La campagna segue i suoi ritmi, e non guarda al Coronavirus. Le operazioni di stagione tra i filari, come la potatura, vanno avanti come sempre, magari con qualche precauzione in più per la salute di chi lavora. Stessa cosa in cantina, per lavori come travasi o rimontaggi, perchè il vino vive la sua vita, e dovrà farsi trovare pronto, quando l’emergenza, presto (speriamo) o tardi passerà, e le cose ricominceranno a marciare. In molti fermano le attività ricettive, le visite in cantina e le degustazioni, come ovvio, a tutela della salute di lavoratori e clienti, anche oltre il rispetto delle norme stabilite dal Governo. Nel frattempo, per i lavori di amministrazione e di ufficio, come tutti, le imprese del vino si attrezzano con lo smart working per quanto possibile, riprogrammando ferie e turnazioni, quel tanto che basta per mandare avanti delle attività che sono vive, e che devono far fronte, comunque, per fortuna, a qualche spedizione, soprattutto verso l’estero, in questa fase in cui la ristorazione italiana, e di conseguenza in consumi di vino nell’horeca, sono fermi, mentre la gdo e le enoteche, grazie ai consumi domestici, sembrano reggere un po’ meglio. Si guarda alle misure che prenderà al Governo, si dialoga con le banche per trovare soluzioni che garantiscano la necessaria liquidità, in questa fase critica e dopo, si lavora con i clienti italiani con il massimo della flessibilità, evitando di spedire vino alla ristorazione per non aggravarne le già complesse condizioni, si cerca di rassicurare l’estero perchè i flussi commerciali non si interrompano, si spera che l’Europa batta un colpo, prorogando le scadenze per gli strumenti come l’Ocm Vino e i Psr, e si fa di tutto per garantire l’occupazione, e guardare al futuro, coscienti che recuperare quanto sarà perduto in questi mesi sarà difficilissimo, richiederà tempo, ma non sarà impossibile. È il quadro che emerge da un’indagine WineNews che, per capire come il settore del vino sta resistendo alla crisi Coronavirus, ha sentito il parere di tante realtà diverse, da grandi aziende strutturate e con un management moderno, a piccolissime realtà a conduzione familiare, da medie aziende a grandi cooperative, dal nord al Sud del Belpaese. In un’emergenza che, per una volta, come capita nei momenti di grande difficoltà sembra unire davvero le tante anime del vino italiano, nella consapevolezza che oggi la priorità è la tutela della salute, e che se ci si deve fermare ci si ferma, ma che si dovrà pur ripartire, e allora ci sarà da correre di più per recuperare il terreno perduto.
“Si vive un po’ alla giornata - spiega Renzo Cotarella, ad Marchesi Antinori, la prima azienda privata del vino italiano - se stare tutti a casa è necessario lo facciamo, e se serviranno misure ancora più drastiche le osserveremo. È una situazione critica e come tale va gestita. La campagna va avanti, la cantina anche, con le dovute precauzioni, abbiamo ridotto al minimo i lavori di ufficio, e poi vedremo. Certo il danno economico è importante: l’estero non brilla ma per ora funziona, anche se dovremo vedere come evolverà il Coronavirus in altri Paesi. L’Italia ovviamente è ferma ed è un peccato, perchè era partita anche molto bene. Dobbiamo solo farci trovare pronti per quando le cose ripartiranno e per recuperare, nel tempo che ci vorrà”.
“Tutto quello che sta succedendo ha ovviamente effetti anche sulle aziende del vino, ma il decreto deciso dal Governo va assolutamente sostenuto - aggiunge Antonio Capaldo, alla guida di Feudi San Gregorio - non è il momento della propaganda e dello scontro, ma dell’affrontare l’emergenza con maturità e serenità, per quanto possibile. Il primo, effetto, che già stiamo scontando ma che è inevitabilmente destinato a peggiorare, è il crollo delle vendite nell’horeca, praticamente ferme, e la chiusura alle ore 18 di bar e ristoranti non farà che acuire la situazione. Allo stesso tempo, vanno bene le vendite in Gdo, perché la gente, costretta a stare in casa, non è necessario che si privi del piacere di stare con la propria famiglia ed una bottiglia di vino. Al momento, invece, è tutto da capire l’effetto sull’estero, perché se la Cina - dove noi spediamo pochissimo - sta ripartendo, è solo adesso che il resto del mondo si sta rendendo conto della situazione, e allora più che il momento contingente mi preoccupa l’andamento di tutto il 2020. Come azienda, comunque, dobbiamo avere la serenità di aspettare per metterci alle spalle questo mese e ripartire: dipende tutto da come sarà maggio, che potrebbe rivelarsi il mese della rinascita economica e non solo”.
“Qui a Verona siccome siamo in una delle zone più calde abbiamo messo tutti in smart working - spiega Marilisa Allegrini, alla guida di Allegrini - chi fa le spedizioni fa le turnazioni, ma tutti gli altri lavorano da casa, è una questione non solo di regole ma di rispetto, facciamo disinfezione continua dei locali in cui si lavora. I partner commerciali, finora, soprattutto all’estero cercano di portarsi in casa il vino che servirà per i prossimi mesi, le vendite all’estero per ora vanno bene ma è una corsa alle scorte, quindi poi ci sarà una ferma degli ordini. In Italia siamo fermi, nella ristorazione è tutto fermo, e non spediamo altro vino, ed è inutile aggravare la situazione, mentre l’off premise va benino, perchè la gente anche se deve stare a casa mangia e beve, e gli italiani non rinunciano ad un calice. Ma, in questa fase, si deve essere responsabili, rispettare le regole”.
“Dobbiamo adeguarci tutti alle regole imposte dall’ultimo decreto - le fa eco “mr Amarone” Sandro Boscaini, alla guida di Masi - a partire da noi aziende, che dobbiamo garantire sicurezza sul posto di lavoro, dagli uffici alla cantina, dove stiamo svinando l’Amarone della Valpolicella 2019, fino alla vigna, dove le operazioni di potatura vanno avanti. Ma anche nella quotidianità, perché il momento è grave e ci vuole responsabilità da parte di tutti, anche se questo porterà ad un calo dei consumi ed a dinamiche particolarmente difficili per il mondo del vino, che vive di socialità. Le imprese del settore pagheranno un conto importante, ma adesso è il momento di fare un passo indietro ed essere responsabili, per farne uno avanti quando tutto sarà finito”.
“In azienda abbiamo preso tutte le cautele possibili ed immaginabili - racconta dalla Sicilia Alessio Planeta, alla guida della cantina di famiglia - chi vuole lavorare da casa è libero di farlo, in ufficio abbiamo dotato i nostri collaboratori di tutte le precauzioni possibili, la mensa garantisce distanze e spazi, ma in campagna dobbiamo andarci. Fortunatamente, è un momento di calma, ma, al momento, non credo sia logico - quando si può lavorare in sicurezza - fermare la macchina, perché rischiamo che non ripartire: tenere i giri al minimo sì, fermare il motore no. Dal punto di vista commerciale, ci sono Paesi che stanno lavorando, altri che si fermeranno ed altri ancora destinati a ripartire, come un’onda, su cui noi dobbiamo imparare a surfare. Aspettiamo che la situazione torni alla normalità, ma dove il lavoro può andare avanti in sicurezza, penso alla potatura, si vada avanti serenamente. E poi dovremo essere pronti ad assorbire un momento in cui la gente cambierà le proprie abitudini di consumo e consumerà meno, ma va bene così in nome della sicurezza di tutti. L’emergenza, per quanto da fuori possa sembrare esagerato, va gestita così”.
“Siamo in totale smart working per tutte le attività di ufficio, mentre la produzione e la campagna vanno avanti con tutte le precauzioni del caso - conferma dall’isola Alberto Tasca, alla guida di Tasca d’Almerita - abbiamo interrotto già da un po’ tutte le visite e viaggi in giro per il mondo a tutela dei nostri ragazzi, e tutte le attività di incoming e hospitaly, compresi i nostri ristoranti. Siamo tutti sull’onda della flessibilità e di capire cosa succede, fare stime adesso è difficilissimo. La ristorazione ovviamente è ferma, l’asporto regge un po’ di più. L’unica cosa da capire è quando si normalizzerà la nostra situazione. In Cina per ripartire un po’ ci sono voluti un paio di mesi, qui c’è da vedere, e c’è da capire cosa succede anche negli altri Paesi del mondo”.
“Ci siamo dati regole molto restrittive in azienda - racconta dalle Marche Angela Velenosi - sospeso degustazioni e visite, i corrieri non li facciamo scendere dai camion, chi entra negli uffici prima si igenizza e così via. Cerchiamo di ridurre i carichi con turnazioni e utilizzando le ferie, stiamo lavorando sui social per far sapere che siamo attivi, che i trasporti ci sono, che, con i corrieri, possiamo garantire anche le consegne a casa ai privati, e poi flessibilità con i clienti chiaramente. Sui mercati, l’Italia soffre tantissimo, all’estero vedremo, io fino a pochi giorni fa sono stata negli Stati Uniti per un lungo periodo e abbiamo lavorato benissimo, peraltro sfruttando un grande momento per il vino italiano. È una situazione difficilissima, ma ne usciremo, dai nostri clienti del mondo riceviamo grandissima solidarietà, ed è un segnale importante”.
“Sarà un periodo duro per tutti - sottolinea da Montefalco in Umbria il produttore Marco Caprai - per il mondo del vino è una batosta, così come per il Paese: se l’epidemia dovesse diffondersi, i numeri diventerebbero davvero catastrofici. Come Arnaldo Caprai abbiamo ridotto gli orari di lavoro, cercato di diminuire al necessario il numero di persone in azienda, chiuso la zona degustazione, per evitare ovviamente contatti con l’esterno, ma con il decreto viene quasi in automatico. Si apre una fase molto dura, nella speranza che questo grande sacrificio serva a ripartire ed a rivedere la luce al più presto. I dati, anche se all’inizio dell’emergenza, che ci arrivano dalle vendite in Italia sono già piuttosto duri, sia in horeca che in gdo, mentre sull’estero i nostri sono numeri contenuti, difficile dire con certezza come sta andando. La sfida più difficile sarà proprio quella di salvare il tessuto economico del Belpaese. E in questo sarà fondamentale anche l’intervento della Bce a sostegno delle banche italiane, fondamentali per le imprese”.
“Non abbiamo idea di come arginare questo disastro, ma posso dire che c’è una grande differenza tra Italia ed estero. In Italia bar e ristorazione sono fermi - commenta da Alba, nelle Langhe, patria del Barolo e Barbaresco, Pio Boffa, alla guida della Pio Cesare - con la chiusura alle ore 18 vuol dire che i ristoranti non lavorano, i pranzi li fanno in pochissimi, quindi la ristorazione è bloccata in tutto il Paese, e lo era già da un mese in Lombardia e zone difficili. Il mercato italiano fa storia a se e non c’è molto da fare, se non evitare di mandare ordini in giro per non aggravare la situazione di clienti, e tenere il prodotto in cantina sperando di ripartire. Bisogna dilazionare i pagamenti, e lo facciamo volentieri. Sull’estero è un po’ diverso. E poi, da una parte c’è il fattore umano e imprenditoriale che vorrebbe tenere a casa i lavoratori, dall’alto c’è il fatto che l’estero se lo lasci indietro poi ti tradisce, e non spedire gli ordini che arrivano diventa complicato. Soprattutto per aziende come la nostra, che sono aziende familiari. Viaggi, visite, appuntamenti programmati, è saltato tutto. Lavoriamo, cerchiamo di chiudere gli ordini che abbiamo, ci facciamo coraggio l’uno con l’altro. Serve coraggio e fiducia, tutto passerà e ci sarà anche voglia di correre e scalpitare quando si potrà. E poi di questi tempi non si può fare niente, almeno mangiamo e beviamo in casa, poi staremo a vedere”.
“Noi abbiamo bloccato l’azienda per 15 giorni - racconta ancora dalla Valpolicella Celestino Gaspari, patron di Zymè - la cantina è chiusa, c’è solo una persona per rispondere al telefono e alle mail. La Cina ci sta insegnando come fare, se dobbiamo bloccare la situazione serve il coraggio di fermarsi, poi riprendiamo tutti insieme. Ma serve che collaborino tutti, anche il sistema bancario, i fornitori, i clienti, ma mi sembra che ci sia collaborazione. Sto cercando di dialogare con le banche, che mi sembrano molto aperte, c’è flessibilità. Abbiamo visto cose peggiori, ripartiremo”.
“Lo scenario è apocalittico - dice Matilde Poggi, produttrice con Le Fraghe e presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi) - e, dall’Italia, ormai da una settimana non arrivano ordini, il telefono è muto, ed in questa situazione anche dall’estero spesso non sanno come muoversi e non hanno chiaro che, invece, le merci possono circolare senza alcun problema. L’aria non è positiva, la ristorazione è ferma, ed il mondo del vino è preoccupato. Stiamo investendo per la vendemmia 2020, gli operai stanno finendo le potature: non è un lavoro, quello in vigna, che si può fermare, per cui ci troviamo ad esporci a fronte di un’incertezza sulle vendite pazzesca. Qui - a pochi chilometri dal Lago di Garda - c’è il timore per Pasqua, ma dobbiamo guardare avanti, anche se ci vorrà molta buona volontà da parte di tutti”.
“È una situazione molto delicata, è una tempesta - sottolinea Andrea Ferraioli, che guida, insieme a Marisa Cuomo, la cantina campana Marisa Cuomo - ma che come tutte le tempeste supereremo. Il mercato italiano ovviamente è fermo, il lavoro stenta. Noi non siamo ancora pronti con i vini, perchè di solito usciamo ad aprile. Gli ordini ovviamente sono scarsi, ma vuol dire che, invece, che ad agosto, come di solito ci capita il vino lo finiremo a dicembre. Certo, chi non ha un brand forte, soffrirà molto di più, qualcuno rischierà il tracollo. Dall’estero, invece, gli ordini arrivano, proprio ieri dalla California ci è arrivato un’ordine di quelli storici, senza problemi, senza richieste di scontistica o altro. Guardiamo avanti. La difficoltà ci sono, ma non mandiamo a casa nessuno, e chi doveva essere assunto lo sarà regolarmente. Il rispetto delle persone è un aspetto fondamentale. Spero che tutto passi presto, ci sarà una ripresa ma non sarà facile.
Punto vendita chiuso e ordini e spedizioni garantiti via web, con tutte le precauzioni del caso, ancora, fa sapere il gruppo Paladin, mentre sempre ricorrendo al web c’è chi si ingegna con le degustazioni on line, come la cantina Maeli dei Colli Euganei, guidata da Elisa Dilavanzo, che spedisce i vini a casa da degustare poi con la produttrice collegandosi via internet. E se queste sono le risposte messe in campo dalle piccole e medie imprese del vino italiano, le cose non cambiano poi molto per le grandissime aziende, tanto private che cooperative. “La produzione di Schenk Italian Wineries sta proseguendo in modo regolare: stiamo affrontando questa delicata situazione con tutte le precauzioni del caso e in ottemperanza alle ordinanze vigenti, senza allarmismi e con un atteggiamento il più possibile costruttivo - commenta l’ad Daniele Simoni - pronti ad adattarci ad eventuali nuove disposizioni. Applicando le linee guida suggerite dalle autorità competenti in materia, abbiamo attuato ove possibile farlo la modalità di lavoro in smart working e riorganizzato le aree dove la presenza è necessaria, limitando all’essenziale i contatti tra i lavoratori. Rendendoci conto di quanto la situazione sia delicata, continuiamo a operare ed a essere vicini ai nostri clienti, garantendo sicurezza e tutela a tutti i nostri dipendenti”.
Altra testimonianza in questo senso arriva dalla Cantina Tollo in Abruzzo, “che per far fronte alle difficoltà del momento dovute all’emergenza sanitaria del Covid ha deciso, laddove sia possibile, di dare la possibilità ai dipendenti che hanno figli in età scolare di usufruire dello smart working, per un totale di 20 ore settimanali. L’obiettivo è tutelare la salute dei lavoratori e delle loro famiglie. Non solo: l’azienda ha deciso di abolire il porto franco per il settore horeca. I clienti, distribuiti in tutto il territorio nazionale, potranno così ordinare anche piccole quantità di vino senza dover sostenere il costo del trasporto, che verrà addebitato al gruppo vitivinicolo. In questo momento così delicato, sia per la salute pubblica che per l’economia, pensiamo - spiega Tonino Verna, Presidente di Cantina Tollo e medico chirurgo all’Ospedale Gaetano Bernabeo di Ortona - che l’unione e il mutuo aiuto siano davvero dei punti di forza, i cardini da cui ripartire. Agevolare il lavoro e preservare la salute dei nostri collaboratori, oltre che dare una mano al settore della ristorazione e del turismo già in difficoltà è, ora, una nostra priorità. Inoltre, in una situazione sicuramente difficile, consentire agli operatori Horeca di acquistare anche solo poche bottiglie di vino permette loro di limitare gli oneri di gestione sia per quel che riguarda la spesa, che il magazzino”. Dall’Oltrepò Pavese, arriva il racconto di Terre d’Oltrepò e La Versa, nelle parole del presidente Andrea Giorgi: “la nostra cantina si sta muovendo per limitare i contatti tra clienti ed operatori e per promuovere campagne di comunicazione mirate per rilanciare il settore Invitiamo i nostri clienti (ristoratori, enoteche, appassionati) a rimanere a casa, di non venire a trovarci in cantina, chi avesse bisogno di prodotto in bottiglia può semplicemente chiamare in cantina e gli ordini gli saranno spediti con promozioni particolari per ovviare al disagio. In quanto le merci, come più volte sottolineato in queste ore dalle autorità, possono viaggiare senza problemi. Chi avrà bisogno il vino sfuso lo potrà acquistare, rispettando ingressi contingentati, in cantina a Broni ed a Casteggio utilizzando tutti i presidi che abbiamo adottato per tutelare avventori e personale. Nel frattempo la cantina Terre d’Oltrepò e La Versa ha creato una campagna di comunicazione virale per valorizzare il prodotto italiano coniando l’#weloveitaly. “Siamo convinti - spiega Giorgi - che il nostro Paese sia una grande eccellenza a 360 gradi, che sicuramente uscirà da questa emergenza anche sotto il profilo economico. Con grandi difficoltà, ma ce la farà grazie all’apporto di tutti. Con questo intento settimanalmente produrremo video emozionali virali che hanno il compito di promuovere l’eccellenza italiana come mezzo di ricchezza per tutti”.
Insomma, le cantine del Belpaese sono coscienti dell’emergenza, del fatto che la priorità è la salute del Paese, che l’impatto economico sarà fortissimo, e cercano di fare di tutto per andare avanti e superare il momento. E, forse, a sintetizzare il pensiero di tutti, sono le parole scritte da Marco Pallanti e Lorenza Sebasti, alla guida di Castello di Ama, che hanno deciso di chiudere l’azienda, tra le colline del Chianti Classico, da oggi al 23 marzo: “siamo consapevoli della nostra responsabilità verso tutti e che questo senso di appartenenza aiuterà ad uscire dall’emergenza, d’altro canto è in momenti come questi che il fermarsi diventa necessario per salvaguardare una comunità. Siamo certi di tornare al più presto per regalarvi momenti di felicità e bellezza”.
Momenti che presto o tardi torneranno, e allora si tornerà a brindare condividendo la gioia con un calice di grande vino italiano, da sempre capace di superare i momenti di grande difficoltà, come lo è sempre stata l’Italia intera.
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