Le quotazioni spuntate nelle aste del mondo dai vini top di Francia, per gli alfieri dell’Italia enoica, forse sono irraggiungibili. Ma appena un gradino sotto a quel manipolo di etichette top, “una nicchia della nicchia, quelle che escono a 300 euro a bottiglia dalla cantina, nella fascia medio alta di bottiglie che escono sui 50 euro, gli italiani stanno correndo di più dei francesi, sono più competitivi, e stanno recuperando terreno, tanto che ormai le etichette del Belpaese e quelle transalpine sono considerate due facce della stessa medaglia dai collezionisti del mondo”. A dirlo, a WineNews, Raimondo Romani, alla guida, insieme a Flaviano Gelardini, della Gelardini & Romani Wine Auctions (www.grwineauction.com), unica casa d’aste specializzata in vini italiani.
“L’interesse per le nostre etichette è grande, anche perché i mercati oggi sono più sobri e maturi, compresa la Cina, dove c’è comunque ancora molto da fare. Ed i nostri vini, e parliamo comunque di brand affermati, perché è su quelli che puntano i collezionisti, sono più competitivi. Certo - spiega Romani - in termini di volume i cataloghi sono ancora dominati dalla Francia, le grandi case d’asta, nonostante tutto, i bilanci li fanno su Bordeaux, ma è questione di massa critica, non perché i vini italiani non si vendano bene. É che sono di meno. Ma siamo fiduciosi che, al crescere delle collezioni di vini italiani in giro per il mondo, anche in volume, con il tempo le cose cambieranno. Se si guarda agli incrementi, però, più che alle quotazioni, negli ultimi tempi le cose per l’Italia vanno meglio che per la Francia. Diciamo che, a grandi linee, chi negli ultimi 4 anni ha investito 10 in vini francesi si ritrova con 8, chi lo ha fatto con gli italiani si ritrova con 20”.
Insomma, il tempo dei “superprezzi”, tranne casi rarissimi, sembra passato, e così, come avviene nel mercato di massa, anche nel collezionismo il rapporto qualità-prezzo dei vini italiani, chiaramente su fasce diverse di prodotto, sembra vincente. Anche perché quelle che sembravano debolezza di sistema, alla lunga, si stanno rivelando punti di forza. “In molti investono in vini italiani anche perché non c’è il rischio “bolla” - continua Romani - come successo a Bordeaux, dovuto anche la fatto che lì è tutto fatto con intermediazione, non ci sono i produttori che collocano direttamente il vino sul mercato. Passa tutto per i négociant, che spesso si mangiano già molto del potenziale margine di crescita, mettendo sul mercato vini che escono dalla cantina a 300 euro a 600, e sono pochi gli stakeholder che possono influenzare le quotazioni. In Italia questo sistema è sempre mancato, e si è pensato fino ad oggi che fosse una pecca. Invece i collezionisti si sentono rassicurati dal fatto che non ci siano i soliti 5-6 player in grado di fare il bello ed il cattivo tempo. E comunque, la bolla di Bordeaux ha fatto capire chiaramente che il collezionismo di vino, che parte comunque sempre dal desiderio di potersi bere grandi bottiglie di annate diverse quando si vuole, non è una speculazione da fare con un orizzonte di 1-2 anni, ma un investimento a medio - lungo termine, di almeno 7-8 anni, se ci si vuole guadagnare qualcosa”.
Un altro punto a favore che l’Italia del vino deve sfruttare, nel mondo delle aste e del collezionismo, è il fenomeno delle truffe. “Effettivamente ora c’è il terrore del falso, ma sui vini francesi. Per questo stanno avendo grande successo le vendite ex-cellar, che comunque sono poche anche in Francia. Noi lo abbiamo fatto con qualche cantina italiana, ma va detto che sono davvero poche quelle che hanno uno storico per poterlo fare, e comunque limitato nei volumi. E poi se c’è un po’ di valore aggiunto perché ci sono più garanzie sulla conservazione, non è così alto, perché dell’Italia ancora ci si fida. Quando anche per le nostre etichette sarà percepito il rischio falsi, però, vorrà dire che saremo cresciuti tanto”.
Ma quali sono, ad oggi, i vini italiani che nel mercato delle aste stanno performando meglio? Al top, secondo il monitoraggio di alcuni dei “Grand Cru d’Italia” classificati da Gelardini & Romani tra i vini che vanno meglio, tra le etichette che vengono aggiudicate mediamente ad oltre 300 euro a bottiglia,in media, ci sono Masseto, in particolare della annate 2001 e 2006, Barolo Monfortino, e le Riserve di Brunello di Montalcino di Biondi Santi, tutte con quotazioni stabili. Tra i 200 ed i 300 euro il top è il Granbussia 2001 di Aldo Conterno, mentre nella fascia tra i 150 ed i 200 euro, domina il Barbaresco Riserva Bruno Giacosa 2007, in forte crescita, “come le quotazioni dei Barbaresco rispetto ai Barolo in genere”, aggiunge Romani. Tra i 100 ed i 150 euro a bottiglia le etichette su cui puntare sono Ornellaia 2001 e Barbaresco 1997 di Gaja, in forte crescita, ed il Barolo Cascina Francia 1996 di Giacomo Conterno. Tra i 50 ed i 100 euro, i migliori sono il Tignanello 2001, e 2007 in formato Magnum, ed il Pergole Torte 2004, anche se, in generale, le etichette di questa fascia di prezzo sono quelle che stanno performando meglio in termini di rivalutazione.
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