma non rappresenta un costo aggiuntivo per l’azienda, piuttosto un elemento che gestisce un prodotto che può generare profitto”, come scrive Paolo Basso, uno dei più celebri sommelier del mondo, ma anche produttore e docente al Glion Institute of Higher Education.
Secondo cui una figura di riferimento in sala è necessaria anche nei locali più piccoli, perché quando lo chef è anche il proprietario, “non ha il tempo per altre attività, mentre il vino richiede tempo e passione e diventa quindi necessario avere una figura che se ne occupi a tempo pieno. E se si lavora in cucina non si può essere in sala a contatto con i clienti per la vendita delle bevande. E, ovviamente, per abbinare vini e cibi: gli chef spesso non si rendono conto che un piatto può essere annientato semplicemente perché è abbinato al vino sbagliato. Gli chef, concentrandosi esclusivamente sul piatto, non considerano gli altri elementi di gusto presenti a tavola. Alcuni addirittura percepiscono il vino come un elemento di intralcio, in grado di distrarre il cliente dalle loro creazioni culinarie. Per abbinare con successo cibi e vini servono capacità sensoriali, che devono comunque essere affinate e arricchite attraverso un’interpretazione personale che deriva da una vasta esperienza. L’abbinamento cibo e vino è scienza, tecnica, esperienza e arte”.
Altro aspetto fondamentale, la costruzione della carta dei vini, per la quale non esiste una regola aurea, perché dipende da mille fattori. “Ho visto diverse strutture di successo lavorare solo con vini al calice, senza una vera e propria carta dei vini. Oppure, solo un piccolo elenco per prendere visione dei prezzi di bottiglie rare e costose che è sempre meglio far vedere al cliente prima di stapparle”, riprende Paolo Basso. “C’è stato un tempo in cui i ristoranti avevano numerose tipologie di carta: aperitivi, acque minerali, vini, piatti, olio extravergine di oliva (almeno in Italia), dolci, vini da dessert, caffè e tè, una lista di liquori e una lista addirittura dei sigari. Ma era controproducente: il cliente vuole che il personale competente scelga per lui e lo sorprenda. Questo è il vero lavoro del personale di sala: capire le esigenze del cliente e supportarlo nella scelta per vivere un’esperienza gustativa emozionale.
Un’altra cosa in cui un moderno sommelier è fortemente coinvolto è la gestione della cantina. Per cui ci vogliono competenze tecniche e un’importante componente di percezione psicologica nell’interazione con il cliente, da sviluppare al fianco di grandi esperti che insegnino i segreti e i trucchi del mestiere. Così come è importante la vendita, è fondamentale la capacità di effettuare degli acquisti in modo sicuro e pertinente. Ci sono alcuni casi dove il prezzo più basso nasconde numerose insidie. come una cattiva conservazione o addirittura dei vini falsificati. Anche in questo caso, l’esperienza di un sommelier è fondamentale per proteggersi da queste numerose complicazioni”, conclude il sommelier Paolo Basso.
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