Bacco e tabacco. Vino e fumo. Un’accoppiata che, unita a Venere, all’eros, secondo un detto popolare, ridurrebbe l’uomo in cenere. Vero o meno, in questi giorni il Ministro delle Politiche Sociali Ferrero ha chiamato in ballo il vino e gli spinelli per sostenere le sue tesi contro la legge sulle droghe promulgata dal precedente Governo, che, a suo parere, va cambiata.
“Uno spinello fa meno male di mezzo litro di vino”, ha dichiarato. Non sono mancate le polemiche, e neanche la mobilitazione di parte del mondo scientifico che ha voluto sgomberare il campo da eventuali fraintendimenti. Secca la replica del professor Rosario Sorrentino, neurologo e membro dell’Accademia americana di Neurologia: “il paragone è improponibile perchè soprattutto negli adolescenti, anche mezzo spinello - che rispetto a quello del passato ha un'elevata concentrazione di thc (tetrahidrocannabinolo) - può alterare, in un momento di estrema vulnerabilità psicobiologica, il processo evolutivo del cervello che a quella età sta costruendo una rete delicatissima per determinare nel futuro quello che sarà il temperamento, il carattere e la personalità dei giovani nonché il loro equilibrio psicofisico”.
Un altro parere a favore del buon bere lo fornisce il farmacologo Andrea Poli, docente all’Università di Milano: “il vino nelle giuste quantità può essere protettivo dell’organismo, in particolare delle malattie del cuore, come ormai dimostrato da numerosi studi internazionali. Lo spinello, invece, non solo non ha alcuna sostanza protettiva, anzi i principi attivi più importanti sono addirittura nocivi per l'organismo stesso”. Come si dice, in vino veritas.
Federico Pizzinelli
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