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IN USA, MERCATO NUMERO UNO AL MONDO PER IL VINO, L’ITALIA È LEADER. MA NON SI PUÒ “ADAGIARE SUGLI ALLORI”. A RIBADIRLO I FOCUS SUL MERCATO USA, ORGANIZZATI IN PIEMONTE, VENETO E LAZIO, BY IEM-INTERNATIONAL EXHIBITION MANAGEMENT

Gli Usa assorbono il 13% del consumo globale di vino, e quasi il 25% dell’export italiano. Su 230 milioni di adulti, il 44% beve vino e il 25% (ossia circa 57 milioni di persone) lo consuma regolarmente. Si tratta soprattutto dei cosiddetti “baby boeme” - di età compresa tra i 49 e 67 - e dei “millennial” - tra i 21 e i 36 anni - che rappresentano la fascia in prospettiva più interessante per la continuità di crescita futura. Ogni approfondimento su un mercato tanto importante, dunque, può essere utile per capirne meglio le dinamiche. Come i tre convegni che Iem - International Exhibition Management - ha organizzato in Piemonte, Veneto e Lazio con lo scopo di incontrare le realtà del settore vitivinicolo e analizzare le dinamiche dell’export negli Stati Uniti.
Un mercato “maturo” solo all’apparenza, quello Usa, come ha ricordato nella sua relazione Geralyn Brostrom, autrice del volume “The Business of Wine”: “gli Stati Uniti sono un Paese complesso e frammentato. Dai tempi del Proibizionismo la regolamentazione per la produzione e vendita di alcolici è molto rigida. In aggiunta, ogni Stato possiede leggi e normative differenti, che talvolta vincolano la distribuzione del vino. Per le aziende straniere che si affacciano al mercato americano solo comprendendo le dinamiche e studiando in modo approfondito il territorio è possibile operare con successo, scegliendo con attenzione il partner locale.
Negli Usa si è assistito a una costante crescita del consumo di vino negli ultimi 20 anni, dai circa 16 milioni di ettolitri nel 1991 agli oltre 30 milioni stimati per il 2016. Un dato nettamente in controtendenza rispetto ad altri mercati come Francia e Italia, caratterizzati in passato da elevati consumi, ora invece in calo. E sebbene gli Usa siano la quarta nazione produttrice di vino, almeno un quarto del prodotto venduto nel Paese è importato. E il primato spetta all’Italia, soprattutto grazie al vino bianco, tra cui spiccano Pinot Grigio e Prosecco. Ma in un momento in cui le aziende cercano di superare la crisi puntando all’export, se da un lato le grandi possono assicurarsi la distribuzione per i grandi volumi prodotti e quelle di nicchia puntano su un prodotto esclusivo, per tutte le altre - di dimensione medio/piccola - è fondamentale raggrupparsi in reti d’impresa per affrontare il mercato americano così frammentato ma soprattutto per sfruttare gli strumenti a disposizione, come i fondi Ocm o i tour di Simply Italian Great Wines”. “A differenza dei mercati asiatici, un mondo ancora da scoprire per il vino piemontese - ha commentato Andrea Ferrero, presidente del consorzio “Piemonte Land of Perfection” - i consumatori americani da anni conoscono, amano e bevono i nostri vini. Gli Stati Uniti restano uno dei mercati più importanti per l’export del vino italiano fuori dall’Europa. E’ importante dunque non andare in ordine sparso e capire come muoversi. Con Piemonte Land of Perfection, per la prima volta, ci presentiamo uniti. Ma non basta: al mondo del vino servono, ora, ricerche di mercato e dati di marketing per capire quali strategie mettere in campo. Le risorse a disposizione dei singoli Consorzi non sono sufficienti a compiere questo tipo di analisi: occorre uno sforzo in più da parte degli enti e maggiori risorse da investire”.
“Gli Stati Uniti sono uno dei principali Paesi di riferimento per i vini veneti” - ha aggiunto Luciano Piona, Presidente Unione Consorzi Vini Veneti Doc - ma non è sufficiente presentarsi con un prodotto di qualità. Poiché nei mercati lontani la denominazione spesso diventa il “marchio” stesso del vino, oggi più che mai è fondamentale che le aziende affrontino questi mercati in modo consapevole e compatto, utilizzando efficacemente tutti gli strumenti che hanno a disposizione”.
“Il settore vinicolo rappresenta una parte importante dell’industria agroalimentare italiana - ricorda Giancarlo Voglino, Managing Director Iem - e non è purtroppo immune alla crisi. Con un mercato interno i cui consumi sono in forte contrazione, sono le esportazioni - con gli Stati Uniti in testa - a trainare il fatturato. Oggi più che mai dobbiamo intensificare gli sforzi e le attività promozionali sul territorio americano per sostenere il nostro prodotto. L’Italia - con 41 milioni di ettolitri - è il primo produttore di vino al mondo. Ma la geografia delle nostre imprese è costellata soprattutto da aziende di piccole e medie dimensioni che devono unirsi per fare sistema, acquisendo massa critica che permetta loro di creare una rete in grado di utilizzare in modo costruttivo i fondi e gli strumenti a disposizione”.
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