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In Svizzera e Germania, in Brasile e in Venezuela, in Belgio e in Uk, agli Usa, negli anni Sessanta già si beveva Chianti. Il vino italiano alla conquista del mondo nel racconto dei “pionieri”: Cesare e Andrea Cecchi, a WineNews, per #Vinitaly50Story

In Svizzera ed in Germania negli anni Quaranta, in Brasile e in Venezuela negli anni Cinquanta, dal Belgio all’Uk fino in Usa negli anni Sessanta, grazie a Luigi Cecchi prima, fondatore dell’azienda di famiglia nel 1893 - di mestiere “palatista”, diffuso in Europa, ancora sconosciuto in Italia - e con il figlio Cesare poi, da una parte all’altra del mondo, già si beveva Chianti. Ma, ancora, negli anni Settanta, con il “secondo” Luigi, nipote del fondatore, viaggiare ed esportare vini era una vera missione, con le difficoltà del caso, dai collegamenti alla lingua, ai tempi dilatati. Fortuna che, importatori e distributori iniziavano a venire in Italia, almeno una volta l’anno, a Verona, dove stava nascendo Vinitaly. In azienda, però, ci voleva chi si occupasse di questo. Così fu, e quando, come il fratello Andrea nella produzione, il “secondo” Cesare iniziò ad affiancare il padre nell’export, ad inizio anni Ottanta, i loro vini erano già presenti nei mercati più importanti. Di lì a poco più di un decennio, lo saranno in 50 Paesi del mondo, da dove, viceversa, i buyers iniziavano sempre più a venire in Italia. “Cecchi è presente a Verona dalle prime edizioni, mi ricordo che negli anni Settanta, non esisteva una differenza di Regione. La prima è stata proprio la Toscana. Nei primi anni Ottanta, internazionalizzandosi sempre più, era possibile conoscere buyers, ed alcune delle collaborazioni iniziate in quegli anni durano tutt’ora. Sempre più momento di pr, oltre che commerciale, è stata per tanti anni la sola occasione per presentarsi al mondo. C’erano sempre più cose da comunicare, e a metà anni Novanta abbiamo iniziato a presentare tutte le nostre aziende”. È così che Cesare Cecchi, oggi alla guida con Andrea Cecchi dell’azienda di famiglia, pioniera nell’esportazione di vini italiani, ripercorre con WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, la conquista del mondo dell’Italia enoica, per #Vinitaly50Story, la cronistoria di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com).
“Di pari passo, mentre i confini tra i Paesi e le distanze si sono sempre più assottigliati, permettendo una comunicazione e una facilità di lavoro impensabili in precedenza - ricorda Cesare Cecchi - le aziende hanno compreso negli anni l’importanza del fare branding, come momento di comunicazione e di relazione e sempre meno di mero business”. Nello storytelling Cecchi c’è oltre un secolo di storia della Toscana enoica, da quando, a fine Ottocento, Luigi Cecchi fonda la sua Casa vinicola a Poggibonsi.
Il cuore pulsante è Villa Cerna, la storica Tenuta nel Chianti Classico a Castellina in Chianti di proprietà della famiglia dai primi anni Sessanta, ma le cui prime notizie risalgono all’anno Mille, a testimonianza della secolare vocazione enoica del territorio. Dall’alto del Castello Montaùto, di proprietà dal 1988, la vista scende lungo i vigneti della Vernaccia fin su le torri di San Gimignano. L’arrivo in Maremma, tra i primi a scommettere su questo territorio, risale a metà anni Novanta, con Val delle Rose nel cuore del terroir del Morellino di Scansano. Dalla Toscana alla vicina Umbria, c’è poi la Tenuta Alzatura a Montefalco. Ultima in ordine di tempo, Villa Rosa nel Chianti Classico, acquisita nel 2015 da questa storica realtà che continua ad investire nel suo territorio. Un’“estate” in cui nascono vini come il Chianti Classico Riserva di Famiglia e il Villa Cerna Chianti Classico, Castello Montauto Vernaccia di San Gimignano e il Morellino di Scansano Riserva Poggio al Leone, il Vermentino Litorale e il Montefalco Sagrantino (Cecchi distribuisce, inoltre in Italia, tra gli altri, lo Champagne Collard-Picard, e i vini di Castiglion del Bosco, la griffe del Brunello di Montalcino di Massimo Ferragamo, case history di due toscane di successo che hanno scelto di unirsi e fare sistema). Frutto dell’incontro tra territori simbolo della Toscana enoica, è, invece, l’ultimo nato: il Coevo, blend tutto toscano, dove l’eleganza del Sangiovese e del Cabernet Sauvignon provenienti dal Chianti Classico si unisce al carattere del Merlot e Petit Verdot coltivati in Maremma.

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