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ANTEPRIMA VINO NOBILE

Il vino Nobile di Montepulciano protagonista del mercato, già nel Medioevo

Ritrovato un raro “contratto di mercatura del 17 ottobre 1350”, che riscrive la storia. Mentre il territorio, oggi cresce sui mercati del mondo

Oggi 7 bottiglie su 10 di vino Nobile di Montepulciano volano sui mercati di tutto il mondo, con un valore alla produzione stimato in 65 milioni di euro, e un valore complessivo, tra patrimonio immobiliare, vigneti e indotto sul territorio, che sfiora 1 miliardo di euro. Ma quel vino che il letterato (ed il medico più alto in grado alla Corte dei Medici, ndr) Francesco Redi definì “d’ogni vino il re” nel suo “Bacco in Toscana” del 1685, era protagonista del mercato del vino già nel Medioevo. Come testimonia un raro contratto di mercatura del 17 ottobre 1350, conservato nel fondo Madonna de’ Ricci (crociferi) dell’Archivio di Stato di Firenze, ritrovato grazie alle attività di ricerca, promossa dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, guidato da Andrea Rossi e diretto da Paolo Solini. Che hanno portato al ritrovamento della registrazione notarile di una società di commercializzazione ed esportazione del vino prodotto nelle vigne di un esponente della famiglia signorile dei Del Pecora di Montepulciano, attraverso l’intervento del mercante Jacopo di Vanni di Santa Fiora. La pergamena, una vera e propria rarità documentale sia per la datazione che per il contenuto, testimonia, come dice lo storico Repetti nel suo famoso Dizionario (Firenze, 1839) che il “vino squisito di Montepulciano, ... s’inviasse all’estero da tempi assai remoti”, e fu scritta pochi anni dopo la redazione degli Statuti di Montepulciano del 1337 che normavano la produzione, la vendita e la fiscalità del prodotto enologico per il quale la città era già nota in quel profondo passato. “Un ritrovamento che è avvenuto nei mesi scorsi, grazie al lavoro che stiamo facendo insieme alla Società Storica Poliziana per ricostruire la storia del vino a Montepulciano - spiega il presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Andrea Rossi - e che oggi abbiamo potuto presentare a tutto il mondo per dimostrare quanto la tradizione vinicola nel nostro territorio sia importante, fin da tempo remoto”.
Un pezzo di storia che porta al presente, per quella che è stata la prima Docg d’Italia nel 1980 (con il Consorzio che custodisce la prima fascetta Docg del vino italiano, la serie AA n° 000001), e che, da due anni, ha aggiunto la menzione obbligatoria “Toscana” in etichetta, per tutti i vini, raccontato nell’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano, di scena oggi nella “perla del Rinascimento”, con l’assaggio dell’annata 2020 (vendemmia giudicata a 5 stelle, il massimo del rating) e della Riserva 2019 (mentre dal 18 al 20 febbraio la kermesse sarà aperta ad appassionati ed operatori, ndr). Un presente che racconta di un ottimo stato di salute della denominazione, che viene da un 2022 che è stato un anno di ulteriore crescita per il mercato del Vino Nobile di Montepulciano. Nel mercato sono state immesse 7,1 milioni di bottiglie di Vino Nobile (+6% sul 2021) e 2,8 milioni di Rosso di Montepulciano (+7,7% sul 2021). Le esportazioni, che, tuttavia, restano il principale canale di sbocco, hanno fatto segnare un 68% (negli anni passati si era arrivati al 78%), mentre il restante 32% viene commercializzato in Italia. E continua la tendenza di crescita degli ultimi anni la vendita diretta in azienda che nel 2022 ha ormai superato il 30%. Per il mercato nazionale, inoltre, le principali vendite sono registrate in Toscana per il 43%. Al nord viene venduto il 31,6% e al Sud il 5,40%. Per l’estero si assiste ad una torta divisa a metà tra Europa e paesi extra Ue. In America (tra Nord e Sud) va il 35% dell’export, in Europa il 30%. Cresce l’Asia con il 2,5% della quota totale. La Germania continua ad essere il primo mercato del Nobile con il 37% della quota esportazioni. In crescita continua, anche rispetto al 2022, è quello degli Stati Uniti arrivando a rappresentare il 27% dell’export del Vino Nobile di Montepulciano. Successo anche per i mercati asiatici, balcanici ed extra Ue con oltre il 4% delle esportazioni. Continua il trend di crescita del Canada che da solo vale il 5% delle esportazioni. Altro dato significativo è la fetta di mercato del Vino Nobile di Montepulciano a marchio bio che nel panorama italiano vale il 42% delle vendite, mentre a livello internazionale rappresenta oltre il 70%.
Una ricchezza, quella legata al vino, che sul territorio come indotto muove il 70% dell’economia locale, che nasce da 2.000 ettari vitati (di cui 1.208 iscritti a Vino Nobile di Montepulciano e 324 a Rosso di Montepulciano Doc), coltivati da 250 viticoltori, e portati su scaffali e tavole da 90 imbottigliatori, per oltre 2.000 posti di lavoro tra fissi e stagionali.

Focus - Il Vino Nobile di Montepulciano è la prima denominazione italiana ad aver ricevuto il marchio di certificazione di sostenibilità secondo lo standard Equalitas
Dal 2022 quella del Vino Nobile di Montepulciano è la prima denominazione italiana ad aver raggiunto la certificazione di sostenibilità secondo la norma Equalitas. Per arrivare a questo risultato, che è solo un tassello di un percorso in essere e in divenire, si sono impegnate gran parte delle imprese vinicole del territorio. Il 75,8% delle aziende di Montepulciano, per l’esattezza, ha contribuito con le proprie attività al raggiungimento della certificazione. Come ha cercato di scoprirlo il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano che, per l’Anteprima, ha chiesto ai propri associati con quali attività abbiano privilegiato questo obiettivo. Intanto il 98% delle aziende ha ridotto i trattamenti convenzionali in vigna. Il 59% ha messo in campo pratiche legate alla cosiddetta agricoltura integrata. Quasi il 70% delle imprese ha scelto l’agricoltura biologica, il 3% quella biodinamica. L’84,4% negli ultimi cinque anni ha investito in formazione e sensibilizzazione sui temi di sicurezza e ambiente. La totalità delle aziende ha dichiarato inoltre di aver ridimensionato l’utilizzo di fitofarmaci e fitosanitari in campo. In tempi di scarsità di acqua, il 69,7% delle imprese vinicole del territorio dichiara di aver attuato pratiche per la riduzione dell’utilizzo di risorse idriche per il processo di vinificazione e il 97% ha guardato alla salvaguardia della biodiversità. Sul fronte della CO2 il 75,8% dichiara di aver avviato pratiche per la riduzione di emissione di gas climalteranti e anche messo in piedi attività di recupero o riciclo di materiali proveniente da scarti di produzione (il 72,7%).
Essere sostenibili è un vantaggio anche ai fini della comunicazione e promozione del vino: lo pensa il 78,8% delle imprese. Il 72,7% dei produttori di Vino Nobile di Montepulciano è molto soddisfatto delle attività verso la sostenibilità intraprese dal Consorzio per la denominazione (mediamente soddisfatto il 18,2%, abbastanza il 9,1%). La totalità dei produttori di Vino Nobile di Montepulciano è convinta di aver contribuito anche così al rafforzamento della denominazione, anche investendo in accoglienza in cantina (il 97%). Ma quello sulla sostenibilità è un percorso che parte da lontano a Montepulciano (anche su impulso della cantina Salcheto di Michele Manelli, la prima off-greed d’Europa, ndr).
Negli anni 1985/1990, grazie alla sensibilità del Consorzio ed al sostegno del Comune di Montepulciano, fu creata una rete di stazioni meteorologiche installate su tutto l’areale di produzione per la rilevazione dei dati meteo. In base alle condizioni riscontrate, a cadenza settimanale gli esperti agronomi emanavano il “messaggio verde”. Di fatto uno strumento operativo a favore delle aziende che permetteva di razionalizzare gli interventi di difesa fitosanitaria con la conseguente limitazione dell’utilizzo di presidi chimici.
Nei primi Anni Novanta del Novecento il Consorzio fu tra i primi in Italia ad indagare i terreni produttivi tramite un progetto di zonazione denominato “Vino Nobile di Montepulciano Zonazione e Valorizzazione del territorio” che interessò i vigneti di produzione nel triennio 1992/1994. Fu condotto dal gruppo di ricerca in viticoltura all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige con il fondamentale apporto dell’allora Istituto Sperimentale per lo studio e la difesa del Suolo di Firenze. La sezione clima fu trattata dall’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Arezzo. Il progetto ha prodotto una carta tematica per la gestione del territorio di produzione ancora oggi attuale e basilare per gli studi che si sono susseguiti. Intorno al 2006, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, è nato un progetto per lo smaltimento di scarti biologici dalle vigne per la realizzazione di biomassa da combustione per il sostegno energetico a plessi scolastici e amministrativi.
Nel 2015 il progetto della Carbon Footprint del Vino Nobile di Montepulciano diventa un modello su scala nazionale. Il sistema che calcola l’“impronta di carbonio” del ciclo produttivo di una bottiglia di Vino Nobile, ovvero le emissioni di CO2 derivanti dalla realizzazione del pregiato vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, è stato infatti riconosciuto da un gruppo di istituzioni ed aziende che operano ai massimi livelli nel campo della qualità e delle relative certificazioni e che abbineranno quindi il proprio nome a quello del progetto. L’idea di misurare la Carbon Footprint della Docg di Montepulciano e di attivare una serie di pratiche per la diminuzione o la compensazione della emissioni di anidride carbonica è stata presentata nell’Anteprima del Vino Nobile 2014 dal Comune di Montepulciano (che ha finanziato il progetto), dal Consorzio dei produttori e dall’Università Marconi di Roma, incaricata della realizzazione tecnico-scientifica. Il programma, che ha ricevuto il patrocinio della Regione Toscana, della Provincia di Siena e della Camera di Commercio provinciale, in un anno è passato dalla fase progettuale a quella sperimentale grazie a una piattaforma di raccolta dati testata con l’Università Marconi di Roma. I produttori hanno all’epoca prontamente compreso la portata rivoluzionaria del progetto, esprimendo convincimento ed entusiasmo; stesso atteggiamento ha manifestato il Gambero Rosso, voce leader a livello internazionale nell’informazione eno-gastronomica, che ha ugualmente garantito il proprio appoggio per il “lancio” della notizia e per la relativa campagna. Questo progetto è stato premiato nel 2015 come “Smart Communities” alla Smau di Milano.

Focus - Vino Nobile di Montepulciano “Pieve”: il vino “aspetta” in cantina
Sono oltre 40 le aziende di Vino Nobile di Montepulciano che, anche con la vendemmia 2022, hanno selezionato una partita di Vino Nobile di Montepulciano atto a divenire “Pieve”. 500.000 le bottiglie annue previste in uscita per la prima annata disponibile, pari al 7% della produzione di Vino Nobile di Montepulciano. Il Consorzio aspetta l’ok definitivo dalla Comitato Vini del Ministero dell’agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. L’idea di far nascere il Vino Nobile di Montepulciano menzione “Pieve” (attualmente il disciplinare prevede Vino Nobile di Montepulciano e Vino Nobile di Montepulciano Riserva), nasce da un percorso metodologico che ha visto il consenso e la partecipazione di tutte le aziende produttrici.
Un percorso di studio all’interno della denominazione stessa, che, grazie a momenti di incontro, confronto e di analisi collettiva, ha portato alla nascita di una “visione” univoca di Vino Nobile di Montepulciano. Una visione supportata dalla ricerca anche degli esperti. “Da una parte, abbiamo dato vita ad una ricerca dal punto di vista geologico e pedologico, tema che il Consorzio ha a cuore dagli Anni Novanta del Novecento (siamo stati tra i primi in Italia a “zonare” il territorio di produzione e successivamente a riportarlo in una mappa realizzata da Enogea); dall’altra, l’approfondimento è stato fatto anche nelle biblioteche e archivi storici, fino ad arrivare al Catasto Leopoldino del 1800”, spiega il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. La tipologia “Pieve” sarà un vino che avrà come caratteristiche il territorio (appunto con le sottozone), l’uvaggio che sarà legato al Sangiovese e ai soli vitigni autoctoni complementari ammessi dal disciplinare con uve esclusivamente prodotte dall’azienda imbottigliatrice. L’altra novità è che verrà istituita una commissione interna al Consorzio composta da enologi e tecnici la quale avrà il compito di valutare, prima dei passaggi previsti dalla normativa, che le caratteristiche corrispondano al disciplinare stesso.
Le “pievi” per caratterizzare anche la territorialità del vino. Lo studio storico della geologia e della geografia del territorio ha portato alla individuazione di 12 zone, definite nel disciplinare di produzione Uga (Unità geografiche aggiuntive), che saranno anteposte con la menzione “Pieve” in etichetta. Questo aspetto rappresenta l’identità del Vino Nobile di Montepulciano che guarda appunto al passato. La scelta di utilizzare i toponimi territoriali riferibili a quelli delle antiche Pievi in cui era suddiviso il territorio già dall’epoca tardo romana e longobarda, nasce da un approfondimento di tipo storico, paesaggistico e produttivo vitivinicolo. In particolare, la volontà del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano è quella di ribadire e codificare una realtà fisica con antica radice storica, che ha caratterizzato il territorio poliziano fino all’epoca moderna e che trova la sua eco anche nel Catasto Leopoldino dei primi decenni del XIX secolo, che suddivideva il territorio in sottozone definite con il toponimo.

Focus - Il contratto di mercatura del Vino di Montepulciano del 1350
È datato 17 ottobre 1350 il un raro contratto di mercatura del vino di Montepulciano, conservato presso il fondo Madonna de’ Ricci (crociferi) dell’Archivio di Stato di Firenze. La pergamena, una vera e propria rarità documentale sia per la datazione che per il contenuto, testimonia come ci dice il Repetti nel suo famoso dizionario (Firenze, 1839) che il “vino squisito di Montepulciano, ... s’inviasse all’estero da tempi assai remoti” e fu scritta pochi anni dopo la redazione degli statuti di Montepulciano del 1337 che normavano la produzione, la vendita e la fiscalità del prodotto enologico per il quale la città era già nota in quel profondo passato.
Le controparti del contratto erano il “nobile messer Bertoldo Novello del fu messer Bertoldo di Guglielmo Del Pecora da Montepulciano” (l’altro è Iacopo del fu Vanni detto Magarozzo da Santa Fiora), primo soggetto familiare che iniziò ad esercitare un potere di tipo signorile (tirannico su Montepulciano) e i cui fratelli, Niccolò e Jacopo appoggiati dai fiorentini l’uno e dai senesi l’altro, furono in lotta per il potere sulla “terra” poliziana fino al tragico epilogo del 1369, anno nel quale gli abitanti, esasperati dalla dispotismo dei Del Pecora ed in particolare di Jacopo, lo portarono fuori dal carcere dove era stato incarcerato a seguito di eventi militari contrari e lo massacrarono brutalmente facendolo, secondo le cronache, letteralmente a pezzi.
Tra gli aspetti da sottolineare, emergono i toponimi dei luoghi luoghi di produzione (Ascianello e probabilmente Colombelle), e la tipologia evoluta della società che prevedeva che il produttore fornisse sia vino che mosto e che il commerciante gli mettesse a disposizione una cantina in contrada di Voltaia (acquistata nell’occasione), in una sorta di “joint venute” ante litteram. Sono noti contratti di mercatura di vino già in epoca antica, a partire dai commerci di Amalfi a quelli genovesi già dell’XI-XII secolo, ma il contratto di Montepulciano è una vera e propria rarità documentale che riporta la storia vinicola di Montepulciano a un’epoca remota anche da un punto di vista degli studi scientifici, sull’argomento che verrà approfondita e comunicata durante i prossimi mesi.

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