La sezione viticola del Comitato Tecnico Permanente per la Selezione delle Piante Coltivate (CTPS) francese, ha espresso il proprio parere su 29 nuove varietà, ammettendone quattro resistenti, o sarebbe meglio dire “tolleranti”, perché hanno bisogno di pochissimi trattamenti (ma ancora non siamo arrivati all’assenza completa di intervento chimico, ndr) alle malattie fungine nel catalogo dei vitigni ufficialmente registrati in Francia: sono Monarch Noir, Muscari Blanc, Prior Noir e Souvignier Gris e sono state realizzate dall’Istituto di ricerca di Friburgo (Germania). Altre sette varietà resistenti alla peronospora e oidio sono state invece dichiarate “rivedibili”: si tratta, come racconta il portale francese “Vitisphere” (www.vitisphere.com), dei vitigni tedeschi Bronner Blanc, Johanniter Blanc e Solaris dell’Istituto di Friburgo, Saphira Blanc dell’Università di Geisenheim, e degli svizzeri nero Cabertin Noir (ibridato da Valentin e Sylvia Blattner), Divico Noir (Agroscope de Changins) e Pinotin Noir (ottenuto da Blattner).
Questa classificazione provvisoria, come è evidente, prende come base di partenza il registro europeo dei vitigni omologati ed è la “nuova procedura veloce rispetto al metodo convenzionale di valutazione”. In pratica, questo significa classificare automaticamente le varietà iscritte nel catalogo europeo, sulla base di uno studio della letteratura sull’argomento direttamente nel catalogo nazionale. La classificazione provvisoria delle quattro nuove varietà resistenti è stata convalidata per quindici anni dall’Istituto Nazionale per la ricerca agricola (Inra), nel quadro del programma di sperimentazione “ResDur1” che l’Istituto sta portando avanti a Colmar. I pareri del CTPS ora devono essere presentati al Consiglio Specializzato sul Vino di FranceAgriMer prima di essere approvati dal Ministero dell’Agricoltura transalpino. E in Italia come evolve questo delicato, quanto importante fronte? “In Italia - spiega a WineNews Leonardo Valenti, professore di viticoltura dell’Università di Milano - abbiamo un’accettazione regionale e parecchi viticoltori, che magari hanno provato questi vitigni o hanno fatto parte di una sperimentazione universitaria, ancora non sanno se potranno coltivare queste varietà oppure no. In Francia - conclude Valenti - è un “affare di Stato” e quindi la procedura è più veloce”.
I vantaggi dei vitigni resistenti alle malattie sono immediatamente evidenti: si può coltivare la vite ricorrendo ad un basso uso dei fitofarmaci fino ad una tendenziale sospensione completa dei trattamenti. Un dato con grandi ricadute su sostenibilità, ambiente ed economia. Più critico il pensiero della cosiddetta “opinione pubblica”, che quando sente parlare di manipolazione genetica o altre “diavolerie” del genere, nella stragrande maggioranza dei casi, si sente minacciata. Ma si sa, la comprensione del progresso scientifico da parte della società e molto più lenta di quel progresso e, un’ignoranza di fondo su tematiche del genere giustificata o meno, è sempre in agguato.
Esistono certo delle criticità, la prima fra tutte è il fatto che le ibridazioni potrebbero influenzare negativamente il sistema viticolo tradizionale. E poi la durata della resistenza ai patogeni non è ancora stata quantificata. Il progresso determinato dal sequenziamento del genoma della vite e dall’introduzione del breeding assistito dalle informazioni molecolari, tuttavia, ha crato uno spazio di ricerca e applicazione del tutto nuovo e per nulla “pericoloso”. I parentali resistenti alle malattie usate negli incroci moderni hanno pedigree molto complessi e sono sostanzialmente assimilabili alle comuni varietà di vitis vinifera per qualità dei vini prodotti. Sono 370 le varietà resistenti, ottenute in 25 Paesi ma l’introduzione degli ibridi solleva qualche lecito dubbio. La durata della resistenza degli ibridi, non è da considerarsi definitiva e attualmente la possibilità di gestire un vigneto senza trattamenti rimane piuttosto remota. Da chiarire l’espressione qualitativa dei vini ottenuti dagli ibridi nei differenti contesti pedoclimatici, dal momento che i giudizi sono basati su microvinificazioni e pochi ettari coltivati nelle regioni in cui sono autorizzati. Possibili effetti anche della diffusione degli ibridi resistenti sul sistema viticolo, fatto di tradizione, di territori vocati e soprattutto di un’ampia gamma di vitigni, che verosimilmente potrebbe essere sostituita da un numero relativamente contenuto di nuove varietà, per giunta attualmente escluse da Doc e Docg. In concreto in Italia, è notizia di pochi giorni fa, per la campagna 2016-17 il Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, con il suo Servizio Nazionale di Certificazione della Vite, segnala che il Registro Nazionale dei vitigni raccoglie 406 varietà di viti e che cominciata anche la commercializzazione delle varietà nazionali “resistenti” alle comuni fitopatie della vite.
Focus - I 10 vitigni italiani resistenti alle malattie inseriti nel Registro Nazionale italiano
Fleurtai
Soreli
Sauvignon Kretos
Sauvignon Nepis
Sauvignon Rytos
Cabernet Eidos
Cabernet Volos
Merlot Khorus
Merlot Kanthus
Julius
Focus - I 24 vitigni francesi resistenti alle malattie inseriti nel Registro Nazionale transalpino
Allegro
Bianca
Bronner
Brumariu
Cabernet-Blanc
Cabernet-Carbon
Cabernet-Cortis
Cabernet-Jura
Calandro
Cerason
Chambourcin
Erilon
Felicia
Helios
Hibernal
Johanniter
Kofranca
Kunleany
Laurot
Medina
Merzling
Monarch
Muscaris
Muscat-Bleu
Panonia
Phoenix
Pinotin
Prinzipal
Prior
Purpuriu
Refren
Regent
Roesler
Rondo
Saphira
Savilon
Sevar
Solaris
Souvignier-Gris
Villaris
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