Il 2022 sarà ricordato come l’anno del crollo delle vendite di vino in Gdo. Con un grande “ma”: per quanto il calo, sul 2021, sia fragoroso, sul 2019, ultimo anno prima della pandemia, i numeri restano decisamente buoni. A confermare e completare il quadro tratteggiato negli ultimi giorni da WineNews - con il vino sul canale off-trade in Germania che segna il -6% a valore e il -8% a volume, e i risultati della Gdo italiana che certificano il calo del -4,6% del fatturato vino - i numeri della grande distribuzione francese, con i dati Nielsen che segnano una perdita, nel 2022, del 5,3%. Segno che, anche Oltralpe, è evidentemente finita l’epoca Covid. Nello specifico, il calo è dell’8,2% per i rossi, mentre i bianchi segnano il -6,5% e i rosati mostrano un piccolo aumento, pari al +0,7%. Il panel IRI sulla Gdo francese (con i dati ad ottobre 2022) parla di un -6,5% dei volumi venduti e di un -3,9% a valore, per un aumento del prezzo medio del 3%, dovuto interamente all’inflazione.
In termini di volumi e valori, i cali sono generalizzati e riguardano quasi tutte le denominazioni: complessivamente, -7,2% a volume e -4,8% per le vendite dei vini AOP, a causa sia del calo dei consumi che del crollo dell’offerta causato dalle gelate del 2021. Ad eccezione della Provenza (+3% in volume) e della Corsica (+5%), le diminuzioni ricadono su tutte le regioni: Alsazia (-3%), Valle della Loira (-5%), Sud-Ovest (-6%) , Valle del Rodano (-7%), Bordeaux (-9%), Linguadoca-Rossiglione (-9%), Beaujolais (-11%) e Borgogna (-21%). Non si salvano neanche i vini più economici, come gli IGP, anch’essi in calo (-6,8% a volume e -3,1% in valore), così come i vini generici e senza indicazione geografica esteri, mentre i francesi, che rappresentano comunque una nicchia scarsamente rilevante, registrano un piccolo miglioramento (+0,7 % a volume e +4,5% in valore, con le private label, invece, in difficoltà (-6,7% a volume e -4,4% in valore).
Per Éric Marzec, account manager per le bevande nei panel IRI, sentito dal magazine online francese Vitisphere, “ci sono due effetti derivati dall’inflazione. Prima di tutto, quando i prezzi salgono, sono i prodotti più accessibili i più sensibili all’elasticità del prezzo, perché quando si passa da 2,90 a 3,10 euro a bottiglia l’impatto per le famiglie è evidente, e il calo delle vendite una conseguenza inevitabile. Il secondo effetto dell’inflazione è lo stravolgimento della composizione del carrello: tutti i generi alimentari registrano un aumento dei prezzi, e di conseguenza le bevande alcoliche, compreso il vino, perdono la loro priorità nella lista della spesa”.
E se è difficile affrontare un contesto economico incerto, è ancora più difficile essere ottimisti su una ripresa delle vendite in Gdo, perché, chiosa Marzec, “questo calo dei consumi è sì legato all’inflazione, ma potrebbe continuare anche in caso di un miglioramento dell’economia: il declino è strutturale e legato alla scomparsa dei consumatori quotidiani. Le generazioni più giovani sono più attratte dalle birre, e quello che stiamo perdendo in questo momento storico, non vedo perché potremmo riconquistarlo. La sfida si gioca tutta sul valore”.
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