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Il Sole 24 Ore

Champagne, la contesa sui confini ... Dopo 80 anni l’area geografica di produzione sarà estesa ad altri 40 paesini. La forte domanda, fino a 321 milioni di bottiglie, spinge a rivedere la delimitazione. Entro un mese pronta la lista e il ricorso degli esclusi. Stevenson: il valore di un ettaro salirà dai 4mila euro attuali fino a 800mila. A rischio alcuni vitigni di Vranken e Moét & Chandon... La lista dovrebbe restare segreta. Per prudenza, c’è persino chi dice che non esista proprio nessuna lista. Eppure contadini, proprietari, sindaci e semplici cittadini di una serie di paesini della zona della Champagne stanno col fiato sospeso e attendono di sapere se in quella lista il nome del loro paese c’è scritto oppure no.
La lista - c’è, c’è, e lo confermano gli articoli della stampa locale, le indiscrezioni dei ben informati, i dibattiti su internet e qualche mezza ammissione degli addetti ai lavori - ora è nelle mani dell’Inao - l’Institut National de l’Origine et de la Qualité - l’organismo che vigila e certifica quali siano le zone di produzione dei vini Aoc (il nostro Doc) francesi. L’hanno redatta un geografo, uno storico, un fitobiologo, un geologo e un agronomo e l’hanno consegnata, insieme a una dotta relazione metodologica, tra ottobre e novembre 2007. Al più tardi ai primi di marzo, l’Inao deciderà se i criteri descritti nella relazione saranno adatti per l’inclusione di 40 nuovi paesi nell’area geografica della Champagne. Ecco il motivo di tanto fermento nelle campagne francesi. Dopo la decisione dell’Inao si aprirà una serie di confronti con la popolazione prescelta e, verosimilmente, si assisterà a una serie di ricorsi dei paesini che, invece, saranno stati esclusi.
E già: perché lo champagne oggi non basta più. Nel 2006 erano state vendute 321 milioni di bottiglie (+4,55% rispetto all’anno precedente), con un boom dell’export di oltre otto punti. Nel 2007, a ottobre, eravamo già 242 milioni di bottiglie, con un balzo delle esportazioni del 7,8% e con Paesi, come la Cina, che crescono, ogni anno, del 30% circa o come l’India che fa segnare, sebbene per piccole quantità, crescite del 120% in più.
Insomma, di questo passo non si riuscirà più a soddisfare la domanda, soprattutto dopo che muovi ricchi russi, cinesi e indiani hanno scoperto la bontà del vino francese. Non che gli altri Paesi disdegnino: la Gran Bretagna, di gran lunga primo Paese importatore, gli Stati Uniti, la Germania e l’Italia continuano a trascinare il mercato. E se la tendenza dovesse continuare con un prudente +2,5% annuo, gli economisti francesi hanno già calcolato che la Champagne venderà 384 milioni di bottiglie nel 2014.
Per questi motivi, già da qualche anno, il Sgv (Syndicat General des Vignerons de la Champagne) ha chiesto pubblicamente di “ritoccare” i limiti della zona di produzione. “Bisogna fare attenzione, però - spiega Domenico Avolio, del Centro informazione Champagne italiano, una delle strutture del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), che riunisce tutte le Maison e i viticoltori della Champagne -: qui non si parla di estensione, ma di revisione della delimitazione attuale della zona di produzione”.
Il concetto è sottile: effettivamente la zona si è andata allargando e restringendo nel corso del tempo. Se nel 1865 erano 65mila gli ettari della zona Champagne, la comparsa della filossera e la guerra del 1914-18 - che si combatté nel territorio - ridussero la superficie a soli 12mila ettari. Dopo di che, nel 1927, vennero fissati, con apposita legge, i limiti dell’estensione che durano fino a oggi. “La delimitazione dell’area geografica della Champagne viticola - puntualizza Avolio - ha definito due nozioni: l’area di elaborazione, dove è possibile vinificare, elaborare e confezionare i vini con denominazione Champagne: quest’area è composta da 647 Comuni. Poi, all’interno di quest’area, alcune zone sono dichiarate idonee alla coltivazione della vite. Oggi 319 Comuni sono inclusi in quest’area di produzione che rappresenta complessivamente 35.208 ettari”.
Di questi, circa 33mila sono coltivati e i vigneti, tirati a lucido, sono ormai al massimo di produzione (anzi: qualche anno fa si è dovuto aumentare i massimali di rendimento per ettaro). È per questo che siamo a un momento storico. Dopo 80 anni, i confini devono essere rivisitati e, per i nuovi ammessi, sarà come vincere alla “lotteria geografica”. Entrare nel club, stima Tom Stevenson, giornalista enologico, maggior esperto al mondo di champagne, farà decollare il valore dei terreni prescelti e volare l’economia locale. “Il valore di un singolo ettaro destinato a suolo agricolo - ha scritto su una rivista specializzata - salirà dai 4mila euro attuali fino a 800mila euro, se si potranno piantare dei vitigni”. In tutto, secondo le previsioni di Stevenson, si creeranno, nel prossimo decennio, tra i 1.200 e i 5mila nuovi ettari per la produzione, con un bilancio che potrebbe sfiorare, nella zona, i sei miliardi di euro di indotto. Nei magnifici 40 “eleggibili”, gli esperti avrebbero privilegiato -la lista ufficiosa è finita nelle mani dello stesso Stevenson - la zona della Marne (con 22 località), poi l’Aube (15), mentre l’Alta Marna (2) e l’Aisne (un solo paese) sarebbero state trascurate, scatenando già polemiche che nella stampa locale hanno ampia eco. Il criterio, oltre che la conformazione geofisica, è quello di far parte storicamente della zona e di avere prodotto vino da tempi “non sospetti”.
E così nei minuscoli hotel de ville (alcuni paesi contano 2-300 abitanti), i municipi, è partita la corsa a ripescare dati catastali impolverati e vecchie mappe del luogo, per dimostrare all’occorrenza che, come dice il luogo comune, “qui, una volta, era tutto vigneto”.
Fa da esempio il villaggio di Fontaine-sur-Ay (300 abitanti scarsi), ammesso nel 1990, dopo l’esclusione dalla mappa generale del 1927. In questo caso il Consiglio di Stato diede ragione al Comune che rivendicava i propri diritti e che riuscì facilmente a dimostrarli.
Nella prima mappatura, semplicemente, i paesani non si scomodarono per far parte della Champagne: i proprietari di allora, tutti aristocratici, non erano interessati al commercio. E se i proprietari - aristocratici o no - di oggi non si possono permettere un tal lusso, stanno già nascendo comitati tra municipi limitrofi per far fronte comune in caso di esclusione. Nella regione dell’Aisne - da sempre considerata una zona di qualità inferiore per lo champagne - si stanno mobilitando, e tra paese e paese confinante ci si scruta con molta attenzione per verificare che i territori comunali siano rispettati con diligenza.
Ugualmente sul piede di guerra sono, poi, Orbais-Abbaye e Germaine, nella Marne, due piccoli paesini che, pur facendo già parte della Champagne, al contrario, ne verrebbero esclusi, sempre stando alla nuova lista in mano all’Inao. Con il piccolo particolare che dei due paesini sono coltivati da case come Vranken e Moèt & Chandon. Le maison, non stanno a guardare: se interpellate non parlano con nessuno, se non attraverso prudenti comunicati ufficiali del Civc, ma la maggior parte spinge per l’espansione. E una volta deliberata la nuova delimitazione, sarà ancora tutta da giocare, perché Champagne è un territorio estremamente dei 15.242 conduttori complessivi, 54% coltivano ciascuno meno di un ettaro.
Il processo sarà ancora lungo, ma “i professionisti della Champagne - dichiara Avorio - sperano in maggioranza che questa revisione potrà concludersi con terreni supplementari sui quali saranno impiantati nuovi vigneti, per permettere al territorio di accompagnare il suo sviluppo commerciale”. Il tutto ovviamente salvaguardando la qualità del vino, vero primo atout della regione. Se tutto dovesse andare a buon fine, nel 2009, l’Inao presenterà al Consiglio di Stato un progetto di decreto che ufficializzi la nuova definizione dell’area geografica, per il 2017 si dovrebbero vendemmiare le nuove vigne e nel 2019 bere gli champagne nuovi di zecca.
C’è da starne certi: la prima cosa che faranno i cittadini delle comunità incluse sarà una bottiglia di champagne. Sognando di degustare, tra qualche anno, quello prodotto nella vigna sotto casa. Finalmente autentico champagne.

I primi dieci consumatori - L’export di bottiglie di champagne da gennaio a ottobre 2007 e variazione % sul 2006…
Paese - Export - Variazione %
Regno Unito - 27.937.104 - +7,15
Stati Uniti - 19.329.514 - -4,68
Germania - 8.075.103 - -1,15
Italia - 7.633.476 - +7,41
Giappone - 7.629.894 - +8,15
Belgio - 5.999.095 - +1,44
Svizzera - 3.893.933 - +14,87
Spagna - 3.062.689 - +17,98
Australia - 2.864.314 - +7,56
Paesi Bassi - 2.282.836 - +6,46

La Champagne si candida per la tutela del patrimonio mondiale dell’Unesco…
Il dossier è in preparazione. La Champagne vuole arrivare a essere patrimonio dell’Unesco. Una candidatura che, se l’esito del processo di accettazione sarà stato positivo, si concluderà a luglio 2010 con l’iscrizione a lista del Patrimonio mondiale. Valorizzare e preservare la ricchezza paesaggistica di una zona unica al mondo sono stati i motivi per la candidatura, ma non vanno trascurati gli obblighi e i vantaggi che l’iscrizione porterebbe, tutelando la Champagne sotto la protezione della comunità internazionale. Il sito www.paysagesduchampagne.fr seguirà le fasi della candidatura. Situata a150 chilometri a est di Parigi, la Champagne ha costituzione geologica che è il risultato della presenza del mare, in origine, del ritiro delle acque circa 70 milioni di anni fa e poi di un terremoto, 20 milioni di anni fa, che ha portato a un rialzamento del terreno e a una frantumazione del gesso a cui sono rimasti impregnati elementi marini e minerali.

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