02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

L’enologo, alchimista di bottiglie d’autore ... Cercasi enologo per vini d’autore. Nell’Italia dei prodotti firmati, gli esperti di uve, mosti e cantine in attività sono quattromila e almeno 600 sono gli iscritti ai corsi universitari di specializzazione, La serietà della materia è tale che solo un terzo di loro arriva a conseguire il diploma di laurea. Il che è motivo di vanto per il Paese e per la stessa professione, che non conosce disoccupati. Anzi, nei rapporti di lavoro, dove prevale il contratto di dipendenza diretta dall’azienda, una buona metà degli enologi ha responsabilità manageriali. Niente a che fare con quanto accadeva nella civiltà contadina e povera di un tempo. Allora, quando il vino lo si faceva in casa pigiando l’uva con i piedi e lasciando il mosto a fermentare con tutto il graspo, raramente i vignaioli aprivano le porte ai tecnici. Al massimo ci si rivolgeva all’enopolio del paese per chiedere consigli agli amici sul da farsi al momento della conservazione e affinamento in botte. Non sempre il risultato era soddisfacente. Spesso quel mosto si trasformava in vino che il tempo rivelava pesante al palato, dal disarmonico, facile a intorpidirsi e con la tendenza a prendere “spunto” già con l’arrivo del primo caldo.
Altri tempi, appunto. In un contesto di maggiore conoscenza dei fatti, di concorrenza e consumatori consapevoli, per le aziende sbagliare equivale all’emarginazione sicura. Ecco allora che la presenza di gente esperta in cantina diventa una condizione sine qua non per fare vini onesti, di qualità o grandi capolavori. Prodotti, cioè, che hanno fatto il successo del vino italiano nel mondo. Un merito che è delle imprese ma soprattutto di figure come l’agronomo e ancora di più l’enologo. Un alchimista, ma tutt’altro che un manipolatore, che con il passare del tempo ha assunto maggiori responsabilità e un ruolo sempre più centrale nella gestione delle uve e della loro trasformazione. Per dirla con il presidente dell’Associazione di categoria, Mario Consorte, l’enologo «è un professionista tecnicamente e scientificamente preparato che sovraintende a tutto il processo produttivo, che va dalla raccolta dell’uva alla vinificazione all’imbottigliamento del vino, facendosi garante della qualità del prodotto. Dunque una figura responsabilizzata che per esercitare la professione deve frequentare e superare un corso di laurea universitaria. Il titolo ha sostituito il diploma di enotecnico che fino al 1993 veniva rilasciato da istituti specializzati in enologia, il più antico dei quali è la Scuola di Conegliano fondata nel 1864.
Dei quattromila tecnici in attività, il 95%è iscritto all’Aie, che è anche l’associazione di settore più antica del mondo (è nata nel 1891) e rappresenta la componente più numerosa tra tutte le rappresentanze aderenti all’Union international des enologues, che ha sede a Parigi ed è presieduta da Giuseppe Martelli. La nascita dell’Union risale al 1965 - spiega Martelli, che da più di vent’anni è l’anima strategica dell’affermazione dell’Aie - e prende il via da una felice intuizione sia di un grande vignaiolo ed enologo italiano, Antonio Carpenè, sia del francese Cabriel Humeau: insieme riuscirono a coinvolgere nel progetto i rappresentanti di altri Paesi. Oggi sono 16 tra Europa, Sud America e Canada, per un totale di 30mila professionisti. Per una questione di costi, non tutte le aziende vinicole possono permettersi di avere un enologo alle proprie dipendenze. Ciò è particolarmente vero per le aziende italiane, dove prevalgono imprese di piccole e medie dimensioni: sempre più spesso, comunque, queste si avvalgono di consulenti esterni. In tutti i casi, la nascita e la buona qualità di un vino devono molto alla preparazione e alla genialità del tecnico enologo (in pagina riportiamo i profili di alcuni di essi, senza alcuna pretesa di fornire un’immaginaria classifica, ma semplicemente scegliendoli tra i meglio preparati oggi sul mercato, con la consapevolezza che non sono certo gli unici). Una cosa, comunque, è sicura: un vino diventa grande solo partendo da una materia prima di qualità. Se l’uva difetta, l’enologo può solo correggere, non fare i miracoli.

Carlo Ferrini, 52 anni - Toscana
È italiano l’enologo più gettonato del momento. A livello planetario, s’intende. Carlo Ferrini, 52 anni, fiorentino, una laurea in Agraria all’università di Firenze nel 1978 e una lunga lista di aziende vinicole da seguire e gestire. Soprattutto nel fare vino. È lui il “preparatore” di prodotti firmati da cantine toscane del calibro di Fonterutoli, San Lorenzo, Donatella Cinelli Colombini o siciliane come Tasca d’Almerita e Donnafugata. Da anni sulla cresta dell’onda, con lo scorso Natale il suo palmarés si è arricchito di un nuovo titolo, forse il più prestigioso e ambito da tutti gli enologi del mondo. Un suo vino, il Brunello di Montalcino “Tenuta nuova 2001” prodotto per l’azienda Casanova di Giacomo Neri, ha vinto il primo premio assoluto Wine of the year 2006 assegnatogli dai “nasi” della rivista americana Wine Spectator. Un premio di per sé prestigioso, peraltro arrotondato dall’ottimo piazzamento (9°)di un altro vino made in Italy - il supertuscan “Blu” - che Ferrini ha firmato per La Brancaia, altra azienda toscana di proprietà della famiglia zurighese Widner.

Giacomo Tachis, 74 anni – Piemonte
Per ammissione generale è il più grande enologo d’Italia. E anche il più longevo, visto che a 74 anni compiuti continua a sfornare vini che sono capolavori. Si chiama Giacomo Tachis, piemontese di nascita e toscano di adozione. Allievo di Emile Peynaud, ha conseguito il diploma in Enologia ad Alba nel 1954, dove ha mosso i primi passi e fatto da apripista alla moderna enologia. Per questo l’Università di Pisa gli ha assegnato la laurea honoris causa in Scienze agrarie. È in Toscana che realizza i primi capolavori: nel ‘68 crea per la Tenuta San Guido degli Incisa della Rocchetta il Sassicaia; nel ’71 è la volta del Tignanello per Antinori. Per la stessa casa si ripete nel ‘75 con il Solaia, il primo vino italiano a salire in cima alla classifica mondiale di Wine Spectator. Nel ‘92 lascia dopo 30 anni Antinori e passa alla consulenza, continuando a sbalordire. Prima con il Pelago realizzato per il marchigiano Massimo Bernetti della Umani Ronchi, quindi in Sicilia con la microvinificazione del Nero d’Avola. Per arrivare in Sardegna con due poderosi vini a base di Carignano per Santadi e Argiolas.

Ezio Rivella, 73 anni – Piemonte
Ezio Rivella, l’enologo più eclettico che ci sia, unico italiano salito al vertice dell’Associazione mondiale di categoria. Artefice negli anni 80 della nascita di Banfi e del relativo successo internazionale del Brunello di Montalcino - sua la firma del Poggio all’Oro -, Rivella già sul finire degli anni 50 si distingue per avere dato “stabilità” biologica ai vini bianchi dei castelli romani, strutturalmente carenti di acidità e facili a intorbidirsi. Figlio d’arte nato a Castagnole Lanze (Asti), Rivella, 73 anni, studia ad Alba e diventa poi insegnante. Nel ‘57 sceglie la professione e lavora alla Gotto d’Oro (Lazio), quindi passa alla consulenza con Fazi Battaglia, Duca di Salaparuta, Regaleali. Nel ‘62 fonda Enoconsult, società di progettazione, produzione e gestione di impianti enologici: a tutt’oggi sono più di 400 le cantine realizzate in tutto il mondo. Poi l’incontro con i fratelli Mariani e il successo di Banfi; quindi nel ‘92 diventa imprenditore e con alcuni amici-soci proprietario di almeno 300 ettari di vigneti tra la Toscana e l’Umbria.

Emilio Pedron, 62 anni – Trentino
L’enologo “aziendalista” per eccellenza abita a Calmasino, dove ha sede il Gruppo italiano vini (Giv), il più grande della Penisola, con ramificazioni distributive proprie in Europa e Nord America. È da quest’angolo della sponda veronese del Garda che Emilio Pedron, 62 anni, di Cles in Val di Non, muove le pedine per vendere in 60 Paesi vini di quasi tutte le regioni d’Italia dai nomi molto noti: Melini, Negri, Santi, Lamberti, Bigi, Castello Monaci, Rapitalà e diversi altri. In tutto 70 milioni di bottiglie. Diploma alla scuola di San Michele all’Adige, Pedron muove i primi passi di enologo tra il ‘65 e il ‘68 nella storica cantina Ruffino, in Toscana, per passare subito dopo alla Nino Negri, in Valtellina, allora di Winefood e sotto la cui insegna sale tutti gli scalini di cantina, prima di diventare a.d. con la nascita di Giv, avvenuta sotto l’ala della cooperazione. Uno spiccato senso dell’organizzazione e grande autocontrollo, Pedron è stato, con il suo presidente Rolando Chiossi, l’artefice dello sbarco del gruppo al Sud. Che ha dato una connotazione davvero nazionale ai vini firmati Giv.

Riccardo Cotarella 58 anni - Umbria
È l’unico esperto di cantina italiano arrivato a mettere viti sulle sponde del Gange. Nella nascente enologia indiana, Riccardo Cotarella segue da un anno un’azienda di 450 ettari con l’obiettivo di individuare i territori più adatti alla vite, nonché selezionare i doni che meglio si adattano al tipo di ambiente locale. Cotarella, 58 anni di Orvieto, di sfide impegnative ne ha diverse da portare avanti. Per esempio, le sperimentazioni che sta conducendo per il Governo israeliano nel deserto a Sud di Tel Aviv. Diploma di enologo a Conegliano nel ‘68, Cotarella di aziende ne segue una sessantina, compresa una decina all’estero, tra cui alcune con impianti nel Bordolese. Il che dice tutto sulle capacità professionali del tecnico che in Italia, per fare qualche nome, segue Feudi di San Gregorio, Castello di Volpaia e si sta occupando della nuova tenuta che il gioielliere Paolo Bulgari sta realizzando a San Casciano dei Bagni. Ma il gioiello che certo gli sta più a cuore è la tenuta di famiglia (la divide con il fratello Piero, dg di Antinori) Falesco, in Umbria, dove è nato il Roscetto Ferentano, “l’unico vino bianco - dice - adatto al lungo invecchiamento”.

Donato Lanati, 53 anni - Lombardia
L’enologo per forza di cose deve essere anche un po’ agronomo. E viceversa. Per questo è abbastanza diffuso che non pochi enologi siano anche degli agronomi. Il che aiuta a conoscere meglio il territorio, interpretandone le potenzialità e caldeggiando l’impianto di un vitigno piuttosto che un altro. Uno dei sostenitori di questa teoria è Donato Lanati, dottorato in viticoltura a Torino, dove oggi è anche docente alla facoltà di Agraria. Lanati, 53 anni di Voghera, dispone nel Monferrato di uno dei più avanzati laboratori di ricerca applicata a viticoltura ed enologia (Enosis) esistente in Italia. Vi lavorano 30 tecnici che, grazie anche ai sofisticati strumenti a disposizione, sono in grado di svelare tutti i segreti del vino. Il nome di Lanati enologo non è legato al lancio di vini che hanno aperto una nuova via. Certo, però, la sua opera di ricercatore fa scuola. Lo si capisce dal numero di imprese di grandi (Banfi, Genagricola, Santa Margherita) come di piccole dimensioni (Schioppetto, Conterno) chè decidono di avvalersi della ricerca applicata in enologia.

Mattia Vezzola, 55 anni - Lombardia
L’autore, Mattia Vezzola, lo chiarna scherzosamente «il vino di una notte» per via del fatto che l’apice della lavorazione “a lacrima” senza pigiatura coincide con la prima notte da quando le uve arrivano in cantina. Si chiama Molmenti, è un chiaretto delicato ed etereo ottenuto da un melange di Marzemino, Groppello, Barbera e Sangiovese ed è uno dei due vini (l’altro è il Maim, un rosso ricavato da uve Groppello in purezza) prodotti dalla CostaRipa di Moniga del Garda, azienda di cui è titolare Mattia e il fratello Imer. La notorietà di Vezzola, 55 anni e diploma di enologo nel ‘75 a Conegliano, è però legata al successo di Bellavista di Erbusco, la prima azienda vinicola della Franciacorta creata dal nulla dal costruttore Vittorio Moretti. Dopo un’esperienza maturata occupandosi di tecnologie di cantinamento presso la tedesca Settz, il destino di Vezzola cambia radicalmente quando nel ‘76 Moretti gli affida la gestione tecnica della nascente Bellavista, i cui prodotti portano la firma esclusiva di Vezzola.

Franco Giacosa, 60 anni – Piemonte
Il primo capolavoro enologico di Franco Giacosa, 60 anni e originario di Alba, si chiama Duca Enrico e risale alla vendemmia 1984. E un rosso potente ottenuto dal Nero d’Avola lavorato in purezza e affinato in caratelli che Giacosa aveva concepito per l’allora cantina regionale Duca di Salaparuta diretta da Gaetano Zangara. La sua uscita sul mercato, nell’89, sbaragliò il campo, mettendo subito d’accordo il “naso” sulfureo dei critici e il palato dei gourmand più esigenti. Vent’anni dopo il capolavoro si ripete con il Deliella, ancora Nero d’Avola, questa volta prodotto per la vinicola Principi di Butera. Tra l’uno e l’altro una serie di altri vini che testimoniano l’affermarsi del potere dei vitigni autoctoni che passano indistintamente da made in Sicily a made in Italy. E sì, perché Giacosa, dopo il diploma nella città natale e un quarto di secolo in Sicilia, dove trova modo di conseguire anche una laurea in Economia e commercio a Catania, nel ‘97 diventa l’enologo di punta del gruppo Zonin. Che vuol dire vigneti in tutta la Penisola e sperimentazione a tutto campo e in cantina.

Franco Bernabei, 54 anni – Veneto
Fare gioco di squadra è un modo di dire (e di fare)che vale anche per chi si occupa di vini. In passato l’enologo era quasi sempre un solista, oggi è più facile che la novità di cantina sia il risultato di un insieme di esperienze. L’esempio più lineare è quello offerto dalla premiata ditta di Franco Bernabei, enologo tra i più estroversi del panorama italico e, al tempo stesso, più efficienti della Penisola. Figlio d’arte originario di Abano Terme, Bernabei, anni, dopo la specializzazione a Conegliano si impregna di mosto lavorando (’75-’79) alla Ruffino. L’esperienza è breve, ma sufficiente per mettersi in proprio, creando una squadra di esperti tra agronomi, enologi, specialisti del marketing e della gestione amministrativa. In pratica una macchina che lavora a fianco dell’azienda vinicola interessata, aiutandola a impostare il percorso da compiere. Esempi di aziende di piccole e medie dimensioni (Fontodi, Felsina, Jerzu, Zamò & Zamò, Fazi Battaglia, Paladin, Selvapiana, Sartorie altre ancora) che, almeno nella fase iniziale, si sono affidate a chi il mestiere lo conosce.

Umbro Trombelli, 42 anni – Emilia Romagna
Se Tachis è il maestro, Umberto Trombelli è l’allievo più giovane. Un allievo che ha imparato velocemente e bene la lezione dell’essere winemaker. Che ha già messo al servizio di imprenditori e nuovi vignaioli che affidano il futuro della propria scommessa agricola ai tecnici del vino. Nato a Molinella (Bologna) 42 anni fa, Trombelli si forma alla scuola di Alba per poi entrare a fare parte della squadra di Tachis e Giorgio Marone, altro nome di spicco della tecnica vinicola (Rocca delle Macie, VinchioMaggio, Illuminati, conti Zecca). Da quattro anni Trombelli firma per la Fattoria Vialla di Arezzo (famiglia Lebole), la cui produzione viene venduta per corrispondenza all’estero. Con successo: la produzione nel frattempo è cresciuta da 1 a 1,5 milioni di bottiglie. Ma l’uomo è diventato il fiduciario di petrolieri (Brachetti Peretti con la tenuta il Pollenza), industriali meccanici (Adami con il Ronco delle betulle di Manzano) e produttori di scarpe come Diego Della Valle, che ha affidato a Trombelli le vigne della sua nuova tenuta Campus Viola di Incisa Val d’Arno.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su