In Francia sull’uso della chimica nei vigneti non si scherza. Dopo la vicenda Giboulot, il “bio-vigneron” dissidente, diventato un simbolo per il mondo del vino al naturale, colpevole per il tribunale di Digione per non aver ottemperato all’obbligo previsto dalla legge di trattare le sue vigne con insetticidi chimici in presenza di una pericolosa infezione di Flavescenza dorata, e costretto a pagare una multa di 1.000 euro, per la prima volta una cantina, Château Monestier La Tour in Dordogne, nelle appellation Bergerac e Saussignac, nel bordolese, è stata condannata per avvelenamento da pesticidi. Colpevole, “d’une faute inexcusable”, grave negligenza, per non aver protetto una dipendente, Sylvie S., dall’esposizione ai pesticidi (in particolare, il Cabrio Top, fungicida utilizzato per combattere parassiti quali oidio, peronospora, escoriosi e marciume nero della vite) utilizzati nei vigneti, nel 2007, quando fu ricoverata con mal di testa, irritazione della pelle e vomito, sintomi tipici di questo tipo di avvelenamento, di cui secondo la giustizia il proprietario della cantina non poteva ignorare i rischi di esposizione. Una battaglia per la dipendente durata 7 anni, e solo nel 2013 la Corte d’Appello di Bordeaux ha ribaltato la sentenza in favore della dipendente, in un primo tempo respinta dal tribunale di Bordeaux. Una speranza di giustizia per altre vittime, si legge su “Le Figaro”, perché la vicenda, secondo l’avvocato della dipendente Stéphane Cottineau, “obbligherà i datori di lavoro ad essere molto più vigili, prudenti e a prendere più in considerazione le regole da rispettare”.
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